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venerdì 4 maggio 2012

SU FOGU capitolo quattordici



hanno rapito la  Tina Koper quindi ooggi solo il capitolo

14.
Tra lacrime e fuliggine non mi erano sfuggiti i profondi occhi neri né lo sguardo intelligente, ma tutto il resto lo avevo sottovalutato. La dottoressa Fresi era confezionata con capelli castani, abbastanza chiari, lisci e spessi, non più raccolti a coda di cavallo e ancora umidi di doccia recente; sotto le folte sopracciglia dal disegno a falce, occhi talmente neri da non avere distinzione tra pupilla e iride, con un taglio zingaresco che sembrava scalpellato sulla pelle olivastra. Un sottile limite, nelle donne di questo tipo, separa la bellezza assoluta da una sorta di pesante volga­rità, spesso accentuata dal trucco. La Fresi non correva questo pericolo. Aveva spalle larghe su un corpo vigoroso, e una muscolatura molto sensuale; il tutto ingentilito dal collo, lungo e sottile, solcato da una sola ruga, continua e ben definita e da polsi affusolati che mi facevano indovinare una logica corrispondenza con caviglie stu­pende. Le mani erano quasi maschili, nodose e forti, l'epidermide abbronzata ancora segnata dalle escoriazioni che si era procurata la notte precedente. Si possono immaginare molte situazioni da condividere con una donna del genere: un interrogatorio quasi ufficiale non è tra queste.
- Commissario, non mi riconosce? - mi venne incontro porgendomi la mano e sorridendo. Balzai in piedi brancolando per sorreggere contemporaneamente la sedia, che si ribaltava, la mano, che mi porgeva, e me stesso, sempre bisognoso di un qualche sostegno.
- Le chiedo scusa, ero soprappensiero e, in effetti, lei è quasi irriconoscibile.
- Ammetto che al nostro primo incontro nessuno dei due era al meglio della sua forma. - Rise. - Posso sedermi o dobbiamo andare da qualche altra parte? - Le feci cenno di accomodarsi e chiamai il cameriere: ordinò un tramezzino e una limonata, spiegandomi che aveva ancora una gran fame. Rideva facilmente, forse troppo: ero incerto se attribuire questa novità al nervosismo represso o a qualche buon consiglio legale, magari telefonico. Decisi di levarmi subito il dubbio.
- Ha poi consultato il suo avvocato?
- Ma no, commissario! Credo di doverle delle scuse per come mi sono comportata ieri. Spero abbia capito il mio stato d'animo e la mia stanchezza. Erano quasi ventiquattr'ore che non dormivo: ho poco tempo per le mie ricerche, sono personali e non finanziate, dunque sto qui sulle spese. Dopo una giornata sul terreno, spesso continuo a lavorare fino a tarda notte, in camera mia. Anche l'altra sera ero in pensione, a rivedere...
- Quale pensione, scusi?
- Quella di Costantina Lurai, la conosce? Si trova un po' fuori del paese: l'ho scelta perché è vicina all’area che devo studiare, è pulita e costa poco. Come le di­cevo: ero in camera, quando, al piano di sotto, è iniziata una certa agitazione. Porte che sbattevano, gente che entrava e usciva. Non so, tutto in un silenzio strano, come se non volessero farsi sentire. Sono andata a vedere cosa stava succedendo e qual­cuno mi ha detto che era scoppiato un incendio, dalla parte di Cala Veronese. Così ho preso la macchina e sono corsa via.
- Ma perché?
- Ma perché è la zona che sto studiando. - Alzò le spalle: - che stavo studiando.
- Dove ha lasciato la macchina?
- Piuttosto lontano dal fuoco e sopravvento.
- È ancora lì?
- No: sono andata a riprenderla stamattina. Come crede che sarei arrivata fin qui, altrimenti?
- Non ha tutti i torti. - Sorrisi. - E ieri nessuno l'ha fermata? Che auto è?
- Una Panda vecchio tipo, verde chiaro. Il miglior surrogato della jeep, se uno non ha soldi.
- Da quanto tempo si trovava sul posto, quando ci siamo incontrati?
Il suo sguardo si approfondì, oppure si sciolse qualcosa nelle iridi, mentre mi guardava. Mentre guardava me, voglio dire, non il poliziotto. Almeno così mi era sembrato, e me ne preoccupai.
- La devo ringraziare, sa. Di avermi portato via da quel posto. - Un lungo silenzio, continuava a guardarmi. Non sapevo che fare. - Ero lì da ore: - si riscosse - non facevo che ripetermi: tutto finito, tutto bruciato... mi sembrava... come se fossi diventata matta.
- Ma cosa stava studiando, esattamente?
- Niente di fondamentale per l'umanità. Ma per me sì: dovevo dimostrare una teoria.
- Lei è una giornalista? - le chiesi a bruciapelo.
- Che strana domanda! No, sono una ricercatrice. Ma come le è venuta questa buffa idea?
- È una teoria di uno dei miei collaboratori. E anche del comandante dei Vigili del fuoco.
- Quello con gli occhi splendidi?
- Non saprei, - risposi rapido, virile e soprattutto ingelosito - ed aggiunsi: - qual è il nome scientifico del mirto?
Lei rise a lungo. – Qual è la definizione esatta di “omicidio di primo grado”, commissario? Comunque è myrtus communis. Contento?
Risi a mia volta, poi indicai con un cenno del capo il declivio coperto di macchia, che si stendeva davanti ai nostri occhi, fuori della vetrata. - Le piace qui?
- È molto bello. La ringrazio per non avermi convo­cato in Questura.
- Non intendevo questo, comunque prego. Volevo dire: non potrebbe studiare questa zona, o un'altra ancora? Cosa c'era di tanto speciale in Cala Veronese?
Tacque per un istante, come chi si ingegna a fornire una risposta comprensibile a un bambino. Infine un lampo ironico le attraversò il sorriso: - Se lei dovesse cer­care i responsabili di un incendio, infami piromani assassini, perderebbe il suo tempo interrogando una povera botanica?
Colpito. - Vuole mangiare qualcosa, qui al ristorante, così non è più una perdita di tempo ma un pranzo a spese di un povero poliziotto?
- Perché no! - rispose senza esitazioni. E sorrise. E di nuovo il suo sguardo si conficcò nel mio.

