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sabato 10 marzo 2012

CONTROROMANZO



in copertina la famigia porcu al completo



Mauro non era più Romanzo. Tal Porcu, un buzzurro mengo con catena d’oro e capelli impomatati, lo aveva fatto sloggiare mostrandogli il numeretto della sala d’attesa delle anime. Il 234987: secondo lui prima del suo. Ma Mauro, il suo, l’aveva buttato via appena arrivato nel blog. E quel tipo era minaccioso. Aveva una leppa che gli spuntava dalla tasca dei pantaloni di raso viola-segnale (RAL 4008), una cicatrice ed un berretto di rete che gli arrivava certamente fino all’omero. E forse fino al femore.
Ma lo stato delle anime, si sa (?), non è durevole. E Mauro si ritrovò ad essere vento. Qual condizione meglio si addice ad un anima? Non è forse, il vento, anima? Non è forse anemos il nome del vento, nell’antica lingua dei più saggi tra i filosofi. Non è forse l’anemone il fiore del vento, quell’armonioso genere di piante erbacee perenni rizomatose, che conta numerose specie, caratterizzate da vistosi fiori di colore rosso, blu, bianco, rosa o viola, che sbocciano dalla primavera all'autunno, a seconda della specie? Non ha forse l’anemone rizomi molto piccoli (2-3 cm di diametro)? E, last but not least, non è forse il fiore dell’anemone più grande rispetto alle dimensioni del rizoma?






Per tutto questo (ed altro ancora) Mauro fu vento. Ma non un vento normale. Mauro fu Maestrale. Si ritrovò di punto in bianco velocissimo a correre sul mare. E non avendo occhi pure vedeva tutto, e tutto insieme per un fronte di molti chilometri. E aveva una forza paurosa. Egli poteva muovere il mare: siccome un bimbo che, fattosi d’un tratto pensieroso sul far della sera, lasciati gli usati giochi forse per stanchezza o forse per la malinconia che il calar del sole induce sull’umana specie, ancorché ancora innocente e ignara della fatica del vivere, si lasci andare sull’orlo del vascone, ai margini dell’aia ancora profumata del lungo giorno estivo, e lì, con un frondoso ramo tratto da quercia antica, induca all’acqua ferma moto innaturale, fingendosi mitici naufragi e fiere dal mare emerse, paurose - a un tratto - al punto da fargli lasciare giuoco e ramo, per rifugiar correndo nell’ombra fresca della casa avita, dove il caldo sembiante della mamma, se non solo l’amata voce, possa fugar quell’ombra di fugace, orripilante inganno. Ecco: esattamente siccome quel bimbo lì.
Dicevo: Mauro fu Maestrale all’improvviso. Pensate che emozione. E che paura, anche. Muoveva velocissimo, in mare aperto. E si sentiva fresco, allegro, asciutto. Davanti a lui fuggivano certe nubi gonfie di pioggia, umide e malsane. Sotto di lui, il mare urlava e biancheggiava (poteva anche vedere stormi di uccelli neri nel vespero migrar, ma solo se guardava attentamente).
Poi all’improvviso comparvero innanzi a lui nere scogliere a dirupo. Il terrore lo colse. Viaggiava a non so quanti nodi orari e non sapeva fermarsi. Non era mai stato vento e tantomeno Maestrale. Ecco, ora… ora! L’impatto. Inevitabile. L’urto feroce, la nuova morte.
E, invece, nulla: passava, passava! Lesto ed indenne. Tra cespugli di mirto, chessa, euforbia, lentisco, cisto villoso (qualcuno ce n’era anche glabro), ginepro rosso, orniello, olivastro, pungitopo e stracciabraghe. Si incuneava tra gli scisti, e carezzava appena Il Salottino, Acqua gelinda e frizzosa, il Cammello (o Profilo di Dante), cala Trinchetto, cala Le Brache, Cala Costantini Scala, Cala Schiaffo di Lellè, l’Isola dei Porri e Coscia di donna. Inondava rocce e caverne di schiuma bianca, scagliando forte contro quei muri neri enormi rami, anch’essi glabri, cassette di legno e galleggianti rossastri, nonché certi pezzi di grandi gomene arancioni, sporche di nero.
E l’allegria che si portava dentro contagiava uomini e bestie, scacciava le tristezze, gonfiava le vele, rianimava grabiglie ed asciugava panni. “Molla caro, molla caro” gridavano davanti a lui o, meglio, a un pezzo di lui che si era infilato nella Cala del Lupo per uscirne, come da un imbuto, più forte e rabbioso. “Catta, stavamo scuffiando!”, dicevano dietro di lui. Ma tutti erano allegri. Come più belli, come più vivi, come più forti.
Mauro era Maestrale. E gli piaceva un bè.

10 commenti:

