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mercoledì 7 marzo 2012

CONTROROMANZO capitolo ventisei e ventisette


lì dove c'era un abete adesso c'è un buco

CAPITOLO 26

Mauro aspettava. Aspettava da giorni, ormai settimane. E Mauro non sapeva aspettare: un difetto quasi fisico, un turbine nello stomaco, battere d'ali di mille farfalline incoerenti, gli rendevano qualsiasi attesa insopportabile. Quindi faceva tutto già prima di farlo, lo nel pensiero, e questo gli procurava altra ansia, perchè quel che aveva "già" fatto non corrispondeva alla realtà delle sue aspettative. E così via dicendo.
Aspettava di entrare nel romanzo. Non come protagonista e nemmeno comprimario. Entrare nel romanzo come romanzo. Perché Mauro era morto. La sua anima in stand-by da giorni, ormai settimane. Mauro era nei meandri.
Aveva rifiutato di entrare in un mouse (un topo della periferia di Liverpool), in un perizoma leopardato, in un cespuglio di mirto. Tentato solo dalla proposta di essere "personaggio dei rebus", che gli piaceva per le compagnie più stravaganti che avrebbe trovato colà: re, funi, nasse, mazzi di carte, cartelloni stradali, BD, A, spartiti rossiniani, L, due carabinieri, una scatola di ----. Avrebbe potuto conoscere la Susy (ancora un gran pezzo di figliola, malgrado l'età). Ma il fatto di dover dipendere per "tutta" la vita da Francesco Baggi Sisini, Direttore responsabile, nonché dalla buon anima del Cavaliere del Lavoro, Gr. Uff. Dott. Ing. Giorgio Sisini, Conte di Sant'Andrea (al momento reincarnato in una Stabilo Swano 4909-HB=2, con gommino bianco), non lo aveva convinto.
Mauro voleva essere Romanzo.
Per poter durare in eterno.
Allora gli avevano offerto un romanzo in essere, "Adesso altre pecore".
Per carità, niente da dire. Interessante. Avrebbe forse aspirato ad un russo classico. Meglio di tutti sarebbe stato "All'ombra delle fanciulle in fiore", anche se non era proprio un romanzo ma un pezzo di romanzo. Lui ne andava pazzo. Quello che assegnava i posti alle anime, un fesso con pretese di fare lo spiritoso, gli aveva detto:
- Niente da fare, bello mio. Ho libero solo "L'albero delle zoccole", ma non è un libro. E' un porno anni '80. Però, sul titolo, quasi ci siamo.
E giù risate e frizzi e lazzi della sala d'attesa delle anime.
Mauro era tornato alla sua sedia. E aspettava. Con il vortice e le farfalline nello stomaco, a pensare, nel dettaglio, cosa avrebbe fatto una volta romanzo.
Ma l'Autore (il "babbo") non lo citava. Non si decideva. Non quagliava. Adelina di qua, Adelina di là. E Ciocci, sempre Ciocci. Antonio, poi. La questione era tutta lì: per reincarnarsi in un romanzo, deve comparire almeno una volta il tuo nome.
- La regola è la regola - aveva sentenziato lo stupido addetto alla redistribuzione - E Parione è Parione - aveva soggiunto, ammiccando ai presenti.
- Ah, ah, ah, risuonava la sala d'attesa.
E Mauro si era rimesso nel suo angolo. A gestire vortici e farfalline. E aspettava.
06 marzo 2012 14:15


