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giovedì 12 aprile 2012

ADESSO ALTRE PECORE capitoli sessanta e sessantuno




SESSANTA

L’anatra cuoce a fuoco lento nel tegame, Adelina mescola la polenta, io apparecchio la tavola ben attento alle simmetrie. Tutto, proprio tutto, mi colma di una gioia immensa, il suo modo di tagliare la cipolla, di buttare subito le bucce nella pattumiera e mettere il coltello sporco nella lavastoviglie nella sezione che ospita i coltelli da cucina (diversa da quella dei coltelli da tavola), il senso rigorosamente antiorario del mestolo e la sua velocità costante, senza accelerazioni o deviazioni che potrebbero generare fastidiosi grumi di farina gialla, e poi le pantofole (quasi piango di commozione) che ha subito voluto comprare dabbasso per non disperdere in salotto frammenti millesimali di sporcizia urbana, i nostri nemici comuni. E poi ancora tanti dettagli minimi che posso notare solo io, piccoli gesti automatici, segnali meravigliosi di un’ossessione che finalmente potrò condividere con qualcuno.
La osservo mentre mescola la polenta e prego tutte le divinità responsabili del nostro futuro di farmi vivere per sempre con lei, per lo meno in questo attuale involucro. Dispongo i coltelli perfettamente paralleli alle forchette e lascio tra le posate e il tovagliolo uno spazio di un centimetro e mezzo, né più né meno. Poi prendo una decisione molto importante: a partire da adesso voglio pensare solo a lei, quindi per un po’ di tempo, forse qualche anno, il mio trattato dovrà aspettare, anche perché quello che dovevo scoprire l’ho già scoperto, mi ha aiutato Ciocci. Ho scoperto che l’anima è una sola e che noi siamo solo vestiti, non è granché, l’aveva gia scritto Platone, ma io però non lo sapevo. Non passerò alla storia per le indagini sulle anime migranti, però ho trovato un’anima con un vestito splendido, Adelina, il resto ha poca importanza.
Quindi basta trattato, chiudo qui la narrazione, al massimo un paio di paragrafi e quando avrò tempo racconterò come è andata.
La polenta con sugo di anatra muta era buonissima, dopo cena ho baciato a lungo Adelina per farle capire che mi era piaciuta e poi abbiamo consumato un lungo e gioioso amplesso (ride molto durante l’atto e questo un po’ m’imbarazza, ma mi abituerò).
Abbiamo deciso di vivere a Roma, a casa mia, lei sarà il mio manager con le nature morte, dice di saperci fare con i soldi. L’hotel lo ha affidato a una amica, ogni tanto volerà a Parigi per controllare che tutto sia a posto.
Forse avremo figli. Forse nipoti.



