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martedì 22 maggio 2012

SU FOGU capitolo ventiquattro




24. - ...non per la nostra flora, commissario, o non solo: sono azioni oltraggiose per l'intelletto umano. Questo sono! - il professor Vetrano, con un inossidabile accento toscano, sembrava ormai inarrestabile. Dall'inizio della nostra conversazione ero riuscito a comunicare soltanto nome e grado, mentre lui, da dieci minuti buoni, si era arrogato il privilegio di esternare a nome della comunità scientifica, ma a mio esclusivo uso e consumo, tutto il biasimo per la piaga degli incendi.
Lo avevo incontrato dopo un lungo girovagare all'interno della Città Universitaria semideserta, quasi un pellegrinaggio nei luoghi della mia memoria studentesca. Avevo percorso il viale d'accesso, evitando accuratamente di inoltrarmi attraverso i corridoi coperti di verzura che lo costeggiano e di rivolgere lo sguardo alla statua della Minerva: ai tempi miei entrambe queste azioni, se praticate prima della laurea, erano foriere di tremenda sventura e dunque tabù per tutti gli studenti. Avevo sbirciato attraverso le inferriate e la doppia vetrata della Facoltà di Lettere, che con grande rammarico trovai chiusa per le ferie di agosto: almeno da fuori tutto sembrava immutato; mancavano soltanto le scritte sui muri dell'androne, ricoperte da un'apolitica verniciatura beige. Continuai a camminare seguendo i cartelli indicatori (altra novità: nel mio primo anno da matricola non riuscivo a trovare neppure le segreterie), immerso in un silenzio quasi notturno e accompagnato soltanto dal suono dei miei passi. Giunto alla palazzina di Botanica mi fu spiegato, da un usciere impegnato nella lettura integrale del Messaggero, come raggiungere la serra e, contestualmente, il professor Vetrano, che la occupava in beata solitudine. La coloritura chandleriana di quella singolare coincidenza mi autorizzava a figurarmi il mio prossimo incontro con un vecchio generale paralitico; fui invece accolto da un elegante sessantenne, dal cranio sfuggente e notevolmente alleggerito da una calvizie totale che conferiva alla fronte già piuttosto alta una connotazione quasi nuragica. Gli occhi cerulei, vaghi e tristi dietro le lenti cerchiate d'oro, e un lungo naso aristocratico sottolineavano la tendenza discendente dei suoi tratti somatici. Mi strinse la mano calorosamente come se, tutto sommato, fosse contento di vedere qualcuno.
- Così la nostra dottoressa Fresi è diventata una  testimone preziosa. Certo per un botanico assistere a un incendio è come subire uno stupro... - la lunga filippica, che assunse da subito i toni di una conferenza per addetti ai lavori, iniziò così. Restio a interromperlo, anche perché non sapevo da che parte affrontare lo spinosissimo argomento senza tradire più di tanto l'impegno preso con Marta, mi ero limitato a parchi cenni di assenso mimici, con sottolineature, nei passaggi decisivi, a base di vistosi inarcamenti  sopraccigliari.
- ... mi scusi, commissario: lei non avrà certo tempo da perdere con le mie sterili recriminazioni - mi venne in aiuto lui stesso, ma era già passato un quarto d'ora. - In che modo la Fresi è implicata nella faccenda?
- Implicato è un termine un po' forte: il nostro comune amico, Giuseppe Casula...
- Il caro Casula: una persona deliziosa, un signore all'antica...
- Oh, certo, - lo interruppi subito - bene, il giudice Casula vorrebbe soltanto sapere quale può essere il grado di attendibilità, se così si può dire, della dottoressa, anche in considerazione dell'innegabile coinvolgimento psicologico cui lei stesso faceva riferimento: - a volte mi vengono così, le bugie: naturali e altisonanti, - accertamento di prove testimoniali, per farla breve.
- È chiaro, è chiaro; - pareva aver abboccato - le dirò: il coinvolgimento ci deve essere e va considerato. La dottoressa accusa qualcuno? - il tono era preoccupato, ma paterno.
- No, assolutamente. Ciò che sarebbe importante appurare sono le motivazioni che hanno spinto la Fresi ad essere la testimone oculare più prossima al disastro. - Speravo che la distrazione impedisse al professore di analizzare nel profondo la mia frase e di ricavarne il vero significato. Grazie al cielo in quel momento irruppe nella serra una virago sbuffante che accennò a una specie di saluto nella nostra direzione.
- Vieni, vieni, Laura, tanto noi andiamo via: qui fa troppo caldo per chiacchierare. Laura, questo è il commissario Fontana; commissario, la professoressa Saluzzi, mia esimia collega. - Le strinsi la mano scivolando veloce oltre il suo sguardo, divenuto indagatore al suono della mia qualifica. Nel corridoio riaffiancai il professore che, camminando speditamente, si era introdotto in uno studiolo.
- Come le dicevo, caro amico... - veramente stavo parlando io: Vetrano, nel suo egotismo, si stava rivelando un'ottima spalla nel gioco del dire e non dire - ...la Fresi è una donna sensibilissima e particolarmente attaccata non solo al suo lavoro, ma proprio alla sua materia. Le piante sono la sua vita, sa? il suo interesse principale. Anche sentimentale. - Rise per la battuta. - Lei conosce personalmente la dottoressa Fresi?
- Sì.
