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sabato 31 marzo 2012

ADESSO ALTRE PECORE capitolo quarantotto


in copertina due poeti ispirati  del ventesimo secolo



QUARANTOTTO

“Svegliati compagno, c’è Adelina al telefono”
Mi sveglio sul più bello, proprio sul più bello, corro al telefono combattuto tra la rabbia per il somnium interruptum e il senso di colpa nei confronti di Adelina, la stavo tradendo dopo un solo giorno di fidanzamento.
“Che c’è?”
“Ciocci ha fatto venire a Parigi gli amici di Ponte Sisto, Nello, Terzi, Bob e Manfredi”
“Dio mio! Perché?”
“Dice che lo aiuteranno a tirar fuori Camilla e Bertrand”
“Come?”
“Tra un paio d’ora li trasferiscono alla Conciergerie, vogliono assaltare il blindato”
“Ma è una follia, digli che è una follia!”
“L’ho detto, dice che se va male ci pensa babbo, chi è questo babbo?”
Mi prende una rabbia e una disperazione inenarrabili, vorrei far fuori Ciocci con una Colt M1911 pur di non sentir mai più la parola babbo.
“Dove ti trovi?”
“Sulla scalinata del Palazzo di Giustizia, al numero 36 del Quai des Orfèvres”
“Arrivo subito”
“Sei pazzo! Arrestano anche te!”
“Vengo in incognito, sotto mentite spoglie, mi metto i baffi finti…finti…no, niente baffi finti, al massimo baffi posticci, si posticci va bene, poi magari un cappello sulle ventitre e un paio d’occhiali alla Schubert”
“Che occhiali aveva?”
“Lenti piccole tonde, come quelle di Gramsci”
“O Cavour…non mi sembra una bella idea…ti arrestano…perché non leggi Platone?”
“Tra mezz’ora son lì”
Mi catapulto in soggiorno, chiedo al tassista di portarmi al Quai des Orfèvres, dice che sono matto, dico che è questione di vita o di morte, dice va bene compagno.
“Almeno travestiti da donna!”, fa Thérèse preoccupata.
“Da donna? Fossi matto, sono una persona seria!”
“Lo so, si vede…allora addio…ti porteremo le madeleinettes alla Conciergerie”
“Dici che i baffi posticci non bastano?”
“Certo che no, dai retta a me, vestiti da donna, ho tutto io”
Théresè mi porta una gonna verde muschio RAL 6005, una camicetta avorio chiaro RAL 1015, un reggiseno tipo push up, un paio di scarpette lucide e una borsa Fendy.
“La borsa no…se la perdo?”
“È falsa”
“Allora non la voglio”, dico seccato, poi mi scuso.
Dico a Thérèse che sono molto nervoso, che loro sono fin troppo gentili e che appena questo incubo sarà finito gli invierò una natura morta con i loro frutti preferiti e se vogliono un oggetto optional a scelta.
“Sei pittore?”, chiede mentre indosso la gonna.
“Si, dipingo nature morte”
Mi aiuta col push up, ha messo nelle coppe un bel po’ di cotone. Il problema sono le scarpe, le sue non mi stanno. Il marito dice che ne comprerà un paio della mia misura.
“E i pelazzi?”
“Li copriamo con un paio di calze da montagna”
“E la barba?”
“Ho il rasoio in macchina”
Prima di uscire mi guardo allo specchio, un disastro, anzi uno schifo, mi trovo repellente, se Adelina mi vede mi lascia di sicuro. Per fortuna c’è Thérèse, è venuta anche lei, ha portato la borsetta del trucco, dice che ci pensa lei adesso a farmi bella.
“Parti Theodore, non perdiamo tempo”, fa Thérèse.
“Theodore…è vero…non ci siamo presentati…”
“Meglio così, compagno, non voglio sapere niente, è più prudente”
Il taxi procede lesto negli stradoni anonimi della banlieue parigina, mi sono fatto la barba col rasoio elettrico di Theodore e adesso Thérèse mi sta spalmando delle creme sul viso. Thérèse…che dolce…che occhi meravigliosi…e poi ha un profumo che non saprei descrivere…non un profumo…un odore…non sarà mica Adelina?
Mi accorgo subito che l’abisso è a pochi passi, intendo dire la perdita della ragione, la pazzia. Sono partito da Roma con la testa ben salda sulle spalle e i piedi per terra, adesso mi sento sulle nuvole come la mia ex moglie Adelina, anzi peggio, come Cherubino nelle Nozze di Figaro, ma non ho più l’età, uno come me che si innamora di tutte le donne che vede di solito è considerato un vecchio porco. Però Thérèse ha qualcosa di speciale, con lei mi sento protetto, coccolato, amato, tutte cose che mi mancano da troppi anni. E Adelina? (la E è senza accento, però va bene anche con).
Bel guaio. Adelina è una meraviglia, il sole e la luna, il sole che illumina il mondo e la luna che ce lo fa amare, mio Dio come divento melenso quando m’innamoro! Però anche Thérèse…anche Lucie…Lucie…dove sarà finita? Nei meandri?
“Ecco fatto, adesso sei una gran bella gnocca”, fa Thérèse soddisfatta.
Mi guardo allo specchio, non mi riconosco.
“Un capolavoro, Thérèse, sono irriconoscibile, grazie”
“Sei pure bona”, fa Theodore guardandomi nello specchietto.
“Ricordati la voce, devi usare il falsetto, come Tony Curtis e Jack Lemmon”
“Non è necessario, non parlo”
“E se ti fanno domande?”
“Rispondo a monosillabi”
“E i documenti?”
“Li faccio rubare a Ciocci…mancano solo le scarpe”
Theodore accosta il taxi davanti a un negozio di scarpe, Thérèse entra rapida e chiede un paio di stivali da cavallerizza numero 45. Hanno solo il 44, Thérèse li prende lo stesso.
Adesso siamo arrivati al Quai des Orfèvres, esco dal taxi in preda a mille emozioni, ma prevale di gran lunga la vergogna. Sento spifferi fastidiosi che s’infilano nella gonna, proprio come a Tony Curtis e Jack Lemmon all’inizio del film, quando prendono il treno. Theodore e Thérèse mi han dato il numero dei loro cellulari, rimangono nelle vicinanze nel caso avessi bisogno di aiuto. Si sono affezionati. Mi accorgo solo ora d’essere un vero ingrato, anzi un essere schifoso, Theodore mi ha nascosto a casa sua, nutrito, aiutato ed io mi permetto di fare certi pensieri sulla moglie? Una persona da poco, un perverso assatanato, ecco cosa sono, e adesso pure travestito…già…un travestito…non c’è limite all’abiezione…sprofondo sempre più giù…un carpiato nell’abisso.

venerdì 30 marzo 2012

polpaccio


vecchio polpaccio 
glabbro e macilento 
che trascini gede a stento
lungo i torrenti di montagna 
con Enrico che ti guarda e non si bagna 

