26. Marta tacque a lungo; ora sembrava meno confusa e molto
concentrata. Soprattutto gelida. Alla fine si scosse e mi sibilò:
- Tu, maledetto figlio di puttana! Sei stato tu a combinare questo casino!
Fai sempre così? ti porti a letto le testimoni per poi incastrarle? con chi hai
parlato, chi ti ha detto di Onida?
- Vetrano. - Cercavo di mantenere la calma, almeno io, ben sapendo che
tutto ciò che accadeva era solo colpa mia e che non potevo prendermela con
nessuno, tanto meno con lei.
- Con Vetrano?! mi hai rovinata. Hai sentito? rovinata,
definitivamente. Gli hai anche detto che sono stata a letto con te, oppure hai
affisso un avviso in bacheca?
- Senti, ti ho supplicata di dirmi qualcosa di più. Pregata in
ginocchio. Nessun altro, tanto meno un poliziotto, si sarebbe compromesso fino
a questo punto: lo sai, no, che rischio il posto anch'io? Hai detto che credi
in quello che fai, ecco: anch'io ci credo. Se non ti dispiace credo nella
giustizia e anche nella legge. Lo trovi fuori moda? Trovi fuori moda il mio
lavoro, o pensi che sia un mestiere odioso? Bé, che ti piaccia o no il settanta
per cento del mio odioso mestiere consiste esattamente in questo: scoprire
quello che le persone non dicono. Perché? Perché se non lo dicono spesso
significa che lo vogliono nascondere, e se lo vogliono nascondere vuol dire che
potrebbero esserne danneggiate. Lo sai cos'hai fatto, tacendomi come una mula
della questione di Onida.
- No, e non lo voglio sapere.
- Ti sei compromessa, e parecchio: minimo sei un teste reticente. Sai
cosa pensa Casula? E guardami, quando ti parlo! - Adesso nei suoi occhi c'era
una vena di paura. - Pensa che tu abbia voluto distruggere la prova del fatto
che Onida ha ragione e tu torto, distruggendo insieme anche una donna e un
vecchio che non c'entravano niente. Sei soddisfatta?
- Ma non è così. Non è così! È tutto il contrario: - ormai gridava -
non lo capite che così ha vinto Onida, che l'ultima parola l'ha avuta lui, e
una volta per tutte. L'incendio ha distrutto le sue bugie, non la mia
incompetenza. Cercavo le prove di una svista, e le avevo quasi trovate. Ma sua,
non mia.
- Ma perché non me lo hai detto? Perché?
- Perché ho pensato che tu mi... - le ultime parole si persero in un
bisbiglio.
- Cos'è che hai pensato?
- Che tu mi ritenessi responsabile dell'incendio. - Pronunciò la frase tutta d'un fiato, chinando la testa.
- Ah! Lo vedi! - ormai gridavo anch'io, esacerbato dalla sua
cocciutaggine - lo vedi che ho ragione. Ma porca miseria! non hai capito
proprio niente: ti volevo aiutare, ti voglio aiutare. A tua disposizione: uno
zerbino, altro che un poliziotto! Se mi avessi detto che esisteva un motivo,
anche lontano, per cui qualcuno ti avrebbe potuto addossare la responsabilità
dell'incendio, avrei fatto in modo di consigliarti per il meglio, invece di
aggravare, involontariamente, anzi costretto, la tua situazione. Te l'avevo
detto che cercavamo un assassino, non un ricercatore piromane.
La porta si aprì all'improvviso e Giuseppe rientrò. Ero vicino alla
finestra e mi limitai a girare le spalle dedicandomi ad una sistematica
contemplazione del paesaggio. Marta tentava di ricomporsi, ma aveva gli occhi
pieni di lacrime e la voce ancora tremante di rabbia.
- Dottoressa Fresi, - il tono di Casula era severo, ma non sferzante -
lei si rende conto che la sua situazione è tutt'altro che chiarita. - Assunse
un tono distaccato, quasi burocratico. - Gli elementi attualmente a
disposizione della Procura relativamente all'inchiesta sull'incendio doloso di
Cala Veronese mi costringono a considerare l'eventualità di un suo
coinvolgimento. Questo anche se, personalmente, la ritengo incapace di compiere
un gesto tanto efferato, oltre tutto contrario alla sua etica professionale. La
devo avvisare che lei sarà iscritta nel registro degli indagati e la prego
pertanto di considerarsi a disposizione delle autorità. Le consiglio di
trovarsi un buon avvocato; se vuole ricorrere a un professionista di qui, credo
che il commissario Fontana sarà lieto di indirizzarla. Al momento, per quanto
di mia competenza, ho finito.
Si salutarono. Mentre Marta usciva borbottai qualcosa anch'io. Sempre
di spalle alla scrivania di Casula, lo sentii armeggiare con l'incartamento: il
silenzio durò ancora qualche minuto.
- Cosa ne pensi? Le hai parlato quando mi sono allontanato?