in copertina un ritratto di megliodigiotto 



SESSANTUNO

Riprendo a scrivere dopo tre anni, ma solo qualche paragrafo.
La nostra vita a Roma procede tranquilla, felice. Frequentiamo abitualmente gli amici di Ponte Sisto, giochiamo a cosa saremo e seguiamo le lezioni universitarie di Camilla. La domenica andiamo a trovarla a Villa Borghese, le portiamo il pane secco per le anatre (alcune sembrano mute, ma sono solo timide o forse riflessive) e qualche prelibatezza per lei. Ogni tanto, visto che siamo molto ricchi, invitiamo gli amici da Sora Lella a mangiare la pajata, ma io ordino riso in bianco o in alternativa un piatto di fettuccine ai funghi porcini. Si finisce sempre a cantare La mula de Parenzo e a discutere del primo problema omonimo, ma è inutile, son sempre tutti ciucchi di Frascati, diventa solo un elenco di difetti fisici. Dopo l’ultimo refrain ― perché non m’ami più? ― qualcuno dice che la ragione è semplice, si chiama aerofagia, ossia la disfunzione dell’apparato digerente consistente nella tendenza ad ingoiare aria che va nello stomaco in quantità eccessiva e provoca un rigonfiamento gassoso dell’addome con conseguente meteorismo e frequenti eruttazioni e flatulenze. Aerofagia, logorrea, alitosi, bromitrosi plantare (puzza di piedi), eccetera.
Il trattato è fermo, l’ho già detto, e noi viviamo felici. L’anno scorso a Natale Ciocci mi ha detto che il babbo ci ha visto così contenti che non ha il coraggio di finire il libro. Io lo lascio dire, però ad Adelina non dico niente, cerco di evitare i discorsi di anime e babbi, la voglio serena, tranquilla.
A Pasqua Ciocci mi ha detto che un libro è un libro, a un certo punto finisce, non si può andare avanti per anni, quindi il babbo stava pensando a una specie di riassunto, tipo e vissero sempre felici e contenti, il più possibile generico in modo che io e Adelina possiamo riempirlo nel modo che preferiamo. Dice che babbo verrà a trovarci a casa, darà un’occhiata al libro per correggere eventuali refusi, scriverà una breve conclusione e forse aggiungerà una bibliografia.
“Cos’è questa fretta?”, ho chiesto a Ciocci.
“Di solito il babbo non supera i sessanta capitoli e noi siamo già al 61”
“E poi esattamente cosa fa?”
“Te l’ho detto, controlla di nuovo tutto e aggiunge una conclusione, forse anche una bibliografia”
“E noi?”
“Con la formula e vissero sempre felici e contenti non avrete problemi, vivrete a lungo”
Il dialogo che ho trascritto è avvenuto a Ponte Sisto, a Pasqua, sul momento mi è venuta un bel po’ d’angoscia, poi per fortuna è passata. Il solito Ciocci, pensavo.
Qualche giorno fa, quando ormai non ci pensavo più, è accaduto quello che purtroppo temevo. Stavo dipingendo un porro nel mio atelier, Adelina capava le puntarelle in cucina, insomma c’era la consueta quiete domestica, quando inaspettato squilla il citofono. Chiedo chi è, risponde il babbo. Mi viene un colpo, come se avesse detto la morte. Apro e attendo sul pianerottolo.
Dall’ascensore esce un tipo molto simile a me, con una decina d’anni in più (dev’essere proprio il babbo, se sono il protagonista è logico che io sia un lui più giovane), vestito uguale, con un sorriso timido, preoccupato. Ci siamo accomodati in soggiorno, abbiamo preso un caffé parlando del clima e roba del genere, poi si è fatto coraggio e ha detto quello che mi aspettavo, che voleva rileggere tutto e scrivere e vissero sempre felici e contenti, aggiungendo eventualmente un epilogo e forse una bibliografia. Io e Adelina abbiamo detto va bene, basta che ci assicuri ancora molti anni di felicità e almeno tre figli, lui ce l’ha promesso, ha detto che l’avrebbe scritto nero su bianco, di non preoccuparci.
Gli ho dato il portatile, da adesso scrive direttamente lui.

Adelina e…accidenti mi son dimenticato il nome…megliodigiotto è il soprannome…il nome non ce l’ha…non ci posso credere…ormai però è inutile…il romanzo è finito…
Ricomincio.
Adelina e suo marito vissero a lungo felici e contenti, ebbero tre figli, fecero molte passeggiate evitando Canale Monterano per via del famoso dirupo e mangiarono molte anatre mute.
La mattina del sabato Adelina chiedeva ai figli cosa preferivano per pranzo, polenta o baccalà, ma loro rispondevano sempre pasta al sugo, semplice, come gli altri giorni. Quindi polpa di pomodoro Casar, la migliore, una cipolla intera che poi si toglie, una carota intera che poi si toglie, due foglie di basilico, niente spezie, niente peperoncino, niente esperimenti e novità altrimenti andranno ai giardinetti e torneranno a casa infangati con le scarpe piene di terra.
Direi che va bene, basta.