 Capitolo ventisette
Una rissa. Una rissa tra anime. Non so se fosse mai successo nella storia del mondo. Ma sì, deve essere successo già infinite volte, se è vera, ed è certamente vera, quella faccenda là, l’Apostolacasi, l’Apecatasto, insomma avete capito. Ma si capisce che la rissa divenne inevitabile con tutte quelle anime senza corpo che vorticavano nello spazio angusto della sala d’attesa, il mistero è chi ce le ha mandate e perché. Anche tra le anime incorporate nei corpi gli stati d’attesa sono tra i più propizi allo scatenarsi della rissa. Le file, per esempio.
Pensate ad una fila al botteghino di un teatro, rappresentano L’Elisir d’amore. Tutti dovrebbero essere allegri, gentili, garbatamente sentimentali, ironici e autoironici. E’ pure una bella fila ordinata, quasi anglosassone, l’unica piccola concessione all’animo latino è che è una fila per due. Per ragioni non ben chiare però (non guasterebbe un’approfondita ricerca statistica a proposito), le due sottofile non si muovono in perfetta sincronia. Si presentano ogni tanto leggerissima sfasature, piccole asincronie. Tu osservi il tuo compagno di fila che ti si è affiancato 10-15 secondi dopo il tuo arrivo, anzi, forse era arrivato prima di te, ma si aggirava ancora un po’disorientato, indeciso se aspettare o dire “chi se ne fotte dell’Elisir, dico a Lucilla che i biglietti sono esauriti e me ne sto a casa a guardare la partita” . Così quando arrivi lui non si è ancora palesemente accodato e lo precedi di quella manciata di secondi. Lo osservi e ti accorgi che ogni tanto ti sopravanza di mezzo passo, cosa potrebbe fare poveretto, non può lasciare lo spazio vuoto davanti a sé, e il tuo sangue comincia a ribollire e il tuo corpo a farsi più pesante, ingombrante, comincia a far pressione sulle persone circostanti, così come una porzione di gas perfetto non può non fare pressione sulle porzioni circostanti.
Oppure pensate a quando, sotto il sole cocente, girate e girate tra i parcheggi della spiaggia per cercare un misero posticino. Non troppo lontano dalla spiaggia, considerato che dovrete caricarvi l’ombrellone, la sedietta, il canotto dei bambini, viveri per una settimana, il bidone dell’acqua, un borsone dove, oltre ad asciugamani zuppi d’umidità, maschere, boccagli, occhialini, pinne mai usate, si accumulano tonnellate di sassolini raccolti durante la stagione. Se c’è un’auto che cerca posto dietro di voi rallentate la marcia, cercate di tenerla il più possibile vicino, fate come i ciclisti che corrono le gare di velocità su pista, quando adottano la tecnica del sur place, in modo da ridurre al minimo la probabilità che un posto si liberi dietro di voi e il rivale ci si possa infilare per primo.
Così si sentivano Mauro e le altre anime nella sala d’attesa. Giravano perché la loro energia cinetica permettesse loro di non farsi risucchiare dagli oggetti là attorno. Nessuno voleva diventare l’anima del cestino della spazzatura, di una sedia sgangherata, del tavolino, di una rivista di fotografia del 1997. Giravano, ciascuna nel tentativo di tagliare fuori un’altra. Gavino, da bambino, aveva giocato nelle giovanili del Porto Torres Basket e conosceva molto bene la tecnica del taglio a fuori. Era l’azione che prediligeva perché per prassi era l’unica azione del gioco in cui era concesso il contatto fisico. Lui ne approfittava per rifilare gomitate infide, colpi bassi a tradimento, dita negli occhi falsamente accidentali, ancate vigliacche, ginocchiate provocatorie. Ma in quel groviglio chi tagliava fuori un avversario era tagliato fuori da un terzo e così via ciclicamente.
Il vero problema , lo ripeto, è: da CHI tutte quelle anime erano state spinte in quella sala d’attesa? Mauro, Gavino, Rosa, quale oscura pulsione vi spinge infilarvi in quel povero romanzo in fieri? Ezio, Zuniari, Fortunato, quale misteriosa qualità del romanzo vi ha attirato sin qua? Lev, Fiodor, Nicolai, non  siete stati forse oggetto di un colossale inganno?
E poi. Quale effetto potrà avere, ammesso che sia possibile, l’incarnazione nel romanzo di un’anima estranea? Quale tipo di interazione si manifesterà con l’anima dell’autore? La vita del romanzo sarà ancora tra le sue mani, come tra quelle di un Creatore Onnipotente, o gli sfuggirà via lontano? L’autore si renderà conto che la sua creatura è fuori dal suo controllo o si illuderà ancora che ubbidisca come un figlio educato al suo babbino?
Felice chi potrà rispondere a tutte queste domande, forse una parte non piccola dei misteri del mondo gli sarà svelata

9 commenti:

  1. O editore indaffarato, scusa, sai, ma il capitolo 26? O pubblichi il controromanzo - e lo pubblichi bene - oppure non si capisce niente. Un esempio? Nel cap. 27 sono citati Mauro e la sala d'attesa delle anime: senza il cap. 26 restano incomprensibili.

    Se invece non ti/vi piace, allora è un altro discorso. Ma ditelo! Queste discriminazioni striscianti sono odiose!

    E poi guarda che lo stile dell'autore lo imito meglio io di Roscia!

    A me mi puzza che non ti sia andato giù che ho rivelato che la battaglia di sputi e alghe l'ho vinta io.

