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venerdì 6 aprile 2012

ADESSO ALTRE PECORE capitolo cinquantacinque

In copertina la foto di Adelina sposina novella  in viaggio di nozze a PARENZO
(qui si può vedere come i commenti e una telefonata in cui raccontavo ad Enrico di essere andato a Parenzo a vedere una casa dove fare un ospizio possano modificare la narrazione )


CINQUANTACINQUE

Sogno d’essere in vacanza in Croazia, faccio la spesa per cena. Ecco un emporio, entro.
“Buon giorno”
“Buon giorno, mi dica”
“Vorrei del baccalà”
“Mi dispiace, come può vedere vendo tutto tranne che il baccalà”
“Accidenti…ma è vero, lei ha proprio tutto”
“Tranne il baccalà”
“Già, peccato, ne avevo una gran voglia”
“Può fare la polenta, ho tutto quel che occorre”
“Non son capace”
“È qui a Parenzo in vacanza?”
“Si”
“È venuto da solo?”
“Si, mia moglie è vecchia, e poi in questo periodo dell’anno deve pascolare”
“Capisco…bè potrei farla io la polenta”
“Sarebbe meraviglioso”
Sento già che l’amo, ma temo che il nostro amore sarà come il maestrale, dopo tre giorni si placa. E temo di trascorrere il resto dei miei giorni a chiedermi perché non mi ama più. Mi chiedo allora il motivo di questa sensazione così precisa, quasi una certezza, che l’idillio nato in questo negozio così ben fornito (anche se non c’è baccalà) debba presto tramontare gettandomi per sempre nella disperazione. Sento che la domanda che mi assillerà per sempre sia già scolpita nel marmo funebre della mia lapide, “morto senza sapere perché non l’amava più”.
E allora — penso mentre gli occhi verdi della ragazza slava mi guardano sorridenti — non è meglio uscire dal negozio al più presto, evitare la tragedia che incombe, fuggire di qui e dalla penisola istriana? Ho amici a Trieste, a mezz’ora di macchina, me la faranno loro la polenta. Ma quegli occhi meravigliosi, quelle labbra invitanti, quel profumo di donna, insomma quella splendida mula, come si dice qui, mi convincono che un’occasione così non si può sprecare, dopo forse me ne pentirò ma almeno avrò dato contenuto al mio passato. E già, perché se non succede mai niente non c’è l’angoscia del quesito (perché non mi ami più?) e di tutti quelli che si porta dietro (per l’alito pesante? per la fissa della pesca in acqua dolce? perché c’è un altro?), ma c’è la disperazione ben più grave d’aver lasciato scorrere il tempo senza esser riuscito a riempirlo di senso.
Questo non è un problema solo mio, riguarda il genere umano, perché la vita è una sola, il tempo è tanto, ma noi lo sprechiamo, andiamo in gita in Croazia, da Trieste prendiamo la costiera per Pirano, ci fermiamo a mangiare il pesce poi proseguiamo per Umag, Novigrad e finalmente arriviamo a Poreč ossia Parenzo, e lì ci vien voglia di baccalà e finiamo in un emporio che vende tutto tranne che il baccalà, ma c’è una mula splendida che sta lì ad aspettare il turista da mesi, anni, perché gli abitanti di Poreč forse son brutti, e insomma quella bella mula si offre di preparare la polenta ma è chiaro che offre anche sé stessa, ne ha una gran voglia. E noi, non parlo di me, di tutti gli esseri umani, invece di esser finalmente felici, seppure per un solo giorno o per tre, quanto dura il maestrale, e quindi cogliere l’occasione, ci sottraiamo per timore che quell’esperienza finisca per travolgere il nostro già precario equilibrio.
“Allora? La preparo questa polenta?”
“Mi scusi…mi ero assorto…dev’essere il viaggio…da Pirano solo curve…”
“Vuole che la preparo?”
“Si”, dico, ho deciso, la voglio, la desidero, la mula però non la polenta.
“E come la vuole, con salsiccia e funghi, con fagioli, con sugo di papera muta…”
“Con sugo di papera muta?”
“Si, papera, anatra, come la chiamate voi?”
“Anatra…ma perché muta?”
“Si chiama così, l’anatra muschiata o muta, muta perché è muta, afona, mentre le altre anatre non stanno zitte un momento…allora?”
“Meglio salsiccia e funghi”
“Bene, può passare a prenderla tra un paio d’ore, il tempo che ci vuole”
Il colpo è improvviso, violento, mortale. Son bastate poche parole per ridurmi nell’essere umano più infelice del globo, ma cosa mi ero messo in testa? Rimango a bocca aperta, la guardo sorpreso, non so più cosa dire, forse non riuscirò mai più a parlare, anzi è probabile che questo sia l’inizio del mio terzo fatale colpo apoplettico.
“Si sente male?”
Taccio, la guardo e dal seno palpitante sento l’anima partir. Allora lei va nel retrobottega e torna con un tipo che mi sembra di conoscere.
“Edmond, sei tu?”
“Faria…che ci fai a Parenzo?”

2 commenti:

  1. tutto bellissimo, il coro, le copertine, non sanno che si perdono, io in San Costantino non li porto più

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  2. Bibliografia:

    Kaiser Hannelore, Das erste Problem von Poreč, Frankfurter Verlagsansalt, Frankfurt am Main, 2007.

    Panizon Maggie, Polenta con sugo d’anatra muta, «I capolavori della cucina istriana», XII (2008), pp. 34-35.

    Panizon Maggie, Molto meglio la polenta. Riflessioni sul Secondo Problema di Parenzo, in Le scelte del palato molle, Atti del Terzo Convegno Internazionale (Pirano, 11 luglio 2009), Olschki, Firenze 2011, pp. 67-90.

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