ADESSO ALTRE PECORE capitolo quarantasette



in copertina Adelina in una delle sue migliori performances


QUARANTASETTE

Sogno d’essere in mutande in Rue de Varenne a riflettere sull’anarchia. Se è un ruba ruba generale meglio una sana dittatura, penso coprendomi le parti basse, non sia mai che quello fa capolino e mi arrestano per oltraggio al pudore.
“Lei è in mutande, si vergogni, si vede tutto”, dice una passante sui sessanta.
“Non è vero, non si vede niente”
“Però s’intravede”
“Non è vero”
“Allora si immagina”
“Si può immaginare anche se avessi i calzoni”
“È vero, io lo immagino sempre, comunque le ricordo che chiunque in luogo pubblico o esposto al pubblico compie atti osceni è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni”
“Anche in Francia?”
“Si, ma ci sono molte discussioni”
“Mi dica, mi interessa”
“Agli effetti della legge penale «si considerano osceni gli atti che offendono il pudore». Si tratta di una definizione molto vaga che lascia un ampio margine di apprezzamento all’interprete. Il concetto di oscenità è collegato a quello di pudore che, tuttavia, va qualificato più precisamente come pudore sessuale e può essere inteso come il sentimento di verecondia che viene offeso da fatti e manifestazioni contrarie alle regole etico-sociali attinenti alla sfera sessuale. In questo senso il pudore si distingue dalla pubblica decenza la quale non fa riferimento alla sfera sessuale. Secondo la giurisprudenza è atto osceno qualsiasi manifestazione di concupiscenza, sensualità, inverecondia sessuale, compiuta su altri o su se stesso, che offende così intensamente il sentimento della morale sessuale ed il pudore da destare, in chi possa assistervi, disgusto e repulsione. Con una norma del genere il legislatore opera, di fatto, un rinvio a norme sociali extragiuridiche, per loro natura mutevoli da persona a persona…”
Mi allontano a marcia indietro, al rallentatore, lei non se ne accorge, continua a parlare, io me la svigno in una traversa di Rue de Varenne, diciamo pure Rue du Bac. Mi accorgo solo allora di avere in mano una Colt M1911 Giambroy semi-automatica calibro 45 ACP.
Quindi, ricapitolando, mi trovo in Rue du Bac, in mutande, con una Colt M1911 in mano. Le mutande sono boxer bianchi stile bisnonno che a me piacciono molto, le calze sono blu notte RAL 5022 e la camicia è turchese pastello RAL 6034. Mi trovo decisamente a disagio, vuoi per l’abbigliamento decisamente inappropriato in una metropoli chic come Parigi, vuoi per l’arma che tengo in pugno così estranea alla mia filosofia di vita cortese e pacifica. Decido di entrare nel negozio Sarti si nasce (dal 1958).
“Il signore desidera?”
“Dovrebbe esser chiaro, si sbrighi, porto il 54”
“Abbiamo un modello che fa per lei, ma è un po’ caro”
“Non si preoccupi, non ho intenzione di pagare”
“Il signore è anarchico?”
“Non più, adesso faccia il rapinatore, mi porti i calzoni o la uccido!”
“E lei crede che mi faccio spaventare da un signore in mutande?”
“Ho una Colt M1911”
“È falsa, come lei, questo è un sogno”
“Per caso è parente di Ciocci?”
“Siamo tutti parenti di Ciocci, anche lei”
“Adesso la uccido, così non dira mai più queste sciocchezze”
Estraggo il caricatore e carico la Colt con sette proiettili da 11,43 millimetri del tipo 45 ACP. Mentre faccio questa operazione il proprietario del negozio e le due commesse guardano affascinati la pistola.
“La posso toccare?”, dice una commessa.
“Prego, faccia pure”, rispondo.
“Che tipo di azionamento?”, chiede l’altra.
“A corto rinculo tipo Browning”
“Che poi è il progettista, non è vero?”, fa il proprietario passandomi un proiettile.
“John Browning, un mito per noi spietati assassini, ha influenzato il design di quasi tutte le categorie di armi da fuoco, compiuto miglioramenti nei fucili a colpo singolo, a leva e a pompa, ma i suoi contributi più significativi sono stati apportati nelle armi automatiche”
“Tipo?”
“È lui l’inventore della meccanica scarrellante, una tecnologia ancora in uso nella maggior parte delle pistole moderne”
Nel frattempo è entrata nel negozio la signora di prima, quella degli atti osceni.
“Lei è in mutande, si vergogni, si vede tutto”, dice.
“Non è vero, non si vede niente”
“Però s’intravede”
“Non è vero”
“Allora si immagina”
“Si può immaginare anche se avessi i calzoni”
“È vero, io lo immagino sempre”
La uccido prima che inizi il suo discorso, la sistemo vicino a un manichino e continuo a chiacchierare di armi con le comesse e il proprietario. Poi mi viene una curiosità.
“Mi scusi, perché il negozio si chiama Sarti si nasce (dal 1958)?”
“Perché il vero sarto il mestiere ce l’ha nel sangue dalla nascita”
“Lei è nato nel ’58?”
“Si”
Lo uccido, lo metto vicino alla signora, poi vado nei camerini con le commesse.

giovedì 29 marzo 2012

ecco l'autore non ha mai il coraggio d dirmi cosa ne pensa delle mie composizioni adesso che è sotto ricatto potrebbe sbilanciarsi.... del doman non c'è certezza molti potrebbero restare con la voglia di leggere il capitolo quarantasette 

ADESSO ALTRE PECORE capitolo quarantasei

in copertina l'autore intento a leggere e meditare nella chiesa di santoEustacchio a Parigi 

