non mi crederete ma io il capitolo non l'avevo letto
VENTIQUATTRO
In
chiesa c’è venuta fame, così abbiamo deciso di andare subito a un
ristorante francese. All’uscita ho invitato Bertrand, lui ha detto
che non poteva, era vestito male, allora Ciocci l’ha preso da
parte, gli ha sussurrato qualcosa e poi ci ha detto di cominciare ad
andare, ci avrebbero raggiunti tra dieci minuti letterari Chez
Bérénice et Bernadette, ci è andato spesso ed è ottimo, si
trova in Boulevard Raspail all’angolo con Rue de Varenne.
Si
allontanano, sappiamo benissimo le intenzioni di Ciocci, ma cosa
possiamo fare? Camilla non sembra preoccupata, secondo lei il furto
non è un’azione malvagia se condotta con forte senso etico, cioè
solo ai danni dei troppo ricchi. Si tratta di ridistribuire le
ricchezze in modo equo, così dice. Io sono contrario a qualsiasi
azione fuori legge, pago le tasse, faccio il biglietto dell’autobus,
butto la cartaccia negli appositi cestini, insomma faccio tutto
quello che si deve fare, però il furto ai danni dei troppo ricchi
suscita in me profonde emozioni di intensa gioia, perché se son
troppo ricchi qualcosina hanno combinato. Loro, i genitori o i nonni,
è lo stesso.
Ci
avviamo su Boulevard Raspail ciascuno coi suoi pensieri. Io penso ad
Adelina e alle scandinave, mi sono messo in testa che dev’essere
norvegese ed è stato uno sbaglio. Oltre al fatto che non è
scientifico, non posso pretendere che l’anima di Adelina vada dove
voglio io. Può essere un portacenere, un semaforo, una lepre e poi
certo, può anche essere una Ingrid bionda cogli occhi azzurri, ma
sarebbe puro culo. Quindi mi riprometto di non guardare solo le
scandinave ma l’intero creato. Poi mi viene un altro pensiero che
riguarda sempre le scandinave. Come posso io, uomo di scienza,
sperare che il prossimo involucro di Adelina sia già adulto? Le
anime prediligono gli involucri appena nati, si sa, perché mai
dovrebbe Adelina fare eccezione? Un’eccezione era il trasloco
dall’abete al maestro di sci, l’anima che albergava nell’abete
non ne poteva più per colpa delle sciatrici ed è volata dentro al
maestro di sci, ma l’ha potuto fare solo perché nel momento
preciso in cui è uscita ha avuto la fortuna di imbattersi in un
maestro senz’anima. Vedremo adesso che non era esattamente fortuna.
Che
fosse un maestro senz’anima è facile immaginare, lo sono quasi
tutti, soprattutto quelli che insegnano ai principianti. Si dice che
non abbiano sensibilità, ma è l’anima che gli manca, fanno fare
cose insopportabili agli allievi, tipo risalire la pista a
scaletta, una faticaccia. Questo per vendicarsi, non ci son
dubbi, i montanari odiano i cittadini, li considerano grandissimi
mona, che nel loro dialetto significa persona particolarmente
stupida e credulona. E poi sono gelosi delle loro mogli e
fidanzate, perché loro, i maestri di sci, si credono irresistibili,
e infatti durante la settimana bianca quelle non resistono, poi però
se ne tornano sempre in città. Pochissime restano in montagna. Per
questo i maestri di sci hanno sviluppato un odio per i cittadini che
si manifesta soprattutto nella nota perfidia con i più deboli, i
principianti.
(Ci
sarebbe da aggiungere che le cittadine sono attratte dai maestri di
sci per la tuta bellissima strafiga, l’abbronzatura da orgasmo e
gli occhiali a specchio, ma quando è il momento della copula il
maestro la tuta non ce l’ha, gli occhiali nemmeno, e l’abbronzatura
solo in faccia, con quell’effetto ridicolo denominato il
fiammifero. Se poi si aggiungono l’eccesso di alcolici che
caratterizza quei popoli montani, il quale come è noto compromette
le prestazioni sessuali, e l’alito perfido che esso produce, si
capisce bene che il risultato per le cittadine è sempre deludente).