    Ossequi. Pilon

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  2. copiato dal commento viene sempre un fondo che non si riesce a togliere e quindi se volete prossime pubblicazioni inviatemelo con mail direttamente nel testo non con allegato che c'ho da lavorare

    per quanto riguarda la battaglia no ci furono ne vinti ne vimcitori in compenso ricordo che tu alla fine eri molto più viscido del sottoscritto

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  3. Sei un angelo! E adesso lo posso dire: la battaglia di sputi e alghe non ha avuto nè vincitori nè vinti ma io non solo ero più viscido (come sempre) ma anche assi più stanco.

    Quello che vorremmo, adesso, è un commento dell'autore, perchè ci siamo impegnati molto (come è evidente) e non già - come si potrebbe pensare - in marrania a lui, semmai per amore.

    Pilon

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  4. CAPITOLO 28
    Mauro era calmo, adesso. Durante la rissa delle anime, all’improvviso, aveva patito un vortice ma non dei suoi. Un vortice profondo, che lo aveva risucchiato, fuori di là, oltre i meandri. In una nebbia color arancio pastello (RAL 2003) che lo abbagliava ma, ad un tempo, lo ottundeva e, ad un tempo, lo stordiva e, ad un tempo, lo incantava e, ad un tempo, lo plagiava e, ad un tempo, lo arrotondava e, ad un tempo, lo stimolava e , ad un tempo, lo affinava e, ad un tempo, lo arricchiva. E poi era svenuto. Aveva perso i sensi, in un breve periodo di incoscienza che si verifica quando il flusso di sangue al cervello è temporaneamente diminuito a causa di un improvviso abbassamento della pressione sanguigna (la massima può scendere anche sotto gli 80). Le cause possono essere diverse: forte dolore, grandi emozioni, la permanenza prolungata in luoghi troppo caldi e troppo affollati in cui non c'è ricambio d'aria, una lunga permanenza a letto (dovuta per esempio ad una malattia), un digiuno prolungato o un pasto eccessivamente abbondante, uno sforzo fisico intenso o una lunga permanenza in piedi. Possiamo ben dire che, nel caso di Mauro, la causa fosse “grande emozione”, anche se la sala d’aspetto delle anime era effettivamente troppo calda e troppo affollata.
    Ora era sveglio. Perfettamente sveglio. Ma non sapeva né tempo né luogo. Sapeva, insomma, di essere passato attraverso un moto a luogo, ma ora ignorava lo stato in luogo (in ogni caso la sua situazione andava posta in ablativo).
    Vedeva poco. Si trovava in un ambiente grigio ardesia (RAL 7015), supino. Non poteva muoversi (non avrebbe saputo COSA muovere) ma se alzava la testa, sopra di lui, riusciva a scorgere un uomo di legno che gli sembrava immobile, ma nell’atto di sdoppiarsi.
    La cosa più straordinaria, però era la sensazione del suo corpo. Come se ci fosse una parte più grande che ne conteneva di più piccole e poi tanti contenitori ancora più piccoli, come tanti “armadi” che fremevano di continuo. Sapeva che c’erano parole, molte parole - anche se non credeva alle parole ma alla punteggiatura e alle proposizioni (diadainconsupertrafra), sì, che ci credeva. E sentiva che c’erano molte, molte anime, vagulae e blandulae, che si agitavano. Come le sue farfalline. Ma quelle sue, quelle dentro di lui, erano sparite. Niente farfalline. Niente vortici allo stomaco. Si sentiva sorprendentemente euforico, così privo di farfalline, come se si fosse liberato di un enorme peso.
    Mauro era un romanzo. Era il Romanzo.
    Qualcuno lo aveva citato (il “babbo” forse?) e lui era lì. Romanzo.
    Ora qualcuno lo stava scorrendo su e giù. Faceva uno strano solletico, piacevole però. Qualcuno gli aggiungeva una parte al corpo. Ed eccone un altro. Visualizzazione in compatibilità attivata. Lettori fissi. Membri. Battaglie di sputi e alghe. E Adelina, Gavino, Ciocci: deliziosi. La sua vita era appena iniziata e già gli piaceva un bè.