16 commenti:

  1. Comincio anch'io con le paranoie di Ernico C.: Ma qualcuno lo legge il giallo? e' vero che non è che lo posso cambiare, dato che è scritto nel 1994 e quindi esiste (al contrario del romanzo di Enrico C che lo sccriveva ogni santo giorno), ma magari qualcosa si può aggiungere. Mi sento incompreso. Che sensazione incomprensibile (nel vero senso della parola)!

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  2. io lo leggo, se vuoi fammi domande
    (comunque so cosa provi, dicono che han da fare come se io e te ci grattassimo la panza, mentre in realtà oltre a fare la nostra professione ci facciamo in quattro per loro, per la loro cultura, altrimenti resterebbero ciucchi come l'amico di Pinocchio, ormai penso penso che ciucchi ci voglion restare: c'è una bella copertina delle mie pecore che li ritrae, mi pare la numero 11)

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  3. "penso penso" è un errore di sbaglio

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  4. anch'io lo leggo mi tocca
    ho anche cercato marta fresi che esiste pure
    ma questo Enrico è quello vero?

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  5. Ma chi ti tocca?

    Enrico C.

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  6. questo qua è falso, si riconosce dal contenuto e dalla firma, che infatti è inutile se c'è il logo in alto a sinistra, quello di prima infatti è vero, i veri sono solo quelli col logo rosso in alto a sinistra, santa genoveffa!

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    1. era una battuta, santa guendalina!!!

      comunque se questi scioperati smettono di leggere e commentare, io chiudo!

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    2. ecco mmi piacerebbe saperlo anch'io
      anche con un messaggio privato
      giuro che non lo dico a quello vero

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  7. io leggo tutto avidamente, così come mangio. Mi rompe un ballino Marta Fresi che è una mia vera collega superimpattata, studiosa di mirto e corbezzoli, bona e leggermente zoccola
    Comunque mi rassegno
    Roscia

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  8. Leggermente zoccola ci sarà tua sorella!
    e forse pure tu anche se non ho capito chi tu sia
    poichè non ho colleghe con i capelli rossi

    Marta

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    1. Non puoi dare della zoccola alla sorella della mia amica Roscia!
      Se vuoi prenditela con Tina Koper.

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  9. Leggo e continuerò a leggere e commentare, solo che ogni tanto mi prendo ferie per mangiare, lavorare, dormire ed altre amenità. E il commissario è ganzo, ma quello dagli occhi splendidi dove è finito?

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  10. Se domani piove tutta vita sul blog e sui filmati USA!

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