QUARANTASEI

“AAAARGHHHHHH”, urlo aprendo gli occhi.
“Che ti succede compagno?”, fa il tassista.
“AAAARGHHHHHH”, urlo di nuovo sentendo la parola compagno.
Ho ancora negli occhi il ricordo del sogno anarchico e sono convinto che il taxi mi stia portando da Bertrand Le Bon, esperto di Proudhon e carnefice.
“Cosa c’è? Che ti succede?”
“Dove mi porta?”
“A casa mia, tranquillo…sei ricercato, ti nascondo a casa mia”
Finalmente ricordo tutto, mi tranquillizzo, si fa per dire, sono ricercato da tutte le polizie di Francia per tentato omicidio di Carla Bruni e marito, quindi posso dire addio ad Adelina perché finirò in galera per tutta la vita attuale, poi dovrò ricominciare la ricerca da capo, ma se divento un lapis sarà tutto più difficile.
Adelina, mio tesoro, perché non mi chiami? La chiamo io. Si, la chiamo.
“Adelina, luce dei miei occhi, dove sei? Cosa fai?”
“Adesso non posso parlare, ti chiamo io”
“Ma io che faccio?”
“Leggi qualcosa, chiedi al tassista se ha la Repubblica di Platone, leggiti la fine del decimo libro”
Riattacca, chiedo al tassista se ha le opere di Platone, risponde che di libri ha solo i Quaderni del carcere di Antonio Gramsci, I centri dirigenti del PCI nella Resistenza di Luigi Longo, Il 20º Congresso del P.C.U.S di Palmiro Togliatti e Il nodo della crisi sta nella Dc di Enrico Berlinguer.
“Nient’altro?”
“Io ho solo questi libri, ma mi hanno un po’ stufato, mia moglie però ne ha altri, dopo chiediamo a lei…chi è Platone?”
“Dopo chiediamo a lei”
Il taxi si ferma in una strada anonima dell’immensa banlieue parigina, potremmo essere in un qualsiasi non luogo francese. Entriamo in un palazzone popolare ricoperto di graffiti, saliamo con l’ascensore all’ottavo piano, sul pianerottolo ci aspetta la moglie del tassista, deve averla avvisata mentre dormivo. È una donna giovane, sulla trentina, coi capelli ricci nerissimi e gli occhi verdi, vispi. Ci fa strada nel piccolo soggiorno, c’è un tavolo già apparecchiato e qualcosa che fuma dentro una padella. L’appartamento è piccolo ma accogliente, c’è un bell’odore di casa, alle pareti una riproduzione di una natura morta con carciofi di Guttuso, il celebre ritratto di Mozart da piccolo e accanto quello della moglie Constanze.
“Ho preparato qualcosa da mangiare, sarete affamati”
“Non vorrei disturbare…”
“Lei non disturba affatto, siamo fieri di poterla aiutare”
“È un compagno, Thérèse, ci diamo del tu”
“Ci diamo del tu”, ripeto poco convinto.
Non per il tu, per la parola compagno, così fuori dal mondo, antica. Forse mi sbaglio, forse bisogna crederci ancora, adesso comunque ho pensieri più urgenti, sono ricercato dalla polizia e sempre più innamorato.
“Il tiggì dice che è questione di ore al tuo arresto, quindi abbiamo il tempo per mangiare in pace il mio cuscus trapanese”
“Cosa han detto?”, chiedo agitato.
“Che non hai scampo, e invece finché stai qui non ti troveranno, abbiamo già nascosto parecchi terroristi in passato, adesso vivono beati in Brasile, aiuteremo anche te”
“Grazie…ma forse non sarà necessario, la mia fidanzata ha detto ci penso io, è brava, risolverà tutto lei”
Li vedo perplessi, mangiamo il cuscus trapanese, dico a Thérèse che è squisito, chiedo la ricetta.
“La semola è cotta a vapore in una pentola forata di terracotta, come per il cuscus magrebino, ma il condimento è un brodo di pesce misto, io ci metto scorfano, cernia, pesce San Pietro, vopa, gallinella, luvaro e anguilla, ma ci van bene anche gamberi, scampi e frutti di mare”
“Hai la Repubblica di Platone?”
Rimane sconcertata, solo un pazzo pericoloso può passare così rapidamente dal cuscus trapanese a Platone.
“Certo che ho la Repubblica, chi non ce l’ha? La vuoi con testo a fronte?”
“No, grazie, va bene la traduzione”
“È urgente o possiamo finire il cuscus?”
“Finiamo, certo, scusate, sono un maleducato…è che ho avuto un periodo difficile, ho la testa piena di pensieri…”
“Platone?”
“No…si…Adelina mi ha detto di leggere il decimo libro…”
“Chi è Adelina?”
“La mia fidanzata…nuova…da ieri”
“È l’ideologa?”
“Ideologa?”
“I gruppi armati rivoluzionari hanno sempre un ideologo che ispira le loro azioni, dev’essere lei…se ti ha consigliato la Repubblica è una mente raffinata, gli antichi greci e soprattutto Platone avevano capito tutto”
“Io devo averlo studiato a scuola ma non ricordo nulla, forse l’abbiamo saltato”
“Impossibile”, dice Thérèse.
“Non ricordo proprio nulla”
“Che scuola hai fatto?”
“Non lo so”
“Classico, scientifico, tecnico, artistico…”
“Non lo so”
“Almeno dove?”
“Non lo so”
“Allora adesso facciamo così, ti fai una bella pennica”
Mi prende per mano e mi porta in una cameretta con un letto rosso e poster di tirannosauri alle pareti, sarà del figlio. Mi guarda preoccupata, poi fa un sorriso e chiude la porta. Mi han preso per matto, questo è chiaro, non ricordo che scuola ho fatto…ma è proprio vero…che scuola ho fatto? Mi torna in mente quel brutto pensiero, Ciocci, il babbo, insomma che è tutto falso, che siamo inventati…e già…se veniamo inventati quando abbiamo già trent’anni come facciamo a sapere che scuola abbiamo fatto?
No…impossibile…io son vero…anche Adelina…mi fanno ancora male i muscoli per la gita in barca a remi…adesso mi pizzico, ecco, fa male, lo sento, che bello…Ciocci sarà inventato, io e Adelina no…no…dormo.

mercoledì 28 marzo 2012

comunicato stampa




Nonostante lo straordinario superamento  dei 5000 contatti, un record mai raggiunto prima in Europa, da alcuni giorni si registra un calo preoccupante che ha avuto gravi conseguenze sullo stato psico-fisico dell’autore e dell’editore, il primo in preda a continue diarree e il secondo ormai prossimo alla disidratazione per le copiose lacrime. Per questo, in seguito a una lunga telefonata interrotta da continui singhiozzi (l’autore in WC, l’editore a letto al buio), si è deciso di verificare il numero dei lettori del romanzo e un tetto sotto il quale interrompere questa iniziativa culturale: ogni lettore dovrà scrivere il nome del personaggio nel quale si identifica illustrandone il motivo con puntuale riferimento ad episodi recenti del libro. Se non si raggiungerà quota dieci il blog diverrà il diario tragico di due artisti falliti che piangono la loro sconfitta in un mondo ormai cieco e insensibile al bello.















come potete vedere dalla foto ormai sono sotto sequestro e l'autore mi fa scrivere pure i comnunicati stampa voleva mettermi in mano la repubbica  ma oggi danno il dvd su beethoven e lui non ne vuole sapere di comperarla


martedì 27 marzo 2012

ADESSO ALTRE PECORE capitolo quarantacinque



in copertina in basso a destra l'editore sconsolato  al secondo molo non dorme e non piglia pesci 