- È una maledetta pazza! - mi voltai per guardare Giuseppe negli occhi:
ero in ballo e dovevo ballare, - certo, si è messa nei guai, ma non ha
appiccato lei il fuoco.
- Come fai ad esserne tanto sicuro?
- Giusè, quello che sostiene è vero: Onida ha pubblicato quell'articolo
e tutti l'hanno letto: che senso avrebbe distruggere la verità se questa già
corre sulla bocca di tutti?
- È vero, ma fino ad un certo punto: metti che lei, invece di non
trovare ciò che non voleva trovare, l'abbia trovato. Bello, chiaro e lampante.
Può essersi fatta prendere dalla rabbia o dal rancore. Oppure aver pensato che
l'articolo di Onida non aveva ancora compromesso le sue teorie, almeno non
tanto quanto poteva farlo l'accertamento definitivo e incontrovertibile del suo
errore. A maggior ragione se fosse stata lei stessa a compierlo.
- Poteva starsene zitta, e la vicenda sarebbe stata presto dimenticata.
- Non è quello che dice Vetrano.
- Va bene, mettiamo che abbia ragione tu. Però in tutto questo non vedo
ancora alcuna spiegazione per la strana morte di Luisa Rinaldi. Ci stiamo
completamente dimenticando di un ramo delle indagini, proprio quello che ci
convinceva di più.
- Tra qualche giorno dovrei sentire anche l'ingegnere. Ma se gli
elementi che abbiamo in mano sono solo questi, il lavoro svolto finora è
senz'altro insufficiente. Non hai notizie dal fronte degli incendiari? Nessun
altro elemento che possa scagionare la tua dottoressa Fresi? - Nei suoi occhi
passò, fulmineo, un lampo ironico.
- No.
- Ne evinco che non sei stato a Sassari.
- No.
- Non trovi che a questo punto sia necessario?
Io sto scrivendo un romanzo giallo (quasi arancione) che racconta di due archeologi che per puro caso si incontrano in Sardegna. Nasce una bella amicizia, messa però a rischio dalla comparsa di un musicologo romano e di una alta dirigente ex pasionaria ambientalista. Ci scappa il morto, un povero architetto di Trieste. Vedremo come principale inquisita la sua moglie che si finge spagnola.
RispondiEliminanon vorrei svegliare il can che dorme, cioè Ruby, ma Enrico Careri che fine ha fatto? Mi manca!
RispondiEliminaRoscia
miao!
EliminaOddio! Che c'entra l'ingegnere?! La trama s'infittisce. Cordialità.
RispondiEliminasi enrico che fine hai fatto?
RispondiEliminami avevi promesso che avresti sempre commentato e frequentato il blog ad oltranza
non sei di parola
lo faccio, ma sono oberato, obeso d'impegni scientifici di altissimo livello, e confesso d'esser rimasto un po' indietro, ma più tardi mi metto in regola, adesso devo andare in piscina, comprare la legna per il barbecue e portare la foto dei gatti alla stazione, questo devo fare, oggi, poi si vedrà, a proposito oggi faccio 25 anni (o 52, non ricordo, se mi guardo allo specchio potrei essere un cinquantenne che se li porta bene oppure un venticinquenne stanco. Perché in questo blog tutti si chiamano con nomignoli o abbreviazioni e io son l'unico con nome e cognome? E poi al mio editore: c'è un concorso di "Ilmiolibro", chi se lo pubblica lì può vincere il primo premio ed esser pubblicato da Feltrinelli, ma io non son capace, puoi farlo tu e poi ti pago? Così ci metti una bella copertina. Eddai, fallo, su. Fallo.
RispondiEliminamaleducato
Eliminasi ma prima devi farlo a tue spese
RispondiEliminase vuoi lo faccio ma a tue spese! credo che ci siano un minimo di copie da ordinar per te e poi puoi venderle nella loro vetrina
il concorso può darci che ci sia ma tra quelli che hanno prima pubblicato
certo a mie spese, pago, ma fallo. Compro dieci copie e poi ti faccio un bonifico, chi vuole se le compra su "Il mio libro" e gli faccio la dedica personalizzata, tipo "a Roscia, il tuo scrittore preferito, EC
RispondiEliminagrazie
EliminaRoscia
dopo aver letto il capitolo 26 ho capito finalmente quello che mi manca, la storia, Pilon invece ce l'ha perché ha una bella memoria e riesce a pensare, ricordare quello che ha pensato e scriverlo anche a distanza di giorni, io invece penso e se non scrivo subito si perde tutto nei meandri, quindi chiederei gentilmente a Pilon di scrivermi un bell'intreccio, me lo appendo da qualche parte e lo seguo pedissequamente
RispondiEliminagrazie
Ma che dici?! Questa cosa l'ho scritta nel '94! Adesso ho un collare con scritto l'indirizzo di casa e il mio nome, così le vigilesse mi possono riportare quando ho finito di lavorare. Pilon
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