- È carina, vero? una bella donna, insomma. Bene: a quanto ne sappiamo noi, non ha mai avuto un compagno, un fidanzato, un corteggiatore, niente di niente! - considerai con stupore l'inclinazione al pettegolezzo da parte di un cattedratico che mi era stato descritto come la quintessenza del distacco dalle cose terrene. - Non le sembra strano? E invece no: è come se fosse una missionaria, una suora della scienza, se mi consente l'accostamento. - Se dicessi che trasecolavo userei un eufemismo: le suore che incontro di solito non girano vestite solo di un turbante di asciugamani. Mi chiedevo se non avessi sbagliato tutto, nel mio giudizio su Marta o se invece non si sbagliasse Vetrano  - Ebbene, il fatto che Marta si sia avvicinata al luogo dell'incendio fino al punto da diventare il vostro testimone più attendibile, non mi stupisce: deve esserci di mezzo il suo lavoro, il suo coraggioso attaccamento al lavoro. Dov'è, esattamente, la zona distrutta?
- Il promontorio di Cala Veronese e le immediate vicinanze. Lei conosce...
- Conosco benissimo quei posti. Mi scusi un momento solo. - Trafficò per qualche minuto intorno a una cassettiera di legno che torreggiava al lato della sua scrivania; ne estrasse una vecchia carta topografica dell'Istituto Geografico Militare, sulla quale erano state riportate chiazze di vari colori che dovevano corrispondere alla legenda appesa con le puntine sulla parete alle spalle di Vetrano, dato che lui la consultava alternativamente alla carta.
- È tutto chiaro. Marta non è proprio capace di prendersi una vacanza! Sa cosa stava facendo? tentava di far passare Onida per fesso! - e rise di gusto.
- Può spiegarsi meglio, professore.
- Ah, non credo che la cosa possa interessarla. Quello che posso dirle è che Marta conosce quel territorio meglio di me e lei. - Era evidente che Vetrano confondeva l'attendibilità del testimone con la competenza del ricercatore. -  In ogni caso le dirò: Marta mi chiese se avessi niente in contrario a che si prendesse un periodo di vacanza, e io fui ben lieto di agevolarla: è sempre così stanca, povera figlia! Ma ora capisco che si era recata in Sardegna per lavorare. Sa, è in corso una polemica tra lei e il dottor Onida, dell'Università di Cagliari. Per me, che sono vecchio, è al massimo divertente, ma credo che per loro sia una cosa seria. È evidente che Marta era lì per dimostrare l'infondatezza delle ipotesi di Onida. Altro che vacanze!
- Quali sono queste ipotesi?
- Non credo di essere un divulgatore  così bravo da riuscire a farle apprezzare in pieno le sfumature della que­relle, - Vetrano mi stava dando, con estremo garbo, dell'analfabeta, - ma ribadisco che, alla luce dei fatti, esiste un forte coinvolgimento psicologico della dottoressa Fresi in tutta la faccenda.
- Sono certo che lei mi scuserà se insisto, ma glielo chiedo a livello di curiosità personale: vorrei davvero conoscere i termini precisi della diatriba Fresi-Onida. - Sorrisi, con una stolida aria complice.
- Caro Fontana, non è semplice: deve sapere che Marta Fresi è diventata quello che è, e ha raggiunto una certa notorietà, grazie ad uno studio di paleobotanica che riguardava proprio la Gallura. La Gallura interna, si intende, perché le coste sono troppo esposte alle contaminazioni "esterne", se mi spiego.
- Si spiega benissimo.
- L'anno scorso, dopo una breve ricerca nella zona costiera che comprende anche Cala Veronese, Onida ha scritto un articolo, corredato di foto e disegni, che tende in ultima istanza a dimostrare l'infondatezza delle tesi di Marta sulla base del presunto ritrovamento di una "stazione" di un certo tipo di pianta proprio sulla costa. La stazione rilevata da Marta nell'interno sarebbe dunque di provenienza esterna, importata e non originaria.
Cominciavo a non capire più niente di quello che Vetrano mi spiegava con malcelata impazienza. Era evidente che gli seccava inoltrarsi in particolari che non erano recepiti dall'uditorio, né intendeva improvvisare un corso propedeutico. D'altronde a me interessava solo capire se la ricerca di Marta potesse celare un movente oppure no.
- Non credo di poterla seguire nei particolari. Ma tutto questo cosa comporta?
- Comporta che, se è vero ciò che dice Onida, il cavallo di battaglia di Marta s'è azzoppato.
- Perché dice "se" è vero?
- Perché Marta non ci credeva, e io mi fido del suo giudizio: diceva che le foto non erano chiare e tantomeno le localizzazioni. Tutto il lavoro di Onida, secondo lei, si basa su tesi preconcette.
- Dunque la Fresi cercava qualcosa che doveva assolutamente non esserci? - citai direttamente le parole di Marta, per trovarne conferma diretta.
- Lei ha colto nel segno. - Disse Vetrano con un certo stupore.
- Tutto questo che peso ha? Voglio dire: per un ricercatore?
- È una domanda difficile. - Rise ancora, forse per farmi cogliere la sfumatura ironica  di quanto stava per dire. - Se non temessi di essere frainteso arriverei a dire che qualcuno di noi, per una cosa del genere, potrebbe anche uccidere.
Lo lasciai che rideva ancora del suo magnifico scherzo. Che a me, francamente, non piacque proprio: mi congedai in fretta, con le ginocchia molli per un pensiero che martellava nella testa: uccidere no, ma  incendiare le prove magari sì!