QUARANTACINQUE

Sogno d’essere a capo di una cellula di spietati tassisti anarco-insurrezionalisti che da anni seminano il terrore a Parigi e dintorni (soprattutto a Boulogne-Bilancourt). L’idea è geniale nella sua semplicità, non a caso l’ho avuta io: utilizzare i taxi per far fuori tutti i clienti che durante il tragitto dimostrano scarsa sensibilità ai temi dell’anarchia e ignorano l’opera immortale di Michail Bakunin, Stato e anarchia. Se il colloquio va bene vengono portati a destinazione, altrimenti in una discarica abbandonata dove li attende il carnefice, Bertrand Le Bon, tassista in pensione e grande esperto di Pierre-Joseph Proudhon (ha curato l’edizione critica di Che cos’è la proprietà?).
L’idea è di ucciderne il più possibile per creare le basi dell’anarchia, perché abbiamo capito che le idee di Bakunin e dei grandi teorici che l’hanno seguito, soprattutto Petr Kropotkin, non si realizzeranno mai se non si eliminano fisicamente tutti quelli che non la pensano come noi. È un lavoro molto lungo e non è detto che ci arriveremo nella nostra vita, ma almeno poniamo le basi per una società più felice in cui, come diceva Proudhon, ci sia ordine senza bisogno di regole.
La parte più delicata del lavoro, di cui sono responsabile, è istruire i colleghi tassisti sul modo corretto di condurre il colloquio, che in realtà è un processo che si conclude quasi sempre con la sentenza di morte. Dobbiamo far finta di nulla, chiacchierare amabilmente col cliente del più e del meno e trarre poi il verdetto. Ecco, entra un tale ben vestito, sui cinquanta, lo sguardo severo, intelligente.
“Alla Gare du Nord, s’il voul plaît, vite, ho un treno tra mezzora”
“Il signore è italiano?”
“Non sono affari suoi”
Il signore è già morto, penso azionando il tassametro. Ma potrebbe essere un anarchico antipatico, mica detto che gli anarchici sian tutti simpatici. Decido di dargli un’altra possibilità.
“Ha sentito la radio? Hanno provato a far fuori la first lady”
“Tanta gente lo merita di più”
Ecco, penso, mi ero sbagliato, questo ha cervello.
“E già, è vero…si riferisce al marito?”
“Anche, ma come lui ce n’è mille, ci vorrebbe una rivoluzione”
“Quanto è vero!”
“Lei mi da ragione ma appartiene a una categoria professionale tradizionalmente conservatrice se non fascista”
Gongolo di piacere, ho in macchina un ideologo della rivoluzione.
“Non tutti i tassisti votano Le Pen”
“È vero…e lei cosa vota?”
Mi accorgo che il furbo ha preso in mano la situazione, da processato è diventato giudice. Decido comunque di stare al gioco, ma rallento il taxi per avere più tempo, il caso è delicato.
“Non voto”, dico guardandolo nello specchietto.
“Così fa il gioco della destra, è facile astenersi se hai un pasto caldo e un tetto, tanto a rimetterci sono solo i poveracci”
“In effetti…”
“Bisogna sempre votare il partito che ha maggiori probabilità di evitare che il governo finisca nelle mani dei figli di puttana fascisti che pensano solo ai loro affari e alle escort”
“Ha in mente qualcuno?”
“Si”
“Il signore è italiano?”
“Non sono affari suoi”
Rimango in silenzio, perplesso, un caso così difficile non mi capitava da anni. Provo a riprendere in mano la situazione, affronto direttamente l’argomento.
“Mi dica un po’, se lei ha fame e vede un tizio che mangia una baguette con wurstel e senape cosa fa?”
“Mi prendo la baguette e me la mangio”
“E se ha voglia di fare una doccia ma il bagno è occupato?”
“Sposto la persona che lo occupa e mi ci metto io”
“Se vuole un chilo di zucchine?”
“Vado dal contadino e le prendo”
“Gli da qualcosa in cambio?
“Fossi matto”
“E se lui il giorno dopo si prende le sue scarpe?”
“Che se le prenda, tutto è di tutti”
Faccio una frenata, mi accosto, apro lo sportello, estraggo dal taxi il cliente sbigottito e lo abbraccio forte.
“Lei è un vero anarchico, viva l’anarchia, viva l’ordine senza regole”
Mi abbraccia forte, poi mi prende la giacca, mi sfila i calzoni, mi toglie le scarpe, sale sul taxi e parte. Rimango in mutande in Rue de Varenne a riflettere sull’anarchia.

lunedì 26 marzo 2012

comunicato stampa

é in uscita in tutte le librerie del regno l'ultima fatica  del nostro autore, in realtà un commovente album di ricordi aneddoti e segreti della vita sentimentale del giovane Enrico 

ADESSO ALTRE PECORE capitolo quarantaquattrogatti

in copertina dietro la raganella una porzione di  quadro che l'autore dovrebbe riconoscere in quanto ci ha dormito davanti più volte nella sua precedente vita 



QUARANTAQUATTRO

Nel taxi che ci porta al numero 36 di Quai des Orfèvres, tra il Pont Neuf e Rue de la Cité, Adelina mi osserva sospettosa.
“Lo fai apposta, è così?”
“Cosa?”
“È una tattica…funziona anche con le altre?”
“Adelina, di che parli?”
“Dei falsi svenimenti”
“?”
“Già già, fai pure il finto tonto, io però non ci casco più”
“Il finto tonto…falsi svenimenti…qui c’è lo zampino di Ciocci e del suo dannato babbo”
“Ciocci non c’entra, sei tu che svieni per il bocca a bocca, da ieri l’hai fatto tre volte”
“No, Adelina, svengo sul serio, credimi, sono un uomo sensibile, fin troppo, forse devo curarmi…ma adesso ci sei tu, non serve lo psichiatra”
“Bene, faccio finta di crederti”
“finta…no, Adelina, per favore, evita queste parole, noi siamo veri”
“Tu non sei strano, sei proprio matto, mi piacciono i matti”
“Solo un po’ nervoso, succedono troppe cose, adesso quei due al Quai des Orfèvres, che avranno combinato?”
“Dimmi qualcosa di loro, forse posso aiutarli”
“Camilla è un ex docente di filosofia, adesso è barbona a Villa Borghese, di Bertrand so poco, è barbone anche lui, qui a Parigi, fa l’elemosina all’ingresso dell’abbazia di Saint-Germain-des-Prés e conosce Camilla da molti anni, forse tra loro c’è stato qualcosa”
“Possono aver commesso un furto?”
“No, sono onesti, rubano solo dai cassonetti…però Ciocci ha dato lezioni di furto a Bertrand…me l’ero scordato…e gli assegna i compiti…Bertrand mi ha rubato Il vagabondo delle stelle…potrebbe aver fatto un errore, è un principiante”
“Non si porta un ladruncolo al quartier generale della polizia giudiziaria”
“Quindi han combinato qualcosa di grosso”
“Io so cos’hanno combinato”, fa il tassista.
“?”
“L’ha detto la radio, hanno arrestato due terroristi della temibile banda che voleva assassinare la first lady e forse anche il marito…”
“La radio, accenda la radio!”
Il tassista cerca un notiziario, lo trova, alza il volume.
“…per depistare i gendarmi facevano finta d’essere la solita coppia di turisti innamorati che vaga per Parigi giurandosi amore perpetuo, ma era solo teatro. Hanno continuato a recitare anche dopo l’arresto, evidentemente non immaginavano che le immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza dell’Eliseo sarebbero state immediatamente analizzate dagli esperti e distribuite agli agenti. Li hanno trovati a Place des Vosge, davanti a casa di Victor Hugo, e portati subito al Quai des Orfèvres. Si cercano intanto gli altri componenti della banda, è stato diffuso il loro identikit, la polizia ritiene che sia questione di poche ore, forse minuti…”
Il tassista aggiusta lo specchietto retrovisore, mi osserva in silenzio, poi fa un sorriso.
“Non ti preoccupare, compagno, con me puoi star tranquillo, però eviterei il Quai des Orfèvres, a casa mia sarete al sicuro”
Fa un inversione a U senza aspettare la risposta, spinge la tavoletta e parte a razzo.
“Si fermi, non siamo terroristi!”, grido disperato.
“Lascia stare, ha ragione lui, se ti trovano finisci nei guai, al Quai des Orfèvres ci vado da sola…mi faccia scendere per favore, io non faccio parte del gruppo”
“Fiancheggiatrice?”
“No, solo amante del capo”
“Compagna?”
“Per niente”
“Allora ti faccio scendere”.
Si ferma davanti a una fila di taxi, poi riparte diretto non so dove. Dopo dieci secondi suona il cellullare, è Adelina, dice che risolve tutto lei, ha amici potenti al Quai des Orfèvres.
“E io cosa faccio?”
“Aspetti, leggi un libro, scrivi un sonetto, passi l’aspirapolvere…”
“L’aspirapolvere?”
“Certo, è il modo migliore per rilassarsi, una specie di hobby”
“Adelina…chi sei?”
“Sono Adelina…se non vuoi passare l’aspirapolvere puoi chiedere al tassista se puoi passare la livella sui quadri del salotto”
“Adelina…vengo meno…e non ci sei tu ad aiutarmi col bocca a bocca…e dal seno palpitante sento l’anima partir…”
“Non dire stupidaggini, chiedi al tassista se ha quadri in salotto”
Lo chiedo, dice che ha solo ritratti di Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer.
“Ha solo ritratti di Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer”
“Vanno bene lo stesso, prendi una livella e mettili bene in linea con la superficie terrestre, distende i nervi…ti chiamo tra un po’”
L’aspirapolvere, la livella…è troppo, ho la sensazione d’essere circondato da un équipe di scienziati che mi hanno scelto come cavia per un esperimento…chissà cosa vogliono scoprire…quanto tempo resisto alle loro continue perfidie…devono conoscermi molto bene…deve essere stata Carmela, la mia domestica, a fare la spia, deve aver raccontato dell’aspirapolvere, della livella, delle pantofole allineate a nord, dell’ordine maniacale negli armadi e dentro il frigo…quando torno la licenzio…il taxi intanto procede spedito sulla périferique, credo in senso antiorario…io chiudo gli occhi…dormo.