  1. Capitolo 32 (forse)

    Omaggio al Maestrale, a Mauro e al capitolo 31

    L’aria ferma, il sole cocente, la posizione scomoda convinsero il lettore a fare un tuffo nel mare molle e allentato, privo di tensione. Lasciò il libro aperto accanto all’ombrellone, con dentro un pugno di sassolini bianchi per conservare il segno. A quel punto un soffio inatteso fece scivolare via i sassolini dalla pagina. Due o tre pagina si girarono, il segno si perdette. Poi un’altra folata più decisa fece girare una per una tutte le pagine del libro, scorrendolo da cima a fondo. Qualcuno disse: eccolo, è arrivato. Qualche ombrellone volò, rincorso goffamente dai bagnanti, di qualcun altro si rinforzarono gli ormeggi. Sotto una nuova raffica il libro, euforico, fece due o tre capriole. La rilegatura cedette (era una edizione pubblicata in proprio) e le pagine bianche e nere si sparsero nell’aria e salirono verso l’alto, come un gruppo di gabbiani che spiccano il volo dal bagnasciuga.
    Il maestrale soffia ormai deciso da terra. Sulla superficie del mare, diventata liscia e tesa come un elastico, si spandono veloci le tracce delle raffiche, come ombre del vento. I materassini perduti filano via e ogni tanto fanno una capriola di gioia. Bagnanti della domenica, grevi di gnocchi con la salsiccia, gamberoni e anguria gelata, sono spinti lontano nei canottini e cercano con esili pagaiette, di vincere la forza del Maestrale. Triste sorte li attende, a meno che la fortuna non conduca sulla loro strada una barca di giovani eroi disposti al sacrificio di sé e dei loro cari.
    Le pagine salgono ancora più in alto, vorticando, come rondinelle di mare che all’improvviso si precipitano verso il basso. Il lettore emerge dalla superficie del mare e le guarda volare come uccelli migratori che veleggiano lontani. Ora non si vedono più. Ma intanto continuano a volteggiare nel cielo, tra le nuvole leggere. Il vento straccia le pagine in tanti frammenti. I capitolo pesanti si dividono in agili paragrafi. I paragrafi in rapide frasi, le frasi in parole, le parole in sillabe, lettere, segni, come la schiuma dell’onda che si frange sullo scoglio. Chi è Gavino Porcu? Ora c’è un Gavino senza Porcu e un Porcu senza Gavino, ora vedi solo un ga, un va , un no, ora una v, una i, una g, una o, una n, una a, ora uno sciame di curve, gambette, astine, ora una polvere di puntini, ora solo il Maestrale nel cielo terso e lontano.

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  2. Editore, fai continuare loro, se lo meritano, ogni tanto se vuoi pubblica le mie pecore, ma come controromanzo
    E.

    (agli autori del controromanzo: avrei una proposta per diventare finalmente molto ricchi, una casa editrice che pubblica solo controromanzi e li vende ad amici, parenti e colleghi del Prin, coi soldi del Prin (la casa editrice pubblica coi soldi del Prin, i colleghi li comprano coi soldi del Prin, gli amici che hanno un Prin pure come materiale inventariabile, per i parenti troveremo un modo).
    E.

    PS. Che ne dite di Prin Editions?

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  3. Quarta terzina:

    Claudico lento, sembro quasi un matto
    Che vaga per le vie, che va ramengo
    Senza una meta; dai, facciamo un patto:

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  4. Mi ero scordato di dire che Prin Editions pubblicherà solo controromanzi "nostri", è così che diventeremo ricchi, avete talento, li compreranno tutti, si potrebbe fare così: io inizio un romanzo normale e voi subito lo continuate in forma di controromanzo, poi lo cuciamo insieme e lo vendiamo. Si fa fifty fifty, cinquanta a me che ho avuto l'idea e cinquanta a voi (15 a Gede, 15 a Pilon e 20 a Roscia)
    E.

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  5. Il tuo controromanzo è stato salvato.
    La visualizzazione del tuo controromanzo sul sito potrebbe richiedere qualche istante.
    Chiudi la finestra. Ci vediamo dopo a messa.

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  6. Il problema del controromanzo è che nessuno di noi ha la benché minima idea portante: vive soltanto quale sanguisuga del romanzo principale. Questo non è un problema, come giustamente osservi, se tu continui a scrivere romanzi con un'idea portante. Ma il problema, come ben sanno i nostri lettori, è quello della "struttura assente". Come risolvere questo problema? Il PRIN, naturalmente, ma va presentato in un'altra direzione rispetto alla tua: non come integrazione finanziaria alla Casa Editrice PRIN EDIZIONI (ottima idea, comunque) ma come supporto teorico ed epistemologico al nostro lavoro artistico. Quindi, riassumendo, potremmo fare un PRIN dal titolo: "Il concetto di idea portante nel controromanzo tardo novecentesco e duemillesco. Stato di fatto, problemi, prospettive". Lo presentiamo l'anno venturo.

    P.S.: comunque Gede è più romantico e strappalacrime di me.

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  7. ...
    Senza una meta; dai, facciamo un patto:

    che più mai incederem con passo mengo,
    quello che sul polpaccio il peso poggia,
    ad aggravare il mal che già io tengo.

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  8. splendida, adesso cucio tutto e riscrivo di seguito, sennò non si riesce a continuare:

    Vecchio polpaccio glabro e macilento,
    Che un dì fosti lanoso, irsuto e forte,
    Or mi trascini fiacco, ora sei spento.

    Un tempo mi portavi fino a Orte,
    Che com’è noto sta vicino a Roma,
    Or mi conduci massimo a La Corte.

    Davvero l’epica fierezza è doma
    Spezzata a terra come morto gatto
    Ed assomigli sempre più a un rizoma?

    Claudico lento, sembro quasi un matto
    Che vaga per le vie, che va ramengo
    Senza una meta; dai, facciamo un patto:

    Che più mai incederem con passo mengo,
    Quello che sul polpaccio il peso poggia,
    Ad aggravare il mal che già io tengo.

    (editore, pensaci tu, va mostrata bene al mondo)

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  9. Mi sembra che nessuno di voi abbia studiato bene Horizon, questo risolverebbe il problema della mancanza di struttura, già ci penso io. Si potrebbe per esmpio fare riferimento al topic Global change e climate change!

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  10. Nessuno mi vedrà da Cuneo a Foggia
    mai più portar calzon sopra il ginocchio
    ma solo pantalon d'antica foggia

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