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venerdì 6 aprile 2012

ADESSO ALTRE PECORE capitolo cinquantaquattro


CINQUANTAQUATTRO

Ci ha sposati il sindaco di Parigi, Bertrand Delanoë, c’era una gran folla di giornalisti e curiosi, siamo finiti nei telegiornali. Io son riuscito a non svenire, mi ero messo trementina come se fosse acqua di colonia, sul collo e sui polsi. Ma non è stato facile, le gambe mi facevano Giacomo Giacomo, non per Nicolas e Carla, non mi lascio emozionare dalla gente famosa, so benissimo che prima erano una matita o un cinghiale, Fred Vargas magari il nonno di Lula, chissà, ero emozionatissimo per Adelina, per l’incredibile sorpresa che mi stava facendo, un matrimonio!
Non potevo sperare di meglio, il soggiorno parigino alla fin fine si dimostrava un completo successo, anche se al matrimonio si arrivava dopo innumerevoli peripezie, molte delle quali assai sospette sul piano dell’attendibilità, anzi decisamente unreliable, untrustworthy. La più sospetta d’esser di natura letteraria, dunque fiction, è stata proprio il matrimonio all’Eliseo, eppure posso assicurare gli scettici che è realmente accaduto, c’erano Nicolas e Carla, Fred Vargas, Gerard Depardieu, Marjane Satrapi, Pierre Boulez, Daniel Pennac, Lilian Thuram, Michel Platini, molti politici, moltissimi giornalisti, telecamere dappertutto.
Finita la cerimonia ci han portati in una splendida sala del palazzo presidenziale e un esercito di camerieri in livrea han servito la cena, una suite infinita di leccornie, i francesi cucinano proprio bene. Alla fine per digerire han servito assenzio, che per legge è proibito ma tradizione vuole che il capo dello stato possa berlo con gli amici per inebetirsi e prendere decisioni di politica estera. Io non bevo, l’ho solo annusato, profuma di anice, gli altri invece ne hanno approfittato perché poteva essere la prima e ultima volta che facevano quell’esperienza, così sono quasi tutti finiti ubriachi a cantare Quel mazzolin di fiori,
 la sanno anche i francesi, è come per noi Sur le pont d’Avignon l’on y danse, l’on y danse, sur le pont d’Avignon l’on y danse tout en rond.
Dopo il mazzolin di fiori hanno cantato l’inno francese, poi Va pensiero, Sur le pont d’Avignon, La mer di Charles Trenet e Unter der Lanterne, chissà perché, credo per via dell’assenzio. Io non cantavo, guardavo e basta, cercavo prove di realtà, toccavo il tavolo, immergevo l’indice nel bicchiere per vedere se si bagnava, pizzicavo Adelina per studiare l’effetto, sono pure andato alla toilette presidenziale per bussare le pareti e verificarne la consistenza, avevo il terribile sospetto che fosse tutto di cartapesta, come a Cinecittà. Invece era tutto vero e ne ho avuto conferma stamattina vedendo il telegiornale su Antenne 2, eravamo proprio noi, i pericolosi terroristi italiani che avevano seminato il terrore nelle strade di Parigi uniti in matrimonio dal Presidente della Repubblica, loro presunto obiettivo insieme alla moglie Carla.
Abbiamo dormito fino alle dieci, Adelina ha ospitato tutti gli amici di Ponte Sisto, che in verità potevano anche dormire sulle panchine tanto erano ciucchi. Siamo riusciti a portarli nelle stanze dell’albergo e adesso stanno ancora dormendo. Io ho fatto la doccia, la barba, ho trovato per magia dei vestiti puliti della mia taglia, dev’esser stata quell’angelo di Adelina, poi ho svegliato Adelina con un bacio e le ho detto che le avrei portato su la colazione. Ha fatto un sorriso meraviglioso, potrei nutrirmi solo del suo sorriso, rinunciare al resto, il bello è che adesso è mia moglie…piuttosto, penso scendendo le scale, e il certificato di matrimonio? Devo ricordarmi di farmelo dare.