domenica 25 marzo 2012

ADESSO ALTRE PECORE capitolo quarantatre



anche per questo capitolo si suggerisce la lettura  solo agli adulti


 QUARANTATRE

Cosa altro mi aspetta di sconclusionato in questa città? Me lo chiedo lavandomi i denti e continuo a chiedermelo mettendomi il completo chic che mi ha rubato Ciocci, bello avere amici ladri. Poi scendo le scale a rotta di collo, saluto il gangster alla reception facendogli capire col mio bonjour cromatico ascendente che io vado a spassarmela e lui no ed esco in strada. Ciocci mi apre la porta del taxi con un inchino, Adelina è già dentro, ha un completo blu notte RAL 5022, è uno spettacolo.
“Camilla e Bertrand?”, chiedo a Ciocci.
“Han deciso di conoscersi meglio, ma credo si conoscessero già molto bene”
“E tu? Non vuoi conoscere qualcuno?”
“No, io conosco Svetlana, dove andiamo?”
“Al Bois de Boulogne”, fa Adelina.
“Lo sapevo già…volete andarci normali o con emozioni?”
“Sarebbe?”
“Normali vuol dire senza inseguimenti e sparatorie, una noia”
“Allora normali”, diciamo in coro.
Ciocci avvia il taxi a circa cinque all’ora, in segno di profondo disappunto, o forse per convincerci a cambiare idea. Noi però ci dimentichiamo il taxi, Parigi, Ciocci, tutto, stiamo seduti abbracciati a scambiarci segni di amore perpetuo convinti come tutti gli innamorati di essere gli unici al mondo a provare emozioni di tale incredibile intensità. Poi, potrebbero essere pochi minuti oppure un’ora, Ciocci spara una raffica di mitra in aria e noi torniamo sulla terra.
“C’era bisogno di sparare?”
“Le ho provate tutte, non c’era verso di schiodarvi e ho dovuto sparacchiare, ma ho ucciso solo due merli e una cinciallegra”
“Poverini”, fa Adelina.
“È la vita, un giorno ci sei un altro no”, conclude Ciocci molto saggio.
Scendiamo dal taxi e ci avviamo verso il laghetto, Adelina vuole fare un giro in barca, dice che remare mi aiuterà a digerire. Ciocci farà un giretto in zona, ha qualche affare da sbrigare nel sedicesimo arrondissement e nella vicina Neuilly-sur-Seine, tornerà a prenderci a mezzogiorno.
“Bellissimo il Bois de Boulogne, che significa Bois de Boulogne?”, domando a Adelina.
“Bois è bosco, Boulogne perché il parco confina con Boulogne-Bilancourt, un comune situato nel dipartimento dell’Hauts-de-Seine
“Boulogne-Bilancourt…”
“C’è nata Catherine Spaak”
“Catherine Spaak?”
“L’attrice de Il sorpasso, del ’62, con Trintignant e Gassman, non puoi non averlo visto”
“Non l’ho visto, sono pittore, non ho tempo”
“Allora conoscerai Juan Gris, lui a Boulogne-Bilancourt c’è morto”
“Juan Gris?”
“È il nome d’arte di José Victoriano Gonzalez, nato a Madrid il 23 marzo 1887, amico a Parigi di Matisse, Braque, Léger, Modigliani, Picasso, esponente di spicco del cubismo sintetico…”
“Ma come fai di cognome, Treccani?”, dico spiritosissimo.
Arriviamo al laghetto, molto più grande di quello di Villa Borghese ma senza il Tempietto di Esculapio, questo va detto. Ci sono decine di barche a remi ormeggiate a riva, una attaccata all’altra, in un groviglio esteticamente meraviglioso. Trovo nella tasca destra una macchina fotografica, ce l’avrà messa Ciocci quindi è rubata, scatto qualche fotografia alle barche e ad Adelina. Mi sento talmente felice che potrei tuffarmi nell’acqua gelida del laghetto, mi sembra di vivere un amore da diciottenne, totale e inebriante. Per questo decido di nascondere a me stesso tutte le cose strane che continuano a capitarmi, evito di pensare che Lucie è sorella di Ciocci, che Adelina sapeva che Ciocci ha rubato un altro taxi, un altro? Ma allora sa tutto! Appunto, evito di pensarci e mi riempio i polmoni del profumo di Adelina e degli alberi secolari della foresta di Rouvre. Foresta di Rouvre? Perché ho scritto foresta di Rouvre? Perché so che il Bois de Boulogne era chiamato foresta di Rouvre? Giuro che non l’ho mai saputo. Vabbè, evito.
barchette del bue de bologna, foto scattata dall'autore nel ventesimo secolo
Affittiamo una barchetta, bella, affilata, da corsa. Sembriamo i tipici innamorati di tutti i laghetti cittadini del mondo, io remo, lei mi sorride, io le dico ti amo, poi qualche battuta spiritosa, ridiamo, smetto di remare, ci baciamo, qualcuno da riva ci applaude, riprendo a remare con più vigore per placare il desiderio che quei baci hanno innescato, ma so che è inutile, appena smetto sarò solo più stanco, il desiderio resta.
“Mademoiselle Troischiens”, dico parecchio spiritoso.
“E tu come ti appelli?”
“Gli amici di Ponte Sisto mi chiamano megliodigiotto
“Me li presenti?”
“Due li conosci già, Ciocci e Camilla, li ho portati con me, da solo non ce la facevo a trovarti”
“Cercavi proprio me?”
“Si…un giorno ti spiego tutto…adesso godiamoci la gita in barca…”
“Sei strano…non sarai mica svitato?”
“No, non credo”
“Guarda che a me piacciono un tot fuori di testa, ti amerei lo stesso, anzi di più, quelli seri sono una rottura di cabasisi, come dice mio padre”
“Cabasisi?”
“Palle in siciliano…possibile che non sai neanche questo? Ma lo leggi Camilleri?”
“Non ho tempo…tu dove lo trovi il tempo?”
“Leggo alla reception, è il lavoro ideale per chi ama la lettura, tra le dieci e mezzogiorno non succede mai nulla, il pomeriggio è anche meglio”
“Ma perché stai alla reception? Non sei la proprietaria?”
“Uno stipendio in meno, e poi mi piace, leggo”
“Hai mai letto qualcosa sulla metempsicosi?”
“Certo, a scuola Platone, ho anche ricordi vaghi di Empedocle, poi Rudolf Steiner, Tommaso Palamidessi, Jim Tucker, qualche anno fa ho iniziato Same soul, many bodies di Brian Weiss ma ho dovuto smettere subito, è un cumulo di mondezza che neanche Napoli riesce a produrre in un anno”
Same soul, many bodies…stessa anima, molti corpi…non l’ho letto…neanche gli altri…io non leggo…mai…solo City…è gratis…me lo danno gratis…si…lo danno gratis…alla fermata del 64…del 64…si…”
Perdo i sensi, ancora una volta, sono un disastro. Per fortuna lo svenimento dura poco, Adelina ha fatto di nuovo il bocca bocca e di nuovo abbiamo continuato. Dopo un po’ che tubavamo abbiamo deciso di chiamare Ciocci e farci portare all’albergo. Ho remato fino a riva, pagato l’ometto che affitta le barche e fatto il numero di Ciocci.
“Sono io, vieni a prenderci”
“Non posso, sono al Quai des Orfèvres, hanno arrestato Camilla e Bertrand”
Sverrei di nuovo, Adelina lo capisce subito e mi molla un poderoso calcio negli stinchi. Le dico che hanno arrestato Camilla e Bertrand, dice andiamo, ci penso io.