Continuo
il pensiero di prima, anche se l’argomento maestri di sci mi
interessa moltissimo per le numerose implicazioni. Dunque, come ho
già detto, era certamente facile per l’anima di quell’abete
passare da un involucro adulto vivo ad un involucro adulto vuoto,
visto che di involucri adulti vuoti in montagna è pieno, sono i
maestri di sci. Non è facile invece per un’anima che vive in città
(come la mia Adelina) trovare un involucro adulto ancora disponibile
che non sia un malfattore violento farabutto perverso, uno insomma
senz’anima. Per questa ragione la speranza di trovare
Adelina dentro una Ingrid rimarrà probabilmente delusa, quindi
meglio non illudersi e prepararsi al peggio.
Ad
esempio a un ciclista. Se scopro che Adelina è diventato un ciclista
che faccio? Che cavolo faccio? Già il fatto che sia un uomo è una
tragedia, certo potrei provare a fare un po’ di amicizia, prendere
un caffé, ma poi? Con un ciclista non si possono scambiare tre
parole di fila, è una categoria professionale priva di favella, si
vede all’arrivo dei tour, non riescono a dir nulla. Però i
cronisti si ostinano a intervistarli, gli fanno le solite domande e
loro rispondono con monosillabi e fiatone. Che sia il fiatone che gli
impedisce di rispondere? Non credo. Senza voler essere razzista, ma
un po’ lo sarò per forza e me ne scuso in anticipo, penso che la
ragione sia semplice: i ciclisti sono tutti padani (e questo è
logico perché la pianura è il luogo ideale per andare in
bicicletta) e i padani, come è noto, sono persone eccessivamente
buone, ingenue, candide, innocenti, oneste, insomma naïve, tendenti
però al pesce lesso o a una verdura invernale a scelta tra carciofo,
broccolo, cavolfiore, cicorione e rapa. Giunto al traguardo il
ciclista padano non sa che dire, va avanti a monosillabi e parole in
dialetto che non capiscono neanche i suoi compaesani di Valnogaredo o
Monselice per via del fiatone. Se poi quel ciclista è arrivato primo
e se lo baciano le due vallette gnocche, allora si capisce ancor meno
per via delle fregole che gli si scatenano all’istante ovvero del
desiderio impellente di accoppiarsi con una delle due o entrambe. Ma
quelle son pagate per un bacio (pagate bene perché baciare un
ciclista all’arrivo fa schifo, è come baciare un’anguilla,
scivola via), quindi ad accoppiarsi non ci pensano proprio. Dopo il
bacio delle vallette il ciclista, oltre ad essere per sua natura (in
quanto padano) privo di abilità dialettiche, è anche molto
innamorato, anche se il termine appare inadeguato, e quindi è più
difficile capire quel che dice al cronista perché al fiatone normale
si aggiunge quello del desiderio sessuale. E poi ha fretta di andare
dalle vallette. Quest’ultimo periodo è contorto, ma il senso c’è.
(I
ciclisti padani pedalano come tarantolati per la gloria o per il
bacio finale? Non si saprà mai, loro dicono sempre per la
squadra)
Se
ho definito il padano in modo così offensivo, generalizzando e
dunque mettendo nello stesso pentolone anche fior di intellettuali
che di padano hanno solo l’accento, è perché quei popoli immersi
nella nebbia e rintronati dalla grappa ci chiamano terroni
ovvero incapaci, fannulloni, profittatori eccetera. A costoro rendo
pan per focaccia: noi siam terroni, ma voi pesci lessi o una verdura
a scelta. Meglio terroni. Questo periodo non è contorto, ha senso,
ma poi lo casso.
Siamo
arrivati al ristorante Chez Bérénice et Bernadette, un
cameriere impeccabile ci fa strada fino al nostro tavolo e ci porta
il menù. Ci sediamo e cominciamo a leggere la lista delle
ghiottonerie tipiche della cucina francese. Non passano neanche
cinque minuti che entrano trafelati Ciocci e Bertrand. Hanno il
fiatone, paion ciclisti. Bertrand ha un completo Lauren antrace, è
elegante fino al collo, sopra è ancora barbone. Si siedono,
sorridono, Ciocci non riesce a trattenere la gioia, il furto per lui
è sale e il pepe della vita.
