CINQUANTA
Ho comprato
anche un cavalletto e mi son messo (messa?) a dipingere en plein air davanti alla Senna, come gli impressionisti. Ogni
tanto si ferma un turista, prima osserva la formosa pittrice (Thérése mi ha
messo un push up extralarge con coppe
da tardona russa), poi il soggetto (la
Senna ), poi il quadro (un cestino di frutta e una bottiglia
d’assenzio), poi di nuovo la pittrice, poi va via pensando che il mondo ormai è
alla frutta e che il mio quadro rappresenta bene il declino dell’umanità, sia
per la frutta che simboleggia la parte conclusiva del pasto e di riflesso del
mondo, che per l’assenzio che rimanda senza troppi fronzoli allo stato etilico
e confusionale dei suoi abitanti. E le zollette?
Adelina mi
sta accanto, mi osserva dipingere, ogni tanto non ce la fa a trattenere la
ridarella che la sconvolge da quando mi ha visto femmina. La sconvolge nel vero
senso del termine, deve sedersi o appoggiarsi a qualcosa per non cadere mentre
le convulsioni la scuotono da capo a piedi facendola lagrimare e perdere
qualche goccia anche altrove. Infatti mi ha detto mi fai pisciar sotto dal ridere e non era un modo di dire.
I passanti
credono che Adelina rida per il soggetto, si avvicinano curiosi e vedono la
natura morta con assenzio, che non fa ridere punto. Proseguono perplessi e lo
rimarranno tutto il giorno. Perché Adelina, come ho già detto, ride come una
tarantolata, è un’esplosione vulcanica, e dopo ogni crisi rimane per terra col
fiatone. Io devo smettere di dipingere e soccorrerla, temo che questa volta sia
lei a perdere i sensi, ho scoperto che inalare essenza di trementina le fa
molto bene. Pian piano si riprende, si alza di nuovo in piedi, respira forte,
cerca di fare la faccia seria ma di nuovo esplode in una risata di magnitudo
8,9 della scala Richter.
Adesso si è
calmata, ha solo qualche piccola scossa di assestamento.
“Hai scoperto
dove sono?”, le chiedo per distrarla.
“Al terzo
piano, nell’ufficio del commissario Morcol UAAAH AH AH AH…”
“Lo conosci?”
“È molto noto
a Parigiiii HI HI HI HI…”
“Dici che
possiamo avvicinarlo”
“Non è facile,
se mi passa la ridarella ci posso provareeee HE HE HE HE”
“Devo solo
dargli il quadro ed esser sicuro che gli dia almeno un’occhiata, l’ideale
sarebbe appenderlo subito nel suo ufficio”
“Vado”, fa
Adelina improvvisamente seria.
Prende la
tela e scompare dentro al Palazzo di Giustizia. Io resto qui ad aspettare e
penso a Adelina, non è solo deliziosa, meravigliosa, stupenda, è anche una che
ride…se non fosse pel momento drammatico (perché ho scritto pel?) mi sarei scompisciato anch’io,
saremmo finiti insieme per terra a sghignazzare e farcela sotto. A me piace
ridere, è che ho avuto poche occasioni nella vita e adesso non ricordo quasi
più come si fa, ci penserà Adelina a rinfrescarmi la memoria.
Mi siedo
sulla scalinata del Quai des Orfèvres, pulisco i pennelli con la trementina,
metto a posto i colori, piego il cavalletto, penso ancora a Adelina. Penso che
è proprio diversa dall’altra, questa qui ride, è gioiosa…sarà per via
dell’involucro? Mi chiedo se l’anima deve adattarsi al carattere dell’involucro
fino al punto di cambiare addirittura il proprio modo di essere, di affrontare
la vita, di pensare il mondo. L’altra Adelina era sempre con la testa per aria
e spesso un po’ malinconica, mai però triste, questo no. Questa Adelina mi
sembra una scatenata.