sabato 24 marzo 2012

ADESSO ALTRE PECORE capitolo quarantadue

in copertina l'editore e Roberto C. con tutti i capelli in testa, l'autore al centro aveva già allora il parrucchino


QUARANTADUE

Mi sveglio affamato nel cuore della notte, ho di nuovo saltato la cena. A pensarci bene ho saltato anche il pranzo. Rimango supino guardando il soffitto, pian piano i ricordi tornano a galla e son preso da mille diverse emozioni. Calma, inutile agitarsi, e poi non ce n’è motivo, ho trovato Adelina, non solo l’ho trovata, l’ho anche baciata eccetera, cosa voglio di più? Son venuto a Parigi per questo, adesso posso tornare a Roma, con Adelina.
Decido di trascrivere gli avvenimenti di ieri sul portatile, così passa prima il tempo, sono ancora le quattro e il breakfast è solo alle sette. Apro il computer, vado all’ultimo capitolo che ho scritto, il numero trentaquattro, rileggo l’ultima riga (“ma adesso ho scoperto che non sono il solo a sapere, c’è Jack London, che nel frattempo sarà migrato dentro altri involucri, adesso chissà chi è o cosa è, lo scoprirò, finalmente potrò parlare con qualcuno”) e inizio il capitolo trentacinque con la colazione di ieri al Saint Germain e la lettura de Il vagabondo delle stelle. Arrivato al primo bacio della signorina (ancora non sapevo che fosse Adelina) mi viene un brivido d’emozione e quasi non riesco a continuare. Poi mi riprendo e continuo, Cenerentola, Cendrillon, Aschenputtel, mi prendono in giro per le scarpette, Ciocci estrae la Colt M1911 ed entra nel negozio di scarpe, la fuga in taxi mentre Bertrand ci racconta Cenerentola in danese, la visita al Musée d’Orsay, Il vaso blu di Cézanne, poi la Zuccheriera, pere e tazza blu, Camilla telefona a Lucie, e qui mi fermo di nuovo col cuore a mille, e si, la sua risposta è incredibile: non viene ma spiegherà tutto a Ciocci! A Ciocci! Perché?
Sono arrivato al capitolo 37, sono ancora le sei del mattino, decido di andare avanti, inizio il il capitolo 38 con l’uppercut di Camilla, proseguo con l’incontro alla caffetteria del museo e trascrivo la frase pazzesca di Ciocci, Lucie non viene perché “non ha voglia di entrare in questa storia, ritorna nei meandri prima che sia troppo tardi, dice che non ne vale la pena dopo quello che è successo stamattina”. Si riferiva al bacio con la signorina della reception (Adelina!), ormai è tutto più chiaro, ma lei come faceva a saperlo, ci aveva visti? Impossibile. E poi questa storia dei meandri…che ci vuole ritornare prima che sia troppo tardi…mi vengono i brividi…siamo davvero falsi?
Continuo. Quando Ciocci dice che Lucie è sua sorella mi getto su Ciocci e inizia la rissa, botte da orbi, sfasciamo la caffetteria e ci riempiamo di graffi e lividi, poi al pub, poi il portafoglio gonfio di Ciocci coi soldi rubati ai turisti e di nuovo la fuga. E siamo al capitolo trentanove, Ciocci rompe il finestrino e spara con la mitraglietta, la polizia non ci molla, io d’un tratto mi sento più tranquillo, capisco che è la fine, mi rassegno alla morte imminente, tra poco sarò in un altro involucro. Nel frattempo il taxi corre a centoquaranta intorno all’obelisco di Place de la Concorde e finisce la sua folle corsa a pochi passi dall’Eliseo. Entriamo all’Eliseo, chiediamo di Carla e Nicolas, sono andati a far la spesa, usciamo, saliamo su un taxi e torniamo all’albergo. Il capitolo quaranta mi getta nuovamente in uno stato emozionale ai limiti dell’infarto, ripercorro i momenti che seguono la scoperta del libro sul comodino, Il limbo delle fantasticazioni, fino al bacio meraviglioso e inaspettato di Adelina e all’ennesimo svenimento, poi il bocca a bocca e la gioia immensa di stringerla tra le braccia…ma qualcosa turba la mia felicità, Adelina non ricorda nulla del cucù, come è possibile? Questo lo scrivo all’inizio del capitolo quarantuno, poi entrano dalla finestra le prime luci del giorno, guardo l’orologio, sono le sette e dieci, spengo il computer e scendo giù a far colazione.
Alla reception c’è un tipo losco con la faccia da ergastolano, deve essere il portiere di notte. La sua vista mi fa venire in mente il sogno di stanotte, ricordo benissimo che facevo colazione con mia moglie, che ero il fratello di Ciocci e che avevo la faccia di Anthony Quinn in Zorbas il greco, ma il resto è tutto via, chissà dove, forse nei meandri. Chiedo all’ergastolano notizie di Adelina, lui mi guarda malissimo e dice che non sono affari miei. Rinuncio subito, ne ho prese abbastanza in questi due giorni, son pieno di lividi. Però gli dico un merci con un tono che nelle mie intenzioni dovrebbe ricordargli che lui è un poveraccio e io no (anch’io posso essere perfido), e che io bacio Adelina e lui al massimo la moglie baffuta. Non so se ha capito, per sicurezza scendo rapidamente le scale e mi siedo al mio tavolino. Al cameriere dico semplicemente tutto, mi porti tutto, ieri ho saltato pranzo e cena.
Alle 7,25 il cameriere torna sorridente con un piatto di tagliatelle ai funghi porcini. Io mi alzo e lo abbraccio, lo stringo forte e gli dico grazie, lei è un santo. Lui risponde lo so.
Mi getto a capofitto sulle fettuccine, sono da leccarsi i baffi, il cuoco dev’essere toscano o umbro, quando ho finito alzo lo sguardo oltre il piatto vuoto e vedo davanti a me il secondo, un arrosto di manzo, asparagi, melanzane, zucchine e peperoni. Chiamo il cameriere, lo abbraccio di nuovo e gli chiedo nome e indirizzo, gli voglio mandare un regalo dall’Italia, una natura morta con asparagi, melanzane, zucchine e peperoni. Lui mi da il suo biglietto da visita, ma la cosa strana è che l’aveva già pronto in mano prima che glielo chiedessi. Cosimo Altavista, così si chiama, non è proprio un nome da cameriere, e infatti mi viene qualche dubbio, fugace però, perché di nuovo mi scaravento sul cibo come un tarantolato. Dopo il dolce e la frutta Cosimo mi chiede se desidero ancora qualcosa e io rispondo adesso posso fare colazione.
“Un cappuccino?”
“Una caraffa di caffè ristretto, succo d’arancia ricco di antocianine, cornetti alla crema, pane burro e marmellata, questa roba qua, anche due vasetti di yogurt ai frutti di bosco”
“Antocianine?”
“Ma si certo, non sa cosa sono?”
“No, mi dispiace”
“Sono pigmenti idrosolubili appartenente alla famiglia dei flavonoidi responsabili del colore rosso dell’arancia, hanno proprietà antiossidanti, reagiscono con l’ossigeno molecolare e i radicali liberi riducendo i danni che possono provocare a cellule e tessuti”
“Mizzega!”
“Signor Cosimo Altavista, dica la verità, lo sapeva già”
“A dire il vero lo intuivo”
“Lei è d’origine italiana?”
“Si, ma sono nato a Palo Alto, in California”
“Meglio Parigi”
“L’azienda ha avuto dei problemi e son venuto qui”
“Capisco…conosce Adelina?”
“Certo che la conosco, è la proprietaria dell’hotel, ha preparato lei le fettuccine”
Non ha finito di dire fettuccine che dietro le sue spalle appare lei, splendida, vestita da cuoca, col celebre cappello bianco. Io resto immobile, come Don Bartolo.
“Allora? Buone le fettuccine?”
“Un miracolo, ma tu chi sei? Una santa? Una maga? La madonna?”
“Solo Adelina, i miei cuochi ogni tanto mi fanno cucinare, stanno sempre dietro a criticare, a volte riescono pure ad aggiungere sale o pepe, però alla fine mi fanno i complimenti, anche perché se no li licenzio, l’albergo è mio”
“Adelina…”
“Adesso ti faccio la spremuta, poi ci facciamo una passeggiata, hai bisogno di digerire, ti porto al Bois de Boulogne”
Scompare di nuovo e dopo un istante Cosimo mi porta la colazione. Sotto la spremuta c’è un bigliettino: Ciocci ha rubato un altro taxi, ci porta lui al Bois de Boulogne, ci vediamo alla reception tra un quarto d’ora, tua Adelina.

