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giovedì 8 marzo 2012

controromanzo capiutoli 28/29




CAPITOLO 28
Mauro era calmo, adesso. Durante la rissa delle anime, all’improvviso, aveva patito un vortice ma non dei suoi. Un vortice profondo, che lo aveva risucchiato, fuori di là, oltre i meandri. In una nebbia color arancio pastello (RAL 2003) che lo abbagliava ma, ad un tempo, lo ottundeva e, ad un tempo, lo stordiva e, ad un tempo, lo incantava e, ad un tempo, lo plagiava e, ad un tempo, lo arrotondava e, ad un tempo, lo stimolava e , ad un tempo, lo affinava e, ad un tempo, lo arricchiva. E poi era svenuto. Aveva perso i sensi, in un breve periodo di incoscienza che si verifica quando il flusso di sangue al cervello è temporaneamente diminuito a causa di un improvviso abbassamento della pressione sanguigna (la massima può scendere anche sotto gli 80). Le cause possono essere diverse: forte dolore, grandi emozioni, la permanenza prolungata in luoghi troppo caldi e troppo affollati in cui non c'è ricambio d'aria, una lunga permanenza a letto (dovuta per esempio ad una malattia), un digiuno prolungato o un pasto eccessivamente abbondante, uno sforzo fisico intenso o una lunga permanenza in piedi. Possiamo ben dire che, nel caso di Mauro, la causa fosse “grande emozione”, anche se la sala d’aspetto delle anime era effettivamente troppo calda e troppo affollata.
Ora era sveglio. Perfettamente sveglio. Ma non sapeva né tempo né luogo. Sapeva, insomma, di essere passato attraverso un moto a luogo, ma ora ignorava lo stato in luogo (in ogni caso la sua situazione andava posta in ablativo).
Vedeva poco. Si trovava in un ambiente grigio ardesia (RAL 7015), supino. Non poteva muoversi (non avrebbe saputo COSA muovere) ma se alzava la testa, sopra di lui, riusciva a scorgere un uomo di legno che gli sembrava immobile, ma nell’atto di sdoppiarsi.
La cosa più straordinaria, però era la sensazione del suo corpo. Come se ci fosse una parte più grande che ne conteneva di più piccole e poi tanti contenitori ancora più piccoli, come tanti “armadi” che fremevano di continuo. Sapeva che c’erano parole, molte parole - anche se non credeva alle parole ma alla punteggiatura e alle proposizioni (diadainconsupertrafra), sì, che ci credeva. E sentiva che c’erano molte, molte anime, vagulae e blandulae, che si agitavano. Come le sue farfalline. Ma quelle sue, quelle dentro di lui, erano sparite. Niente farfalline. Niente vortici allo stomaco. Si sentiva sorprendentemente euforico, così privo di farfalline, come se si fosse liberato di un enorme peso.
Mauro era un romanzo. Era il Romanzo.
Qualcuno lo aveva citato (il “babbo” forse?) e lui era lì. Romanzo.
Ora qualcuno lo stava scorrendo su e giù. Faceva uno strano solletico, piacevole però. Qualcuno gli aggiungeva una parte al corpo. Ed eccone un altro. Visualizzazione in compatibilità attivata. Lettori fissi. Membri. Battaglie di sputi e alghe. E Adelina, Gavino, Ciocci: deliziosi. La sua vita era appena iniziata e già gli piaceva un bè.