Però anche
l’altra Adelina avrebbe riso parecchio vedendomi vestito così, con queste bocce
russe e gli stivali da cavallerizza. Ho spifferi gelati che mi gelano le parti
basse, ma come fanno le donne e gli scozzesi? Penso agli scozzesi, poi chissà
perché mi viene in mente la celebre tela di Degas intitolata L’absinthe intravista qualche capitolo
fa al Musée d’Orsay, coi due personaggi seduti al Café inebetiti dall’assenzio, oggi l’hanno proibito, non ricordo
esattamente perché ma posso immaginarlo, l’hanno sostituito col Pastis che poi è un’altra schifezza,
comunque quel quadro rende meglio di qualunque altro la disperazione
dell’alcolista, la sua solitudine, lo sguardo della donna e la sua postura sono
capolavori di realismo psicologico.
Dovrei
tornarci al Musée d’Orsay, sono a Parigi e non riesco a godermi queste
meraviglie, Degas, Monet, Cézanne…son qui a rischiare l’ergastolo per una colpa
inesistente, non volevamo assassinare la first lady, stavamo solo scappando non
ricordo perché, se lo dico alla polizia mi sbattono dentro per sempre, non si
scappa mitragliando dai finestrini senza un valido motivo, dire non mi ricordo è un insulto al buon
senso, quindi dentro fino a quando non ti ritorna la memoria.
Perché siamo
scappati? Cerco di ricordarmelo. Lo so, l’ho scritto nel mio libro come adesso
sto scrivendo quello che sta succedendo al Quai des Orfèvres, ma quello che
scrivo deve esprimere le mie sensazioni precise via via che accadono gli
accadimenti, quindi adesso (ossia prima, ma il lettore deve immaginare che sia
adesso, che tutto si svolga davanti ai suoi occhi) cerco di ricordare il motivo
della nostra fuga in taxi. Eravamo in un pub con quelli della rissa al Musée
d’Orsay…e perché c’eravamo picchiati…chissà…non ricordo più…comunque eravamo al
pub, si, adesso ricordo, Ciocci ha tirato fuori il portafoglio gonfio di
bigliettoni rubati durante la rissa, quelli hanno capito e ci stavano per
linciare, così Ciocci mi ha indicato la tasca e dentro c’era la P 38, si, poi è partito un colpo
e siamo fuggiti.
E poi? Mi
gratto la testa con il pennello per cercare di ricordare, un tizio si avvicina
per rimorchiarmi, gli ruggisco di filar via se ci tiene ai testicoli, col mio
timbro naturale di basso profondo…non ricordo…forse Bertrand si è messo a
correre e la polizia ci ha seguito per farci la multa, poi però Ciocci si è
messo a sparare e siamo finiti all’Eliseo…ecco…se lo dico alla polizia finisco
dentro, eppure è la verità.
Penso a
quanti innocenti sono in carcere per aver detto la verità, solo la verità,
nient’altro che la verità, giurandolo davanti ai giudici. Poi penso alla
domanda dell’accusa: ci può dire perché si è camuffata da cavallerizza russa di
facili costumi?
“Per andare
sotto mentite spoglie al Quai des Orfèvres?”
“A fare
cosa?”
“Un quadro”
“Un quadro?”
“Una natura
morta con assenzio e zollette di zucchero”
“E c’è
bisogno di andare al Quai des Orfèvres?”
“Si, certo,
il quadro era per il commissario”
“Morcol?”
“Si”
“È suo
amico?”
“No”
“Vostro onore
quest’uomo nasconde qualcosa oppure ha bevuto assenzio”
La fantasia
come al solito galoppa, in pochi istanti mi trovo già recluso nelle segrete del
Castello d’If insieme all’abate Faria, parliamo ovviamente di fuga.
sarai contento adesso !
RispondiEliminatanto non lo legge + nessuno
Sì, sono contento, la copertina è bella e in tema, segno che non è vero quello che hai appena detto, almeno tu lo leggi, quindi siamo in due, certo si poteva trovare un sistema più semplice, ti potevo inviare una copia cartacea, però non l'avresti letto come è successo cogli altri. Secondo te si son stufati oppure hanno un sacco da fare tipo lavorare o cucinare la favata? Secondo me il romanzo e le copertine gli piacciono un sacco ma devono cucinare cose impegnative tipo la favata, che deve andare avanti molte ore e se ti distrai si attacca. Poi devono mangiarla dopo mangiato devono riposare, poi finisce che non c'è più tempo.
