10.
Penso che nei bar di Porto Rotondo un addobbo
para-natalizio sul bicchiere - qualsiasi cosa questo contenga - debba
esserne considerato come corollario indispensabile. La mia granita al
caffé, una volta raggiunta oltre bandierine e siepi di gadget, non
era male, ma soprattutto con una mattinata come quella... un
maestrale fresco e teso, la sua luce tersa, le otto di mattina e la
piazzetta di Porto Rotondo tutta per me. Mi chiedevo dove fossero
vacanzieri e VIP, forse a perdersi ore preziose dormendo o ammassati
davanti all'unica edicola del paese. Sogno talvolta di presentarmi a
turisti sconosciuti e renderli partecipi dei miei segreti luoghi.
Prelevarli dalla spiaggia affollata, tra urla e racchettoni, o da una
snervante attesa per vedere Paola Barale uscire dall’albergo e
portarli veleggiando nelle calette più arcane, per vedere le loro
facce, sentire i commenti a mezza voce, estasiarli con la mia
isola. E magari si rompono le palle. Anzi, sicuro: altrimenti
sarebbero già lì e non tutti all'edicola.
- Commissario: niente da fare - Pirro si era
materializzato alle mie spalle. Per festeggiare quella mattina
radiosa avevo indossato il mio vestito preferito, di cotone beige
chiaro, e una camicia azzurro cupo, senza cravatta. Mi ero messo in
eleganza, blanda, per fare una visitina al barone D'Elia, a contargli
i cerini rimasti. Divertito della mia stessa idea, che consisteva
essenzialmente nell'innervosire don Ercole mandandogli uno
"scagnozzo" all'alba, mi ero portato dietro Pirro e lo
avevo spedito in avanscoperta alla villa.
- Non ti ha ricevuto?
- No. Ho fatto il poliziotto proprio bene: ho esibito il
tesserino e ho salutato portandomi due dita alla fronte. Quello, il
cameriere ha fatto la faccia bianca, è andato di là e subito si è
ripresentato, che il barone si è appena alzato e non riceve nessuno
fino alle dieci.
- E noi lo inseriamo d’ufficio nell'annuario del Chi
se ne fotte. Bene: adesso puoi tornarci con
il biglietto. - Gli diedi uno dei miei cosiddetti biglietti da
visita: me li aveva regalati mia madre per un compleanno di molti
anni prima, un po' per sfottere ma secondo me neanche tanto. Sul
cartoncino di un tenue color crema è stampigliato in seppia il mio
nome, ma per intero, con tutti i titoli e i sottotitoli che mi
competerebbero per nascita e censo se i bollettini di conto corrente
che l'Istituto Araldico si ostina a spedirmi fossero pagati alla
posta e non inseriti nei cassonetti. A dispetto di questa insolvenza
cronica, il mio nome, su quei biglietti, è sormontato da una piccola
ma ben visibile coroncina ducale, adatta, così almeno pensavo, a
provocare un po' il barone, che per di più, pare che il titolo
se lo sia comprato. Ebbene, avevo colpito nel segno: esattamente otto
minuti dopo ero comodamente seduto in una delle poltrone del salotto
baronale
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