Capitolo 29
Ah ah ah! È fatta! Sono l’Anima del Romanzo! E chi poteva dubitarne? Chi poteva uscire vittorioso dalla rissa se non l’anima di Gavino Porcu, di Porto Torres, gestore di stabilimenti? Per dominare le risse non occorre la forza fisica, ma l’astuzia, il cinismo, la cattiveria, tutte doti che ho sempre posseduto nel profondo dell’anima, appunto. Solo Mauro mi ha dato un po’ più da fare, con quella sua passività appiccicosa, il suo ostruzionismo, le sue farfalline. Gli ho infilato due dita negli occhi (dita d’anima in occhi d’anima intendo) e lui era ancora là, mezzo svenuto, ma non evaporato. Poi, stranamente, mi ha concesso tutto in cambio di una citazione e così sono diventato lo Spirito del Racconto!
Dite di non capire cosa ci facesse la mia anima nella sala d’attesa? Avete ragione, miei piccoli lettori, facciamo un passo indietro. Ricorderete di quando la mia anima uscì da un buco che io stesso avevo praticato sulla mia fronte, quella di Gavino Porcu, l’originale, da lì la mia anima uscì rumoreggiando e si intrufolò nel corpo del bagnino, il bagnino fusto di Platamona, intendo dire, sognando esotiche conquiste sui turritani lidi, polacche, ucraine, eccetera, ma poi come bagnino fui accusato di aver ucciso Gavino, cioè me stesso, e in un certo senso era vero, anche se non era stato il bagnino, ma io non lo potevo dire e fu così che finii in prigione col computer, l’adsl, la Jacuzzi, grazie a zio, non grazie a zio in prigione, ma grazie a zio con tutte quelle belle cose. Quando mi fui stancato della Jacuzzi, dell’adsl, delle lettere dal carcere e lessi di Mauro in attesa, fui preso da questa smania, diventare l’anima del romanzo, e fu un gioco da ragazzi lasciare il corpo del bagnino uscendo dalla stessa strada che avevo percorso per entrarvi. 
Vi immaginate, lo Spirito del Racconto, io, Gavino Porcu? Sara meraviglioso? Ma non pensiate che debba essere io a scrivere il romanzo. Continuerà a scriverlo l’autore, certo. Non vi fa scompisciare dal ridere sapere che dovrà fare i conti con me? Qualunque cosa scriverà, lo Spirito del Racconto ormai sono io. L’autore sarà condannato a scrivere e a vedere crescere tra le sue mani una creatura estranea e non si darà pace, ma non potrà smettere. Meravizzosu! La notte scriverà: udivo un cupo mormoreggiare e il mattino dopo troverà pubblicato: sentivo un culo scorreggiare. Se la prenderà con l’editore , ma non sono le sgrammaticature dell’editore, è la vera Anima del Romanzo che pretende i suoi diritti!
Cari piccoli lettori, vi attendono, ci attendono giorni felici.
C’è solo un pensiero fastidioso che ogni tanto mi disturba. Ditemi voi, miei piccoli lettori, che avete letto tanto, ma è vero che lo Spirito del Racconto e l’Anima del Romanzo sono la stessa cosa? Ma sì, è chiaro che lo sono, e poi quel pollo di Mauro non avrebbe mai osato ingannarmi.
Dunque, tutti al vostro posto, allacciate le cinture, lo spettacolo ricomincia.

12 commenti:

  1. Oddio, quella foto! Potrei commuovermi. Pilon

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  2. (E' la prima volta che vedo qualcuno commuoversi di fronte a tale scritta. Quasi quasi mi emoziono un po' anch'io)

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  3. Chiudi la finestra, vai al modulo del commento! Subito!

    (sono diminuito di almeno tre centimetri, è colpa del blog, diminuisce, io ero 1,88 alla visita di leva, cacchio)
    (ma voi siete diminuiti? Ged, Pilon, Aut, Roscia, Matisse, siete diminuiti?

    Roscia ha perduto lo spillo alle mutande
    non sapeva come fare
    per tenerle su
    per tenerle su

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  4. Se diminuire fa perdere gli spilli alle mutande, io penso continuerò a leggere.

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  5. Enrico balla coi pesci
    che matto che l'è
    che matto che l'è