venerdì 23 marzo 2012

COMUNICATO STAMPA

Ma succede anche a voi che per quanti servizi compri  alla fine  ti rimangono solo i cucchiai, come donne in tempo di guerra, e le forchette  quelle poche rimaste son sempre in lavapiatti?

ADESSO ALTRE PECORE capitolo quarant'uno


Attenzione!  Questo capitolo è vietato ai minori di diciott'anni 

QUARANTUNO

“Il bacio?”
“No, il libro”
“Il libro?”
“Si, Il limbo delle fantasticazioni
“Sei stata tu?”
“Si, la tua Adelina”
Non ho retto, sono finito per terra di nuovo, fortuna che c’era la moquette. Adelina (Adelina!) mi ha portato nella mia stanza, mi ha steso sul letto e ha fatto il bocca a bocca, ha funzionato benissimo, poi abbiamo continuato.
Adesso giaciamo abbracciati, dire che siamo felici è poco, ho trovato Adelina, anzi lei ha trovato me, o forse ci siamo trovati, io sono venuto a Parigi nel suo albergo, lei ha capito chi ero…ma poi che importa? Adesso siamo di nuovo insieme, felici.
“Sei molto meglio del cucù”
“Cucù?”
“Ma si, il cucù, non ricordi?”
“No…sei pallido, devi riposare…”
“Sei Adelina?”
“Si, certo, ma che c’entra il cucù?”
“Prima eri un cucù…”
“Neanche per idea, son sempre stata Adelina”
“Questo lo so, anche da cucù”
“Devi riposare…vado a prenderti qualcosa…una spremuta d’arancia…una camomilla…”
“Un doppio bourbon, è quello che ci vuole, anzi due coppe di champagne per festeggiare”
“Io non bevo, sono in servizio”
“Allora va bene la spremuta”
Adelina fa un sorriso preoccupato, io rimango steso a guardare il soffitto, ci capivo poco prima, adesso anche meno, è Adelina ma non sa nulla del cucù, è stata lei a mettere il libro sul comodino, perché? Perché proprio quel libro? Possibile che si chiama Adelina ma non è la mia Adelina? Impossibile.
Entra con la spremuta, la bevo, sento che mi da forza per affrontare la situazione.
“Eccellente, l’hai fatta tu?”
“Si, con arance sanguinello della provincia di Catania, me le manda la mamma”
“Vieni da lì?”
“Da Motta Sant’Anastasia, ci crescono le arance più buone del pianeta perché l’Etna è vicino, quindi è una zona fertile con clima molto secco e forti escursioni di temperatura tra il giorno e la notte, ideale per la produzione di antocianine”
“Antocianine?”
“Sono pigmenti idrosolubili appartenente alla famiglia dei flavonoidi responsabili del colore rosso dell’arancia, hanno proprietà antiossidanti, reagiscono con l’ossigeno molecolare e i radicali liberi riducendo i danni che possono provocare a cellule e tessuti”
“Mizzega!”
“Lo sapevi già, mi hai messo alla prova, hai l’aria del professore…”
“Non lo sapevo, non so quasi nulla io, sono pittore, lo sai benissimo Adelina”
“Perché dovrei? Ci conosciamo appena! Però sei proprio strano…dai riposa un po’, vengo tra un’oretta a vedere come stai, devo tornare alla reception”
Mi bacia ed esce, resto sul letto ancora più confuso, ma chi è questa qui? È Adelina, sono sicuro, però Adelina non avrebbe mai parlato di antocianine, quindi la sua anima è finita nell’involucro di una ragazza istruita, con ottima memoria, proprietà di linguaggio e soprattutto piedi per terra, il contrario dell’Adelina di prima…questa se viene a vivere con me è capace di tenere la casa in condizioni igieniche perfette e magari sostituisce ogni primo del mese la busta dell’aspirapolvere…bè, sarebbe meraviglioso…però l’anima di Adelina soffre lì dentro, lei così svagata nel corpo di una precisina che sa tutto…può essere un caso di grave incompatibilità…può lasciare l’involucro anzitempo…e poi?
E poi che succede? Se viene a stare da me corro il rischio di trovarmi da un momento all’altro con una tizia senz’anima…una tragedia…devo stare molto attento…però…però in fondo può anche essere che sa tutto degli aranci e nulla del resto, quindi inutile preoccuparsi, devo solo conoscerla meglio, studiarla un po’.
Con questi ultimi pensieri riesco pian piano a tranquillizzarmi, guardo ancora il soffitto per due minuti, poi mi addormento.
Sogno d’essere il fratello maggiore di Ciocci, un temuto assassino seriale, uccido a tema. Sto facendo colazione con mia moglie Lella, decidiamo il tema.
“Falsi grassi?”
“Già fatto, ne abbiamo fatto fuori venti, possibile che ti scordi tutto!”
“Allora politici”
“Ma se han dovuto rifare le elezioni perché ho massacrato il parlamento!”
“Scusa, è vero, è che ne hai ammazzati così tanti che li confondo”
“Capita anche a me, tesoro, e credo di sapere perché: il politico può appartenere anche ad altre categorie tematiche, agli arroganti, ai presuntuosi, ai furfanti eccetera, così se decidiamo di far fuori i presuntuosi finisce che accoppiamo anche qualche politico e viceversa. Forse dovremmo essere più selettivi e stabilire temi più precisi, tipo critici d’arte presuntuosi di sesso maschile molto attaccabrighe e maneschi, oppure primi ministri assatanati di sesso e pedofili o anziani conduttori di telegiornali faziosi, non sarebbe più seplice?”
“Si, ma così diventi un assassino e basta, rinunci alla serialità, non dimenticare che hai scelto questo mestiere per essere ricordato dai posteri, gli assassini seriali rimangono impressi per generazioni”
“Hai ragione, tesoro, io voglio essere ricordato per sempre, voglio essere studiato, citato nelle tesi di laurea in criminologia…”
“Con tutti quelli che hai ucciso si potrebbe fare una serie televisiva”
“Che idea splendida…il protagonista invece d’essere un ispettore è uno spietato assassino, non lo prendono mai, uccide una ventina di persone a puntata, pian piano diventa simpatico al pubblico…sarebbe un sogno…”
“Già, ma chi la produce una roba così?”
“Nessuno…i tempi non sono maturi…ho scelto una professione che stenta ad essere equiparata a quella di un medico o un magistrato, chissà perché…anch’io faccio del bene, finora ho ucciso solo furfanti, malfattori, putride scorie che inquinavano l’ambiente recando danni all’umanità, possibile che non se ne siano accorti?”
“Dovrebbero farti una statua”
“Sei il mio tesoro, quando dici queste cose ti amo alla follia…bè…insomma…che facciamo? Mi sta venendo voglia di lavorare”
“Che ne dici dei dentisti?”
“Il tema mi piace, però cerchiamo di definire meglio la vittima”
“Quelli che usano poca anestesia per risparmiare”
“Bene, benissimo, mi lavo i denti ed esco, hai oliato la mitraglietta?”
“Certo, adesso vai che fai tardi”