5 commenti:

  1. sarà perchè la marta sta sul culo a roscia, ma questo giallo incomincia a prendermi

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  2. esto commissario Fontana tiene una carica erotica da miliones de watt

    Pilar

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  3. La copertine è bellissima: potrebbe essere di un libro della Vargas (te piacerebbe!!)

    Voglio fornirvi un piccolo indizio, tanto per aiutarvi: l'assassino è zio Caimano, complice la notte e la luna piena. Zio Caimano, d'altra parte, era o non era licantropo? (e qui mi rivolgo, in particolare, a Gede, che sa la storia).

    Un altro piccolo indizio: attenzione ai particolari. Per esempio: chi si ricorda come era vestita la Fresi durante l'incontro al bar dell'associazione velica? Senza andare a rileggere: rispondete subito. A chi se lo ricorda invierò via posta celere una busta contenente il vero nome di zio Caimano, di sua moglie e dei figli (i nipoti non li so).

    Il prossimo romanzo lo scrivo quando vado in pensione e avrà per argomento: Licantropia. L'esempio di zio Caimano (forse lo scrivo con la K - Kaimano: sicuro vende di più).

    Quello dopo ancora lo scrivo con pseudonimo giapponese: adesso vanno un bè di moda i libri giappo. Lo firmo Py Lon e lo intitolo Shu Foku.

    Quello dopo ancora lo chiamo "Vita di Gustavo Selva" e lo dedico a Frajese (Marina, però).

    L'ultimo lo chiamo "O l'uno o l'altro" e lo dedico A ENRICO C. E A UNOVALELALTRO. INNOVATORI.

    Saluti. Pilon

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  4. ma quand'è che vai in pensione

    Enrico C.

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