“Sei
un figurino, Bertrand”, fa Camilla.
“Volevo
portarlo dal barbiere ma non ha voluto”
“Un
coiffeur? Ci mancherebbe altro! Io sono un clochard, la barba segnala
ai cittadini il ruolo che svolgo nella società, senza barba sarei un
uomo qualunque che riposa davanti a una chiesa”
“Però
ogni tanto puoi lavarli quei pelazzi”
“Perdono
la forma”
Rimaniamo
in silenzio a guardare i suoi pelazzi, in effetti hanno una forma
garibaldina che due mani di shampoo rovinerebbero, sembran dipinti ad
olio, riflettono la luce, e poi restano ben saldi sulla testa senza
mai muoversi di un millimetro, il maestrale gli fa un baffo.
“Quale
sarebbe il ruolo che svolgi nella società?”, chiede Ciocci.
“Sono
un segno, la gente mi vede e riflette”
“Un
segno di cosa?”
“Questo
non lo so, lo devono scoprire loro”
“Capisco…ha
per caso a che fare con l’anarchia?”
“No”
“Con
le false certezze della vita borghese?”
“Men
che meno”
“Vabè…che
ne dite per cominciare di un piatto di escargots?”
“Le
mangio tutti i giorni al Bois de Boulogne, vive”
“Meglio
le ostriche?”
“Io
andrei subito al sodo”
“Vediamo
un po’…rane alla provenzale, manzo alla borgognona, zuppa di
cipolla gratinata, quiche lorraine, clafoutis di pomodorini, torta
salata ai porri…
“Per
me fettuccine al ragù”, fa Ciocci.
“Anche
per me”, fa Bertrand.
“Io
prendo rane e lumache, anche un paio di bacarozzi”, fa Camilla.
E se
fosse diventata un bacarozzo?
Ciclisti, maestri di sci e padani: il candidato descriva una delle tre categorie professionali e in base alla propria esperienza personale e alle discussioni fatte in classe la analizzi e la giudichi anche in riferimento a professori universitari, poeti e fannulloni.
RispondiEliminaLe tre categorie descritte dall'Autore sono meritevoli di profonda analisi e risultano tutte emblematiche e significative. Incarnano aspetti degenerativi della società odierna e secondo l'azzardata ipotesi di Myer (Dopo Darwin, l'origine della specie, 1996)categorie morali differenziative. Da ciò si deduce in prima battuta che l'autore in questo capitolo ha copiato e come al solito si fa bello con le cose degli altri. in ogni caso scelgo il ciclista, a me più vicino per esperienza personale.
RispondiEliminaIl ciclista esce da casa vestito come un gay, pantaloni aderenti neri conchiglia antiprostata. La moglie deve resistere a questo spettacolo e aspettare che torni, con le ossa integre, sudato effettivamente come un'anguilla. riempe la lavatrice dei suoi indumenti intrisi di acqua sali minerali e metaboliti di scarto e ostenta ai presenti il relax derivante dall'endorfine liberate dall'attività fisica. Continua
Roscia
Illuminato sulla metastruttura dei blog, adesso finalmente so che vi sto parlando da un armadio (o sto parlando verso/dentro un armadio).
RispondiEliminaDelle categorie citate preferisco il padano perché, tornando a casa, non sporca e non fa disordine. O meglio li può anche fare ma non per costruzione, solo perché è sporco o disordinato o tutt'e due.
Inoltre il maestro di sci - sempre come topos vanziniano: ve n'è invero di onestissimi - mi fa le corna con tutte le vecchie babbione che stanno sulle terrazze con gli specchi ustori e il gin-martini.
Del ciclista, infine, mi ispira repulsione la conchiglia. E se vedo il ciclismo alla TV, giro (rileggete attentamente: è una deliziosa freddura).
Questo è quello che penso del ciclista, del maestro di sci e del padano.
Pilon
Per l'autore.
RispondiEliminaIo "vabbè" lo scriverei con due "b". L'avevo notato anche in Piro Piro piccolo. Magari facciamo una verifica incrociata.
