pubblicazione
a sorpresa
l'editore sostiene che quando era un canarino stava con Adelina nella stessa gabbia, poi purtroppo una gatta di nome Adele se l'è mangiata
VENTUNO
Dopo
un quarto d’ora esatto spunta Ciocci. Dice che ha risolto tutto, il
taxi ha una targa e un libretto di circolazione nuovi di zecca, e lui
una licenza per guidarlo. Dice che da adesso in poi saprà parlare in
francese. Lo guardiamo perplessi, io per lo meno, Camilla non si
sorprende mai di nulla. Pago il conto e ci accomodiamo nel Mercedes
S-Class W 221 S500, Ciocci aziona il tassametro e sgomma via a
tavoletta.
“Non
vorrai farti pagare?”, chiede Camilla.
“È
per la polizia, se ci fermano dev’essere tutto in regola. Dove vi
porto?”
“All’Hotel
Saint Germain, Rue du Bac 88, s’il vous plaît”
“E
dov’è?”
“Sei
il tassista, dovresti saperlo, comunque nel depliant c’è scritto
che si trova nel cuore di Saint-Germain des Prés, in una cornice
sobria ed elegante, dove troveremo il comfort e la tranquillità che
esige il nostro soggiorno parigino. A pochi minuti a piedi
dall’albergo potremo visitare il Museo Maillol, il Museo Rodin, il
Museo d’Orsay e il Louvre, percorrere i Lungosenna, il Jardin des
Tuileries, il Jardin du Luxembourg, andare a rovistare tra i libri
dei bouquinistes lungo la Senna, fare shopping presso i grandi
coûturiers e assaporare l’atmosfera unica dei caffé
letterari del quartiere”
“Me
ne sbatto dei bouquinistes e pure dei grandi coûturiers”,
fa Camilla.
“Che
sono i coûturiers?”
“I
sarti”
“Allora
anch’io me ne sbatto”, fa Ciocci.
“Vuol
dire che salteremo i coûturiers”, dico io.
“Bene,
saltiamo i coûturiers”
“Andiamo
dai bouquinistes?”, chiede Ciocci.
“No,
all’albergo, Rue du Bac 88, s’il vous plaît”
“Saremo
lì tra due righe, il tempo per voi di restare perplessi”
E
infatti restiamo perplessi, questa volta anche Camilla.
È
giocoforza trovarsi adesso nella hall dell’Hotel Saint Germain. La
signorina alla reception ci ha dato le chiavi delle stanze, io l’ho
guardata per bene, dalla testa ai piedi, lei mi ha preso per un
mandrillo italiano e ha detto qualcosa di offensivo nel suo idioma
natio. Volevo solo iniziare la ricerca, Adelina può essere ovunque.
In ascensore Camilla mi ha detto che non posso guardare le donne
così, non si fa, è proprio da maleducati. Se voglio, ha detto, mi
da qualche lezione privata, perché è naturale spogliarle con gli
occhi ma non se ne devono accorgere, bisogna far la faccia di chi ha
appena letto Camus, possibilmente La Chute. Va bene, ho
risposto, lasciamo le valige nelle stanze e andiamo a mangiare. Erano
d’accordo, ma non hanno valige, neanche lo spazzolino.
“Compreremo
tutto oggi pomeriggio”
“Ruberemo
tutto oggi pomeriggio”, precisa Ciocci.
“Neanche
per idea, offro io”
Abbiamo
preso possesso delle nostre stanze, la 201, 203 e 205, tutte con
vista su Rue du Bac ma molto silenziose. Ci siamo dati una
rinfrescata e siamo andati a cercare qualcosa da mangiare a Boulevard
Saint-Germain. Ciocci e Camilla volevano assaggiare le famose
escargots, io li ho convinti ad accontentarsi di un kebab, al
ristorante saremmo andati a cena. Ciocci ha detto che se è per i
soldi ci pensa lui.
“Non
sono i soldi, ne ho portati parecchi, ma è meglio rimanere leggeri,
così potremo impiegare bene il pomeriggio”
“Come?”
“Faremo
prima qualche acquisto, non avete nulla, neanche il pigiama, e poi
inizieremo la ricerca”
“Ci
devi dire come si fa”
“Non
lo so neanche io, credo si vada a intuito”
“Quindi
dobbiamo passeggiare e guardare?”
“Si”
“E
che facciamo se scopriamo Adelina?”
“Mi
avvertite”
“Facciamo
un fischio?”
“No”
“La
cinciallegra?”
“Buona
idea, come si fa?”
“È
un ghegheghe leggermente nasale seguito da un netto ptci”
Ciocci
fa il verso della cinciallegra, poi fa sentire i versi molto simili
della cincia bigia alpestre e della cinciarella e dice che purtroppo
è facile confonderli.
“Se
fai un ghegheghe più monotono rischi d’esser preso per una
cincia bigia”
“Cazzo”,
dice Camilla.
“C’è
poco da sfottere, è un problema serio”
“Allora
facciamo un altro verso, che ne dici del merlo maschio?”
“È
difficilissimo e poi è troppo lungo”
“Ne
facciamo un pezzo, sol-mi-sol-do-do-sol”
“Lo
fischiamo?”
“Si”
“Io
non so fischiare”
“Canta”
“Canto
sol-mi-sol-do-do-sol? Coi nomi delle note?”
“Mettici
le parole, decidi tu”
“Va
bene stu-dio-den-ti-sti-co?”
“Benissimo”
“Forse
meglio Stu-dio-sta-ti-sti-ca”
“Come
preferisci”
Mangiamo
un döner kebab da Hashim et Fawziya, all’incrocio
tra Rue du Bac e Boulevard Raspail. Io ho scelto un kebab di agnello
condito con origano,
menta,
peperoncino,
cannella,
cumino,
coriandolo
e aneto,
Ciocci un kebab di montone con salsa di harissa piccante e Camilla un
kebab di pollo con hummus e tahini (ceci e sesamo). Ciocci voleva un
cartone di Tavernello ma qui non si trova, gli ho preso una birra
corsa molto in voga a Parigi, la Pietra. A Ciocci è piaciuta.
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