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martedì 27 marzo 2012

ADESSO ALTRE PECORE capitolo quarantacinque



in copertina in basso a destra l'editore sconsolato  al secondo molo non dorme e non piglia pesci 




QUARANTACINQUE

Sogno d’essere a capo di una cellula di spietati tassisti anarco-insurrezionalisti che da anni seminano il terrore a Parigi e dintorni (soprattutto a Boulogne-Bilancourt). L’idea è geniale nella sua semplicità, non a caso l’ho avuta io: utilizzare i taxi per far fuori tutti i clienti che durante il tragitto dimostrano scarsa sensibilità ai temi dell’anarchia e ignorano l’opera immortale di Michail Bakunin, Stato e anarchia. Se il colloquio va bene vengono portati a destinazione, altrimenti in una discarica abbandonata dove li attende il carnefice, Bertrand Le Bon, tassista in pensione e grande esperto di Pierre-Joseph Proudhon (ha curato l’edizione critica di Che cos’è la proprietà?).
L’idea è di ucciderne il più possibile per creare le basi dell’anarchia, perché abbiamo capito che le idee di Bakunin e dei grandi teorici che l’hanno seguito, soprattutto Petr Kropotkin, non si realizzeranno mai se non si eliminano fisicamente tutti quelli che non la pensano come noi. È un lavoro molto lungo e non è detto che ci arriveremo nella nostra vita, ma almeno poniamo le basi per una società più felice in cui, come diceva Proudhon, ci sia ordine senza bisogno di regole.
La parte più delicata del lavoro, di cui sono responsabile, è istruire i colleghi tassisti sul modo corretto di condurre il colloquio, che in realtà è un processo che si conclude quasi sempre con la sentenza di morte. Dobbiamo far finta di nulla, chiacchierare amabilmente col cliente del più e del meno e trarre poi il verdetto. Ecco, entra un tale ben vestito, sui cinquanta, lo sguardo severo, intelligente.
“Alla Gare du Nord, s’il voul plaît, vite, ho un treno tra mezzora”
“Il signore è italiano?”
“Non sono affari suoi”
Il signore è già morto, penso azionando il tassametro. Ma potrebbe essere un anarchico antipatico, mica detto che gli anarchici sian tutti simpatici. Decido di dargli un’altra possibilità.
“Ha sentito la radio? Hanno provato a far fuori la first lady”
“Tanta gente lo merita di più”
Ecco, penso, mi ero sbagliato, questo ha cervello.
“E già, è vero…si riferisce al marito?”
“Anche, ma come lui ce n’è mille, ci vorrebbe una rivoluzione”
“Quanto è vero!”
“Lei mi da ragione ma appartiene a una categoria professionale tradizionalmente conservatrice se non fascista”
Gongolo di piacere, ho in macchina un ideologo della rivoluzione.
“Non tutti i tassisti votano Le Pen”
“È vero…e lei cosa vota?”
Mi accorgo che il furbo ha preso in mano la situazione, da processato è diventato giudice. Decido comunque di stare al gioco, ma rallento il taxi per avere più tempo, il caso è delicato.
“Non voto”, dico guardandolo nello specchietto.
“Così fa il gioco della destra, è facile astenersi se hai un pasto caldo e un tetto, tanto a rimetterci sono solo i poveracci”
“In effetti…”
“Bisogna sempre votare il partito che ha maggiori probabilità di evitare che il governo finisca nelle mani dei figli di puttana fascisti che pensano solo ai loro affari e alle escort”
“Ha in mente qualcuno?”
“Si”
“Il signore è italiano?”
“Non sono affari suoi”
Rimango in silenzio, perplesso, un caso così difficile non mi capitava da anni. Provo a riprendere in mano la situazione, affronto direttamente l’argomento.
“Mi dica un po’, se lei ha fame e vede un tizio che mangia una baguette con wurstel e senape cosa fa?”
“Mi prendo la baguette e me la mangio”
“E se ha voglia di fare una doccia ma il bagno è occupato?”
“Sposto la persona che lo occupa e mi ci metto io”
“Se vuole un chilo di zucchine?”
“Vado dal contadino e le prendo”
“Gli da qualcosa in cambio?
“Fossi matto”
“E se lui il giorno dopo si prende le sue scarpe?”
“Che se le prenda, tutto è di tutti”
Faccio una frenata, mi accosto, apro lo sportello, estraggo dal taxi il cliente sbigottito e lo abbraccio forte.
“Lei è un vero anarchico, viva l’anarchia, viva l’ordine senza regole”
Mi abbraccia forte, poi mi prende la giacca, mi sfila i calzoni, mi toglie le scarpe, sale sul taxi e parte. Rimango in mutande in Rue de Varenne a riflettere sull’anarchia.

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