Dal Ministero della Pubblica Istruzione riceviamo e volentieri pubblichiamo:
RispondiElimina"Nel titolo dell'elaborato odierno c'è stato purtroppo un errore: "professori universitari, poeti e fannulloni" va sostituito con "professori universitari, poeti e altri fannulloni. Evidentemente c'è una grossa differenza. Gli allievi dell'Istituto Navale Comandante Scottino ne tengano il dovuto conto"
BIBLIOGRAFIA DEL GIORNO
RispondiEliminaMaitano Marc, L’aspirapolvere, in Trattato universale delle ossessioni, Edizioni del Litorale, Ladispoli 2011.
Maitano Marc, Hoover and Simmetry, «Journal of Clinical Investigation», XXXV (1987), pp. 67-90.
Maitano Marc, Le pulsioni erotiche dei maestri di sci in Val Pusteria, «Bollettino della Società Italiana di Sessuologia», VII (2003), pp. 3-8.
E.
Vorrei aprire una discussione sull'uso delle categorie (in questo caso le professioni) e sugli attributi alle categorie, artificiali e inanimate, e l' origine del razzismo. La casuale sovrapposizione di elementi appartenenti alle tre categorie, vale a dire per esempio un ciclista che fa il maestro di sci di origine padana potrebbe benissimo nel tempo libero fare il professore universitario e la notte scrivere poesie che pubblica a pagamento sul blog di un amico interessato. Questo potrebbe giustificare una persecuzione razziale?
RispondiEliminaRoscia
per giovannadrea:guà mi hai convointo , il prossimo anno vengo con te in tenda all'Isola Piana
RispondiEliminaRoscia
Ma tu, adesso, cosa sei? professoressa non credo, stai attaccata (per fortuna) al blog, ciclista o maestra di sci, perché no, magari ti riposi un po' nella stube, padana... ma no! i padani son tutti buoni, allora che sei? Poeta? Fannullona?
RispondiElimina(un ciclista padano di Mestre)
Chi è Matisse? Si qualifichi. Pilon
RispondiEliminaNato nel 1869 a Le Cateau-Cambrésis (Nord-Pas-de-Calais), in Francia, Henri Matisse crebbe a Bohain-en-Vermandois, nella Francia Nord-orientale, dove i suoi genitori gestivano un commercio di sementi. Era il primogenito della famiglia. Nel 1887 si trasferì a Parigi per studiare legge, lavorando come impiegato statale, dopo aver ottenuto la qualifica. Cominciò a dipingere nel 1889, durante la convalescenza seguente ad un attacco di appendicite. Scoprì così "una sorta di Paradiso", come disse in seguito.
RispondiEliminaDecise di diventare un artista, con grande disapprovazione del padre. Nel 1891 tornò a Parigi, per studiare arte all'Académie Julian, divenendo studente di William-Adolphe Bouguereau e Gustave Moreau. Inizialmente dipinse nature morte e paesaggi, secondo la tradizione fiamminga, ottenendo un discreto successo. Nel 1896 espose 5 dipinti al salone della Société Nationale des Beaux-Arts e lo stato francese ne acquistò due. Nel 1897 e 1898 visitò il pittore John Peter Russell sulla Belle Île, al largo delle coste della Bretagna. Russell lo introdusse all'Impressionismo e ai lavori di Van Gogh (buon amico di Russell, ma assolutamente sconosciuto al tempo). Lo stile di Matisse cambiò completamente, e successivamente il pittore avrebbe detto: "Russell fu il mio maestro, e Russell mi insegnò la teoria del colore".
Influenzato dai lavori dei post-impressionisti Paul Cézanne, Gauguin, Van Gogh e Paul Signac, ma anche dall'arte giapponese, fece del colore l'elemento cruciale dei suoi dipinti. Molti dei suoi quadri realizzati tra il 1899 e il 1905 fanno uso del Pointillisme, praticato da Signac. Nel 1898 andò a Londra a studiare i dipinti di William Turner.
Nel 1894 ebbe una figlia, Marguerite, dalla modella Caroline Joblau. Nel 1898 sposò Amélie Noelie Parayre; ebbero altri due figli, Jean (nato nel 1899) e Pierre (nato nel 1900), che crebbero assieme a Marguerite. Marguerite fece spesso da modella a Matisse.