giovedì 22 marzo 2012

ADESSO ALTRE PECORE capitolo 40

bene visto che questa è la copertina vincitrice (solo perchè ritrae anche Ged ) coprirà il resto dei capitoli

QUARANTA

Mi butto sul letto e chiudo gli occhi. Mi sento vuoto, un involucro vuoto, come se la mia anima fosse già via, forse è così. Sono venuto a Parigi in cerca di Adelina e invece mi capitano solo guai, svenimenti, risse, fughe, sparatorie, una persona mite e tranquilla non può reggere a tanto. Potrei chiedere a Ciocci e Camilla di ricominciare tutto da capo, di far finta che siamo appena arrivati, ma sarebbe inutile, Ciocci si diverte a fare il gangster, si sente invincibile in quanto falso, letterario, mentre Camilla vive in un mondo tutto suo, dieci metri più in alto dei comuni mortali, dall’alto ci osserva come una mamma che guarda i suoi bambini bisticciare per delle sciocchezze, piangere, affannarsi inutilmente.
E allora che faccio? Se penso, come sto facendo, scopro cose che non vorrei sapere. Soprattutto se penso a Ciocci, a quello che fa, a come lo fa, tranquillo, sicuro che nulla potrà accadergli, tanto se finisce in prigione poi ci pensa babbo a tirarlo fuori, deve tirarlo fuori per forza, dice Ciocci, perché altrimenti il romanzo si blocca, senza Ciocci non può andare avanti…è pazzo, non c’è dubbio, però c’è qualcosa in quello che dice che mi turba…insomma…e se avesse ragione?
Rimango supino sul letto del Saint Germain, cerco di non pensare ma è impossibile, mi vengono in mente le immagini folli della fuga in taxi, di Ciocci che spara dal finestrino, di Bertrand spiritato che fa volare il taxi sul Quai Anatole France, del dialogo insensato con i gendarmi dell’Eliseo, Sarkozy è andato a comprare il pane...i presidenti non fanno la spesa e neanche le first ladies, Carla Bruni è andata a comprare il latte…impossibile…e poi già che c’era poteva comprare anche una baguette per il marito, o ciascuno fa la spesa per sé? Si dividono anche il frigo presidenziale? In alto la roba mia, in basso la tua e non mi fregare la marmellata, Nicolas, e tu non mi fregare lo yogurt, Carla…no, non può essere…solo nei libri…solo nei libri!
Apro gli occhi, scopro sul comodino un libro che prima non c’era, qualcuno deve averlo messo lì, si intitola Il limbo delle fantasticazioni, l’autore è un certo Ermanno Cavazzoni, mai sentito prima, io non leggo, non ho tempo. Apro a caso, leggo qua e là, all’inizio mi distrae dai miei pensieri, poi però trovo questa frase tremenda:

La biblioteca invece è un luogo pieno di morti che non si dan pace. Non è carta quella disposta in fila ordinata e in volumi entro le teche. Sono anime. Anime piene di speranza di vivere e di risorgere. Ma se qualcuna ogni tanto e per breve tempo risorge, nel senso che il libro viene richiesto, sfogliato e, per così dire, rianimato…e qui bisogna precisare che le resurrezioni possono essere deboli, ossia di pochi minuti, di poche ore; dopo di che il libro rimuore, viene restituito e riadagiato, senza che abbia veramente ripreso vita. Ossia è falso che ci sarà la resurrezione garantita, generale e completa, anche se ogni libro ha per sua necessità questa fede.

Resto di stucco, come dopo Jack London, chi diavolo ha messo questa roba sul comodino? Chi l’ha fatto vuole che diventi matto, questo è sicuro, che impazzisca e decida di farla finita gettandomi nella putrida Senna. Altrimenti non mi avrebbe fatto questa cattiveria, a me interessano le anime, eccome se mi interessano, ma non queste qui, queste non sono anime, sono personaggi di libri…morti se nessuno li legge…vivi se qualcuno li legge…però per poco…il tempo della lettura…allora è stato Ciocci…maledetto…è stato lui.
Mi vesto col completo che piace alla signorina dabbasso e mi precipito nella stanza di Ciocci. Entro senza bussare e gli salto addosso. Lui non oppone resistenza, mi guarda con un sorriso interrogativo mentre gli blocco le mani seduto sulla pancia.
“L’hai fatto tu?”
“Cosa?”
“Il libro”
“Che libro?”
“Hai messo tu Il limbo delle fantasticazioni sul mio comodino?”
“No, lo giuro, scendi che vomito”
“Giuralo su tua madre”
“Non la conosco”
“È morta?”
“Non lo so, non credo, non se ne parla mai, neanche una breve digressione…”
“Adesso ti ammazzo…con questa storia mi stai facendo impazzire…giura su tuo padre che non mi hai messo il libro sul comodino!”
“Lo giuro…sul mio babbo…dai scendi che vomito”
“E allora chi l’ha messo? Camilla?”
“Ma si, Camilla, vatti a galoppare Camilla, io non c’entro niente”
Vado da Camilla, questa volta busso.
“Sei stata tu?”
“A che fare?”
“A mettere il libro sul mio comodino”
“No…che libro?”
“Il limbo delle fantasticazioni”
“Bello?”
“Tremendo, parla di libri, di anime”
“Quindi perfetto per te”
“No, le anime sono i personaggi, vivono solo se uno li legge”
“È un topos”
“Pensavo fosse stato Ciocci, ma lui giura sul babbo, se non sei stata tu chi può essere stato?”
“Bertrand?”
“Già, Bertrand, vado da lui”
Vado da Bertrand, sto per bussare alla porta quando dall’ascensore esce fuori la signorina della reception, bella più che mai. Si avvicina sorridente, mi bacia.
“Ti è piaciuto?”

mercoledì 21 marzo 2012

votate la copertina che preferite, non si procede se non si raggiunge il quorum

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