Ho fatto portare su un vassoio con croissant, caffè, succo d’arancia e yogurt, abbiamo fatto colazione, poi mentre Adelina faceva la doccia ho acceso il portatile e aggiornato questo mio trattato sull’anima migrante. Devo dire che ormai sono molto vicino alla verità e devo anche ammettere che il merito è anche di Ciocci che mi ha aperto gli occhi. Il suo teorema si sposa egregiamente con le mie convinzioni, siamo solo vestiti, capi d’abbigliamento che coprono la nostra anima, le danno una forma anche per evitare che il vento e gli agenti atmosferici la disperdano nell’aria. I nostri corpi la trattengono dentro, perché la sua natura è volatile, ma proprio come i vestiti a un certo punto si consumano e tornano terra, così l’anima ne sceglie uno nuovo, possibilmente adatto al suo carattere.
Però restano ancora molti dubbi, qualcosa ancora proprio non torna. Ad esempio la nuova Adelina, così diversa dall’altra. Il dubbio è che non sia lei. Allora avrebbe ragione Camilla, son venuto a Parigi a cercare una donna perché avevo bisogno di una donna, e siccome la desideravo l’ho trovata. Il ragionamento fila, gli scapoloni le donne non le desiderano, preferiscono star soli, altrimento una la troverebbero, è pieno. Se ha ragione Camilla l’anima di Adelina, poi cucù, è ancora in giro…questo pensiero mi fa passare il buon umore, anzi mi terrorizza. Cosa faccio se l’incontro? Le dico che appena si è sfasciato il cucù mi sono precipitato a Parigi ma ho sbagliato Adelina e l’ho pure sposata? Calma, mi devo calmare. Avrei bisogno di aria fresca, di una passeggiata, è una giornata splendida, potremmo fare una gita. Ecco, Adelina ha finito, ha un tailleur giallo limone RAL 1012, come sempre è splendida.
“Sei splendida”
“Pure tu, però sai ancora di trementina”
“Ho fatto la doccia…”
“Forse devi fare un giro di lavasecco”
“Va bene, però dopo, adesso andiamo a spasso”
“Dobbiamo fare il viaggio di nozze”
“Dove vuoi andare?”
“A Roma”
“Quando?”
“Adesso, giusto il tempo di dare istruzioni al personale dell’albergo e prendere lo spazzolino, il resto lo compro là”
Scrivo un messaggio per Ciocci, Camilla e gli altri, lo metto in una busta con i soldi per il biglietto di ritorno, poi mi innaffio il collo di Acqua di Giò per togliere l’essenza di trementina e chiamo Theodore.
“Ciao Theodore, sei in zona?”
“Sotto l’albergo, vi aspetto”
“Ma…”
“Ciocci”
“Ciocci cosa?”
“Mi ha chiamato, mi ha detto che dovete andare all’aeroporto Charles De Gaulle”
“Ciocci?”
“Si, qualche problema?”
“No, arriviamo subito”
Ecco, Ciocci, di nuovo lui, come diavolo ha fatto a sapere che partiamo? Io l’ho saputo un secondo fa, lui lo sapeva già…il babbo…Dio…ma certo…mi devo solo abituare, poi non ci farò più caso, siamo tutti nelle sue mani e Ciocci lo sa, facciamo quello che gli frulla in testa, come marionette, pupi siciliani…adesso ha deciso che andiamo a Roma, ma se gli gira fa in modo che un terrorista dirotti l’aereo e ci porti a Dubai o a Merlazza. Se gli gira s’inventa che a Merlazza c’è un aeroporto internazionale e ci fa atterrare lì, ci sarà il conte di Antignano ad accoglierci, insisterà per farci mangiare la fonduta nel suo agriturismo.
Vado giù alla reception, Adelina mi aspetta sorridente, ha solo la borsetta e un libro voluminoso.
“È Platone, lo leggeremo in aereo”
Theodore e Thérèse ci portano al Charles De Gaulle, in macchina ascoltiamo La clemenza di Tito. Ecco, adesso sto di nuovo bene, mi è passata l’ansia, dev’essere l’aria di Sesto con clarinetto obbligato, Parto, ma tu ben mio, oppure è merito di Theodore e Thérèse, sempre così sereni e tranquilli, o di Adelina. Al quintetto con coro Deh, conservate oh dèi chiudo gli occhi beato e dormo.

1 commento:

  1. Parto, ma tu ben mio, meco ritorna in pace
    Sarò qual più ti piace, quel che vorrai farò.
    Guardami, e tutto oblio, e a vendicarti io volo;
    A questo sguardo solo da me si penserà.

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