La sua prima esposizione avvenne nel 1904, senza grande successo. Nel 1905 si trasferì nel sud della Francia, per lavorare con André Derain; un'esperienza durante la quale si accentuò la sua tendenza ad enfatizzare fortemente il colore. I dipinti di questo periodo sono caratterizzati da forme appiattite e linee controllate, con l'espressione che domina sui dettagli.
Al Salon d'Automne del 1905, diversi artisti presentarono quadri dai colori violenti, spesso dissonanti, per esprimere emozioni, senza riguardo per il colore naturale del soggetto. Matisse mostrò Finestra aperta e Donna col cappello. Gli artisti vennero presto denominati Fauves (fiere, bestie selvagge). Matisse fu riconosciuto come uno dei suoi maggiori esponenti; altri membri erano Derain, Georges Braque, Raoul Dufy e Maurice de Vlaminck. Il pittore simbolista Gustave Moreau fu il maestro ispiratore del movimento: professore alla École des Beaux-Arts di Parigi, spinse i suoi studenti a pensare al di fuori del solco della tradizione, per seguire le proprie visioni.
I lavori di Matisse, tuttavia, incontrarono al tempo dure critiche.
Il declino del movimento Fauves dopo il 1906 non rallentò tuttavia l'ascesa di Matisse; la maggior parte delle sue opere più celebri vennero infatti dipinte tra il 1906 e il 1917, quando era parte attiva del grande insieme di artisti che lavoravano a Montparnasse; sebbene egli non vi entrasse appieno, con le sue sembianze conservatrici e i suoi costumi borghesi restrittivi.
(continua)
(continua Matisse)
RispondiEliminaMatisse ebbe un lungo rapporto col collezionista d'arte russo Sergei Shchukin. Proprio per Shchukin realizzò La danza, uno dei suoi capolavori. Dipinse anche una seconda versione del quadro, ora nella collezione del MoMA di New York.
Gertrude Stein, l'Académie Matisse, e le sorelle Cone [modifica]Attorno al 1904 Matisse incontrò Pablo Picasso, di 12 anni più giovane. I due divennero grandi amici, nonché artisticamente rivali. Matisse e Picasso furono riuniti per la prima volta al salone parigino di Gertrude Stein e della compagna Alice B. Toklas. Durante la prima decade del ventesimo secolo, la statunitense Gertrude Stein, assieme ai fratelli Leo Stein e Michael Stein, e alla moglie di Michael, Sarah, fu un'importante collezionista e supportatrice del lavoro di Matisse. Inoltre le sorelle Cone, amiche di Gertrude Stein, divennero le principali sostenitrici di Matisse e Picasso, collezionando centinaia dei loro dipinti; ora esposti all'interno della Cone collection al Museum of Art (Baltimora).
Nel 1917 Matisse si trasferì a Cimiez, in Costa Azzurra, un sobborgo di Nizza. I lavori della decade seguente questo trasferimento mostrano un rilassamento e un ammorbidimento del suo approccio. Questo ritorno all'ordine è tipico di buona parte dell'arte seguente la Prima guerra mondiale, ed è paragonabile al neoclassicismo di Picasso o Stravinsky, e al ritorno al tradizionalismo di Derain. Le sue odalische orientaleggianti sono caratteristiche di questo periodo; per quanto popolari, alcuni critici contemporanei trovano questi lavori superficiali e decorativi.
Dopo il 1930 un nuovo vigore e una coraggiosa semplificazione appare nel suo lavoro. Il collezionista statunitense Albert C. Barnes lo convinse a produrre un ampio murale per la Barnes Foundation di Filadelfia, La danza II, completato nel 1932.
Matisse e sua moglie si separarono nel 1939. Nel 1941 gli fu diagnosticato un cancro all'intestino e, sopravvissuto ad un delicato intervento chirurgico, iniziò ad andare in sedia a rotelle. Con l'aiuto degli assistenti realizzò dei grandi collages, chiamati gouaches découpés. La sua serie di Nudi Blu rappresenta i principali esempi della tecnica denominata "dipingere con le forbici".
Nel 1947 pubblicò Jazz, un libro in edizione limitata, contenente stampe a colori di collage, accompagnati dai suoi pensieri. Negli anni '40 lavorò anche come artista grafico e produsse illustrazioni in bianco e nero per diversi libri, tra cui l'Ulisse di James Joyce.