RispondiEliminaBibliografia per il capitolo 50:
RispondiEliminaDuplais Pierre, L’absinthe, in Traité des liqueurs, et de la distillation des alcools; ou, Le liquoriste et le distillateur modernes, vol.1, Parigi 1855.
Padosh Sthephan, Lachenmeier Dirk, Kröner Lars, Absinthism: a fictitious 19th century syndrome with present impact, «Substance abuse treatment, prevention and policy», online 2006 May 10.
bellissimo
RispondiEliminaGed
avvincente
RispondiEliminaRoscia
splendido
RispondiEliminaPilon
magnifico, favoloso, incantevole
RispondiEliminaMatisse
eccezionale, ottimo, notevole, sublime, superbo, eccellente, eccelso, mirabile, esemplare
RispondiEliminaEmilia, Paolo, Alice
Grazie, anche a nome dell'editore
RispondiEliminabellissimo e bellissima copertina, che tristezza non avere più tempo
RispondiEliminaRoscia (quella vera)
Grazie, Roscia, ormai sei l'unica, gli altri complimenti me li son dovuti fare da solo per convincere l'editore a continuare, è stufo marcio, ma adesso siamo in tre. Toglimi però una curiosità: visto che al Prin non dobbiamo pensare fino a giugno e che i pdf per Ugvor sono pronti da tempo, l'unico impegno importante per un docente di questi tempi è cucinare la favata, lo scrivevo giusto ieri. O c'è dell'altro? E poi non capisco la frase "non avere più tempo": non avrai mai più tempo?
RispondiEliminaavrai solo spazio?
RispondiEliminae poi cosa ne sai tu delle tardone russe?
RispondiEliminaemilia
Io ti rispondo Enrico, ma questo blog deserto diventerà lo spazio malinconico dove dei signori attempati scambiano cortesemente le loro opinioni.
RispondiEliminaCerto che avrò ancora tempo, ma magari non ne avrò la voglia, la vita è fatta solo di coincidenze e casualità. purtroppo ce ne accorgiamo tardi.
Che cosa ho da fare? Ovviamente passo ore a leggere i lavori degli altri, per criticarli, cercando abilmente di non citarli. Ho passato giornate intere a interrogare studenti. Molti sono andati malissimo e tutti questi mi hanno detto: certo che ho studiato, conosco a memoria le sue slides. Ho diversi laureandi ai quali conferire un titolo dal valore dell'ora legale. Il poco tempo residuo lo passo a scorticarmi il cervello cercando di farmi venire in mente un'idea originale per dare ordini ai miei numerosi ricercatori, assegnisti e dottorandi, tirocinanti, stagisti, incomings e borsisti. Passo la giornata a inventarmi un ordine da dare, ma più penso e più non mi viene quest'ordine. Mi do un contegno, li chiamo tutti a rapporto, assumo l'aria severa, tossicchio. loro mi guardano rapiti, aspettano, sperano, ecco adesso ci da un ordine e dopo un respiro profondo...domani dovete tutti, riposarvi ecco, dovete riposarvi. Puoi suggerirmi un ordine da dare ai miei numerosissimi collaboratori? Ho paura. I criteri dell'Anvur sono troppo complicati. Sono certa che passerà il criterio più semplice e cioè che gli ordinari devono sapere dare gli ordini, come dice la parola, e io sarò licenziata. Da associata stavo meglio pèerchè riuscivo a associarmi. Caro Enrico, aiutami, forse riprenderò a partecipare a questo blog!
Roscia
ma sì, certo, scherzavo, ho anch'io la fila qui fuori di studenti che devon fare l'esame, poi c'è una spagnola (Maria Jose) che vuole parlare con me di balletto barocco (io che ne so?), poi altri studenti che vogliono sapere chissachè, poi lezione, eccetera, però un momento ce l'ho sempre (per esempio ora) per scrivere due cosette, a proposito Maria Jose mi ha scritto una mail e alla fine ha salutato con "cordiale salotto", è molto bello e lo userò anch'io
RispondiEliminacordiale salotto