    (facciamo così: se vi piace te lo mando anche per posta)

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  5. non c'è bisogno che me lo spedisci perchè già mi arrivano per posta tutti i commernti io li leggo lì
    comuque devo apporre qualche correzione viecchè i ral non corrispondono al colore citato
    e comunque verrà pubblicato dopola puntata del romanzo di Enrico
    che non mi scrive più non corregge più le bozze e già tanto se mi manda i capitoli, forse ha trovato Adelina anNapule

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  6. Capitolo 29
    Ah ah ah! È fatta! Sono l’Anima del Romanzo! E chi poteva dubitarne? Chi poteva uscire vittorioso dalla rissa se non l’anima di Gavino Porcu, di Porto Torres, gestore di stabilimenti? Per dominare le risse non occorre la forza fisica, ma l’astuzia, il cinismo, la cattiveria, tutte doti che ho sempre posseduto nel profondo dell’anima, appunto. Solo Mauro mi ha dato un po’ più da fare, con quella sua passività appiccicosa, il suo ostruzionismo, le sue farfalline. Gli ho infilato due dita negli occhi (dita d’anima in occhi d’anima intendo) e lui era ancora là, mezzo svenuto, ma non evaporato. Poi, stranamente, mi ha concesso tutto in cambio di una citazione e così sono diventato lo Spirito del Racconto!
    Dite di non capire cosa ci facesse la mia anima nella sala d’attesa? Avete ragione, miei piccoli lettori, facciamo un passo indietro. Ricorderete di quando la mia anima uscì da un buco che io stesso avevo praticato sulla mia fronte, quella di Gavino Porcu, l’originale, da lì la mia anima uscì rumoreggiando e si intrufolò nel corpo del bagnino, il bagnino fusto di Platamona, intendo dire, sognando esotiche conquiste sui turritani lidi, polacche, ucraine, eccetera, ma poi come bagnino fui accusato di aver ucciso Gavino, cioè me stesso, e in un certo senso era vero, anche se non era stato il bagnino, ma io non lo potevo dire e fu così che finii in prigione col computer, l’adsl, la Jacuzzi, grazie a zio, non grazie a zio in prigione, ma grazie a zio con tutte quelle belle cose. Quando mi fui stancato della Jacuzzi, dell’adsl, delle lettere dal carcere e lessi di Mauro in attesa, fui preso da questa smania, diventare l’anima del romanzo, e fu un gioco da ragazzi lasciare il corpo del bagnino uscendo dalla stessa strada che avevo percorso per entrarvi.
    Vi immaginate, lo Spirito del Racconto, io, Gavino Porcu? Sara meraviglioso? Ma non pensiate che debba essere io a scrivere il romanzo. Continuerà a scriverlo l’autore, certo. Non vi fa scompisciare dal ridere sapere che dovrà fare i conti con me? Qualunque cosa scriverà, lo Spirito del Racconto ormai sono io. L’autore sarà condannato a scrivere e a vedere crescere tra le sue mani una creatura estranea e non si darà pace, ma non potrà smettere. Meravizzosu! La notte scriverà: udivo un cupo mormoreggiare e il mattino dopo troverà pubblicato: sentivo un culo scorreggiare. Se la prenderà con l’editore , ma non sono le sgrammaticature dell’editore, è la vera Anima del Romanzo che pretende i suoi diritti!
    Cari piccoli lettori, vi attendono, ci attendono giorni felici.
    C’è solo un pensiero fastidioso che ogni tanto mi disturba. Ditemi voi, miei piccoli lettori, che avete letto tanto, ma è vero che lo Spirito del Racconto e l’Anima del Romanzo sono la stessa cosa? Ma sì, è chiaro che lo sono, e poi quel pollo di Mauro non avrebbe mai osato ingannarmi.
    Dunque, tutti al vostro posto, allacciate le cinture, lo spettacolo ricomincia.

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  7. Editore, che facciamo? Purtroppo sono due capitoli bellissimi, ti tocca pubblicarli per forza, ma se si mette a scrivere anche Matisse, Emilia, Elisabetta, Aut eccetera? Devi pubblicare anche loro, quindi dieci, venti capitoli 27...
    (Senti un po', non è che potresti mettere in copertina una mia foto un po' migliore delle schifezze che hai trovato in cantina? Quella sulla gru avrà già fatto scappare chissà quante lettrici, avran pensato che scrivo perché sono troppo brutto e infelice, come tutti i poeti e tutti gli scrittori. Tu sai che non è vero, quindi metti la mia foto di questa estate in cui timono il mio due alberi di diciassette metri)

    E.

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  8. Toh, era un gru? Pensavo facessi sci di fondo da seduto...
    E dire che io ho cominciato a leggere il romanzo a partire proprio dalla pubblicazione di quell'immagine.

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