Nel 1951 finì un progetto quadriennale, consistente nella progettazione dei decori interni, delle finestre e delle decorazioni della Chapelle du Rosaire a Vence, in Francia.
Matisse morì per un attacco cardiaco nel 1954, all'età di 84 anni. È sepolto nel cimitero del Monastero di Cimiez a Nizza.
Sono Roscia, mi autentico dicendo che Gedeone mette il Fissan sotto le ascelle prima di andare a nuotare. Mi sono rotta. Posto il CAPITOLO25. L'Editore deciderà il da farsi
RispondiEliminaCAPITOLO 25
Adelina aspettava. Rannicchiata nel labirinto neurale di un hardware, in un internet point di Rue de la Concierge
“Potevo scegliere tra un computer e un tavolino da caffè. Questa volta potevo scegliere”. Per la prima volta nessuna forza estranea le si era presentata disgregando il suo vecchio involucro e trasportandola nel nuovo. Per la prima volta nelle sue vite aveva sentito i muscoli del cervello muoversi contrarsi elastici e rispondere.
“Sarebbe stato meglio il tavolino da caffè” – rispose- le anime leggono nelle anime e i pensieri sono anime-Marcello dalla tastiera del computer.
“Io avrei scelto quello: poter guradare le mutande degli avventori, delle belle ragazze, slip di ogni genere, parameci come si chiamano, scusa perizomi. Certo c’è sempre il rischio di qualche attempata signora con tanga leopardato.”
Ciò che ricordava della sua vita precedente nel portafrutta di una casa signorile erano le espressioni perplesse di chi sceglieva la preda, l’arancia più grande, la pesca più matura, sempre a discapito delle persone più care. Sguardi rapaci e e gesti lesti per fregare il frutto migliore alla moglie, al figlio denutrito, al nonno morente. Parole false agli ospiti di turno, prendi pure, tanto le albicocche mature le ho lasciate in cucina, col cavolo che te le mangi tu. Era convinto che il mondo fosse cattivo, tutto cattivo. Ingabbiato nella tastiera di un computer provava invece un continuo relax come se fosse sempre a fare massaggi thailandesi, e poi leggeva leggeva lettere alla rovescia, ballerine.
“Che le parole non esistessero l’avevo già capito quando ero un dente di cane, sugli scogli neri. Mai che i miei fratelli mi parlassero, avessero un’iniziativa, una festa che ne so, chi porta i piatti di carta?
Le urla incazzate dei bagnanti che si avventuravano nel supralitorale sembravano solo rimbombi dell’onda. Così supponeva l’inesistenza della parola ma sospettava l’esistenza della sillaba e della punteggiatura.
“Capire che le lettere diventano parole è stato emozionante –disse a Adelina.
Marcello amava vedere le lettere che prima di diventare parole ballano dentro la tastiera, decidono dove posarsi e scappano, lui non sa mai dove vanno.
“Perché ti piacciono le mutande?”- disse Adelina
“Perché sono stufo della cultura”-disse Marcello.
Adelina aveva scelto il computer, il tavolino la disgustava, per gli stessi motivi che attiravano Marcello. Nell’attimo della scelta ebbe una visione: uomini seduti che infilano le mani in tasca, riordinano gli attributi, separano parte da parte, gratticchiano i loro cari, piccole carezze di incoraggiamento, ce ne fosse bisogno, pat pat sulle spalle – dai vedrai che anche oggi qualcuno vi osserverà- tutto questo era troppo per lei e fece una scelta di genere.
Che colpo di scena! Mi piace questo andazzo. Dirò di più: mi piace questo anda e mi piace questo azzo.
RispondiEliminaIl romanzo lo scrivono i bloggers? O i post-it? I commentatori? Gli armadi? Mi rendo disponibile sulla linea di questa provocazione. E comunque sempre disponibile alla bagarre.
Pilon
Vi pare bello indagare così sulla mia vita privata? Vi denuncio per gossip (e poi mi sono separato da mia moglie perché aveva un negozio di modista. Non ne potevo più di tutti quei manichini nell'armadio)
RispondiElimina