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  6. Nel portone di un albergo della città di Sassari, capoluogo di provincia, entrò una di quelle carrozzelle a molle piuttosto eleganti in cui viaggiano gli scapoli:tenenti-colonnello a riposo, capitani in seconda, proprietari terrieri con un centinaiodi di contadini - insomma tutti quelli che vengono definiti signori di mediocalibro. Nella carrozzella sedeva un signore, non particolarmente bello, ma neppuredi brutto aspetto, non troppo grasso, né troppo magro; non si può dire che fossevecchio, ma neppure che fosse troppo giovane. Il suo ingresso non fece il minimoscalpore in città e non fu accompagnato da alcunché di particolare; solo due contadini di Ossi, fermi presso la porta dell'osteria di fronte all'albergo, fecero qualcheosservazione, che si riferiva, del resto, più alla vettura che al passeggero.«Accipicchia» uno disse all'altro, «che razza di ruota! Che ne pensi: arriverebbequella ruota, in caso, fino a Cagliari, o non ci arriverebbe?» «Ci arriverebbe» risposel'altro. «Però fino a Macomer' secondo me non ci arriverebbe, eh?» «Fino a Macomer' no»rispose l'altro. E con ciò la conversazione si concluse. Inoltre, quando la carrozzella siavvicinò all'albergo, incrociò un giovanotto in pantaloni di lino bianco strettissimi ecortissimi, con un frac che voleva essere alla moda, sotto il quale si vedeva unosparato chiuso da una spilla di Tula con una pistola di bronzo. Il giovanotto si voltòindietro, guardò la carrozza, trattenne con la mano il berretto che per poco non glivolava via per il vento, e proseguì per la sua strada.Quando la carrozza entrò nel cortile, il signore fu accolto da un cameriered'albergo (o ziracco
    , come li chiamano nelle locande sarde), così vivace ed esagitatoche non si riusciva neppure a vedere che faccia avesse. Corse fuori svelto, con untovagliolo in mano, tutto lungo e con una lunga finanziera di mezzo cotone che didietro gli copriva quasi la nuca, scosse i capelli e lestamente condusse il signore disopra, lungo tutta la balconata di legno, per mostrargli la camera

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  7. Tra la chiusura del Prin mio e quello di altri due o tre colleghi ho scritto il capitolo 30, Vi prego di pubblicarlo celermente

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  8. Pubblica anche la continuazione che ho scritto adesso di getto

    Tutte le famiglie felici sono simili le une alle altre; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo.
    Tutto era sottosopra in casa Porcu. La moglie era venuta a sapere che il marito aveva una relazione con la governante francese che era stata presso di loro, e aveva dichiarato al marito di non poter più vivere con lui nella stessa casa. Questa situazione durava già da tre giorni ed era sentita tormentosamente dagli stessi coniugi e da tutti i membri della famiglia e dai domestici. Tutti i membri della famiglia e i domestici sentivano che non c’era senso nella loro convivenza, e che della gente incontratasi per caso in una qualsiasi locanda sarebbe stata più legata fra di sé che non loro, membri della famiglia e domestici dei Porcu. La moglie non usciva dalle sue stanze; il marito era già il terzo giorno che non rincasava. I bambini correvano per la casa abbandonati a loro stessi; la governante inglese si era bisticciata con la dispensiera e aveva scritto un biglietto ad un’amica chiedendo che le cercasse un posto; il cuoco se n’era già andato via il giorno prima durante il pranzo; sguattera e cocchiere avevano chiesto di essere liquidati.
    Tre giorni dopo il litigio, il Dott. Sanna_Corronca — Stiva, com’era chiamato in società — all’ora solita, cioè alle otto del mattino, si svegliò non nella camera della moglie, ma nello studio, sul divano marocchino. Rigirò il corpo pienotto e ben curato sulle molle del divano, come se volesse riaddormentarsi di nuovo a lungo, rivoltò il cuscino, lo abbracciò forte e vi appoggiò la guancia; ma a un tratto fece un balzo, sedette sul divano e aprì gli occhi.

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  9. mat, altezza celeste scappiamo insieme, io e te. qui son tutti matti.

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  10. ma no, te l'ho già detto, è solo sana voglia di scrivere, solo che adesso l'editore pubblica il controromanzo e si dimentica il mio
    (gli ho chiesto anche una copertina più aggiornata, non quelle schifezze che trova in cantina con l'autore sulla gru, ad esempio potrebbe metter quella dell'autore che timona il suo Swan ai Caraibi, è del 2012, recentissima)
    (non scherzo, diminuisco e son sicuro che è un effetto collaterale del blog, forse addirittura dimagro, e voi? vi siete tutti controllati?)
    E.

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  11. Ged era alto come me, adesso com'è? vorrei anche sapere se ha perso anche questo inverno i peli sui polpacci, poi vorrei chiedere a Pilon se ci può mandare una foto di quando era Babbo Natale e a Matisse per favore un'altra poesia. L'editore potrebbe pubblicare tutto domani mattina che è sabato, l'ideale, con il titolo MISCELLANEA DEL SABATO: 1)descrizione dei polpacci di Ged; 2)foto di Pilon di quando era Babbo Natale; 3) poesia di Matisse.

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