in copertina due poeti ispirati del ventesimo secolo
QUARANTOTTO
“Svegliati
compagno, c’è Adelina al telefono”
Mi sveglio
sul più bello, proprio sul più bello, corro al telefono combattuto tra la
rabbia per il somnium interruptum e il senso di colpa nei confronti di Adelina,
la stavo tradendo dopo un solo giorno di fidanzamento.
“Che c’è?”
“Ciocci ha
fatto venire a Parigi gli amici di Ponte Sisto, Nello, Terzi, Bob e Manfredi”
“Dio mio!
Perché?”
“Dice che lo
aiuteranno a tirar fuori Camilla e Bertrand”
“Come?”
“Tra un paio
d’ora li trasferiscono alla Conciergerie, vogliono assaltare il blindato”
“Ma è una
follia, digli che è una follia!”
“L’ho detto,
dice che se va male ci pensa babbo,
chi è questo babbo?”
Mi prende una
rabbia e una disperazione inenarrabili, vorrei far fuori Ciocci con una Colt
M1911 pur di non sentir mai più la parola babbo.
“Dove ti
trovi?”
“Sulla
scalinata del Palazzo di Giustizia, al numero 36 del Quai des Orfèvres”
“Arrivo
subito”
“Sei pazzo!
Arrestano anche te!”
“Vengo in
incognito, sotto mentite spoglie, mi metto i baffi finti…finti…no, niente baffi finti, al massimo baffi posticci, si
posticci va bene, poi magari un cappello sulle ventitre e un paio d’occhiali
alla Schubert”
“Che occhiali
aveva?”
“Lenti
piccole tonde, come quelle di Gramsci”
“O Cavour…non
mi sembra una bella idea…ti arrestano…perché non leggi Platone?”
“Tra mezz’ora
son lì”
Mi catapulto
in soggiorno, chiedo al tassista di portarmi al Quai des Orfèvres, dice che
sono matto, dico che è questione di vita o di morte, dice va bene compagno.
“Almeno
travestiti da donna!”, fa Thérèse preoccupata.
“Da donna?
Fossi matto, sono una persona seria!”
“Lo so, si
vede…allora addio…ti porteremo le madeleinettes
alla Conciergerie”
“Dici che i
baffi posticci non bastano?”
“Certo che
no, dai retta a me, vestiti da donna, ho tutto io”
Théresè mi
porta una gonna verde muschio RAL 6005, una camicetta avorio chiaro RAL 1015,
un reggiseno tipo push up, un paio di
scarpette lucide e una borsa Fendy.
“La borsa
no…se la perdo?”
“È falsa”
“Allora non
la voglio”, dico seccato, poi mi scuso.
Dico a
Thérèse che sono molto nervoso, che loro sono fin troppo gentili e che appena
questo incubo sarà finito gli invierò una natura morta con i loro frutti
preferiti e se vogliono un oggetto optional a scelta.
“Sei
pittore?”, chiede mentre indosso la gonna.
“Si, dipingo
nature morte”
Mi aiuta col push up, ha messo nelle coppe un bel po’
di cotone. Il problema sono le scarpe, le sue non mi stanno. Il marito dice che
ne comprerà un paio della mia misura.
“E i
pelazzi?”
“Li copriamo
con un paio di calze da montagna”
“E la barba?”
“Ho il rasoio
in macchina”
Prima di
uscire mi guardo allo specchio, un disastro, anzi uno schifo, mi trovo
repellente, se Adelina mi vede mi lascia di sicuro. Per fortuna c’è Thérèse, è
venuta anche lei, ha portato la borsetta del trucco, dice che ci pensa lei
adesso a farmi bella.
“Parti
Theodore, non perdiamo tempo”, fa Thérèse.
“Theodore…è
vero…non ci siamo presentati…”
“Meglio così,
compagno, non voglio sapere niente, è più prudente”
Il taxi
procede lesto negli stradoni anonimi della banlieue parigina, mi sono fatto la
barba col rasoio elettrico di Theodore e adesso Thérèse mi sta spalmando delle
creme sul viso. Thérèse…che dolce…che occhi meravigliosi…e poi ha un profumo
che non saprei descrivere…non un profumo…un odore…non sarà mica Adelina?
Mi accorgo
subito che l’abisso è a pochi passi, intendo dire la perdita della ragione, la
pazzia. Sono partito da Roma con la testa ben salda sulle spalle e i piedi per
terra, adesso mi sento sulle nuvole come la mia ex moglie Adelina, anzi peggio,
come Cherubino nelle Nozze di Figaro,
ma non ho più l’età, uno come me che si innamora di tutte le donne che vede di
solito è considerato un vecchio porco. Però Thérèse ha qualcosa di speciale,
con lei mi sento protetto, coccolato, amato, tutte cose che mi mancano da
troppi anni. E Adelina? (la E
è senza accento, però va bene anche con).
Bel guaio.
Adelina è una meraviglia, il sole e la luna, il sole che illumina il mondo e la
luna che ce lo fa amare, mio Dio come divento melenso quando m’innamoro! Però
anche Thérèse…anche Lucie…Lucie…dove sarà finita? Nei meandri?
“Ecco fatto,
adesso sei una gran bella gnocca”, fa Thérèse soddisfatta.
Mi guardo
allo specchio, non mi riconosco.
“Un
capolavoro, Thérèse, sono irriconoscibile, grazie”
“Sei pure
bona”, fa Theodore guardandomi nello specchietto.
“Ricordati la
voce, devi usare il falsetto, come Tony Curtis e Jack Lemmon”
“Non è
necessario, non parlo”
“E se ti
fanno domande?”
“Rispondo a
monosillabi”
“E i
documenti?”
“Li faccio
rubare a Ciocci…mancano solo le scarpe”
Theodore
accosta il taxi davanti a un negozio di scarpe, Thérèse entra rapida e chiede
un paio di stivali da cavallerizza numero 45. Hanno solo il 44, Thérèse li
prende lo stesso.
Adesso siamo
arrivati al Quai des Orfèvres, esco dal taxi in preda a mille emozioni, ma
prevale di gran lunga la vergogna. Sento spifferi fastidiosi che s’infilano
nella gonna, proprio come a Tony Curtis e Jack Lemmon all’inizio del film,
quando prendono il treno. Theodore e Thérèse mi han dato il numero dei loro
cellulari, rimangono nelle vicinanze nel caso avessi bisogno di aiuto. Si sono
affezionati. Mi accorgo solo ora d’essere un vero ingrato, anzi un essere
schifoso, Theodore mi ha nascosto a casa sua, nutrito, aiutato ed io mi
permetto di fare certi pensieri sulla moglie? Una persona da poco, un perverso
assatanato, ecco cosa sono, e adesso pure travestito…già…un travestito…non c’è limite
all’abiezione…sprofondo sempre più giù…un carpiato nell’abisso.