FINE

26 commenti:

  1. a perdido toda la carica erotica

    Pilar

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  2. Post epilogo
    Come ci si sente quando si finisce di leggere un romanzo? Ci si sente come Adelina e Megliodigiotto, orfani, vuoti, nostalgici, ma di che? E’ finito solo un romanzo, una storia, una finzione, un sogno. E adesso?
    E che commozione gli epiloghi, tanto più commoventi, quanto più freddi, pacati, formali, convenzionali. Mi viene da pensare all’ultima scena del Don Giovanni, quando tutti i personaggi si presentano, come a salutare il pubblico, quasi fuori scena. Prendono commiato, imbastiscono una qualche moralistica formuletta finale e da personaggi si riducono a vuote marionette. Qualcuno pensa che sia una scena inutile, appiccicata là, che stride col resto. Certo che stride, e stride per una semplice ragione, che Don Giovanni non c’è. Dov’è? E’rimasto all’inferno? Ma non è tutta una finzione?
    Come alla stazione, gli amici partono, saluti, baci, un po’ di imbarazzo, eviti di mostrarti commosso ma non riesci neppure a essere naturale e spiritoso. L’incanto è finito, ma l’anima dov’è?
    L’anima vorrebbe rientrare nel romanzo, potresti ricominciarlo da capo, ma sai che è inutile, lo rileggeresti, come si legge un libro, come si osserva un oggetto esterno, ma non lo rivivresti una seconda volta, devi prima dimenticarlo, per poi riscoprirlo e a tratti ricordarlo come se fosse una vita passata, vissuta in un altro corpo, sotto un altro vestito. Leggere un altro romanzo? Ce ne saranno pure di altrettanto belli e appassionanti. Ma è come dire a un innamorato abbandonato di scegliersi un altro amore, la cura funziona ma è il malato che non la vuole, perché il malato è l’anima e l’anima è l’anima del romanzo, e l’anima del romanzo non vuole morire, non vuole essere sostituita dall’anima di un altro romanzo.
    Nel più tipico stile facebook, prendo commiato comunicandovi che devo andare in cucina a controllare i fornelli. Non c’è la favata sul fuoco, neppure le papassine nel forno, né baccala né polenta, c’è un tegamino di sugo Casar, tolgo la cipolla e aggiungo due foglie di basilico, ecco fatto.
    Addio per sempre, Gavino Porcu

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  3. Ged, è chiaro che adesso tocca a te, ci sai fare, nuoti meglio, scrivi meglio, forse cucini meglio, quindi aspettiamo tutti con ansia un racconto, oppure dei versi o almeno una ricetta, ecco, una ricetta in versi. Comunque domani devi cliccare di nuovo "o uno o l'altro" perché manca l'epilogo, lo sto scrivendo adesso, tra un po' lo mando all'editore.
    Colgo l'occasione per ringraziare tutti i lettori che sono arrivati fino alla fine, pochi ma buoni, direbbe l'editore. So che non è stato facile perché leggere un capitolo al giorno è una tortura, lo è stato anche per me, quindi grazie e grazie soprattutto all'editore, è stato grandioso.

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    1. Ma no, dai, ci sono tante cose che sai fare meglio tu, per esempio la faccia di Filippo Ravagli.

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  4. non ha perdido la carica erotica, la tiene eccomes
    Maria Jose

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  5. PS. Domani c'è l'epilogo e poi ci saranno nuove straordinarie iniziative, quindi cliccheremo "o uno o l'altro" ancora a lungo, per cominciare proporrei all'editore un concorso fotografico a tema, si vince una vacanza a Porec, fanno un'ottima anatra muta

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  6. Beh, a me piacerebbero dei racconti, tanti comunicati stampa, il concorso fotografico, magari qualche legenda e tanti commenti.

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  7. e gli spagnoli?

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  8. non soj spagnola
    jo soj argentina

    Pilar

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  9. enrico sono commossa! bravissimo sei un mito. Però non convincere ged a scrivere, lascia perdere, non mettergli grilli per la testa (pelata). A parte la commozione adesso potrebbe iniziare il bello! vero Emi? comunicati stampa, premi, concorsi chi la più cool tra le tue amiche di 52 anni e altro ancora
    Roscia

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    1. Ha ha ha il concorso è una splendida idea, io voto per quella zoccola di roscia (l'hai voluto tu)

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  10. Se non ricordo male Emilia era capo redattrice della pagina delle ricette del "Beatles, il giornale di chi sta a Liverpool" (tiratura una sola copia per me che stavo a Liverpool), quindi è la persona adatta a proporre argomenti culinari, ma questo è il blog di uno scultore, architetto, fotografo, deve decidere lui, però adesso che ci penso è anche un eccellente cuoco quindi le ricette forse lo interessano. Per il concorso fotografico a tema sarebbe bello coninciare con "riflessione", ho già lo scatto in testa. Ma come si fa? Si possono spedire allegati a un blog? Che ne pensi editore?

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  11. Pilar è spagnola

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  12. il mio blog è aperto a tutte le esperienze anche perchè non è più il posto dove mi lamento per la malasorte

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  13. Buongiorno. Adesso che è finito il romanzo che facciamo?

    Complimenti per la trasmissione. Pilon

    (l'unico vero, orginale)

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  14. Per le ricette, ne ho già una. PASTA CON LE SARDE.

    Cuocete la pasta e conditela a piacimento. Invitate a mangiarla con voi zia Furica e Gavina.

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  15. Altrimenti, sempre che vi interessi, posso "postare" a puntate il mio vecchio giallo ambientato in Costa Semralda.

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  16. O, ancora, continuiamo con Mimesis.

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  17. Oppure pubblichiamo, sempre a puntate, i nostri articoli scientifici. Così si cresce un po', anche culturalmente.

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  18. E le commedie della Compagnia Stabile di Manziana? Anche se c'è il problema che vanno completamente riscritte.

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  19. E pubblicare romazi di altri e commentarli? Come la vedete? Potremmo iniziare con Guerra e pace, così, almeno, dura un po'.

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  20. Un'altra idea. L'editore mette una sua scultura al giorno (o opera d'arte o di desing) e noi scirviamo i nostri commeti: che cosa ci dice, se ci piace, cosa ci leggiamo ecc. Così, poi, quando pubblicheranno il catalogo della Mostra, c'è già la parte testuale pronta.

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  21. ohi che esaurimento nervoso!

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  22. Pilon si è finalmente svegliato, adesso ci deve raccontare dov'è stato tutto sto tempo, cosa ha fatto, con chi, per caso con Pilar? Lo faccia senza peli sulla lingua, scriva tutto, anche i particolari più intimi, va tanto di moda (v. l'ultimo Starnone), poi l'editore dovrà decidere il da farsi, qui scalpitiamo tutti.

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  23. Mi era passata l'ispirazione. Mi si era ispirata la passata. Mi ispirava il passato. Mi passa il sale, per favore. Ora mi pento, ora che mi sento, di non essermi sentito prima, per poi pentirmi di non sentirmi. Anzi di non essermi sentito. Di non essermi fatto sentito. Di non sentire più tanto bene. E vedere anche (ma quello non ci ho ho mai visto tanto bene). Ed ora, mannaggia, che tutto è finito, ora, dunque, vorrei risentirmi e rivedermi e ispirato non pentirmi. Di essermi pentito mi pento e anche sento di non essere pentito. Adesso. Non è ieri. Adesso. Non è domani. Adesso è proprio adesso. E quando metto il punto e scrivo e quando metto il punto già non è più adesso. Ohi, che esaurimento nervoso.

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  24. non capisco se ho capito ma ho capito che capisco

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