oggi niente copertina, sciopero dell'editore
15.
Approfittai
degli aperitivi per accertare alcuni dati elementari: la Fresi non aveva visto
nessuno aggirarsi sul luogo dell'incendio e non aveva visto niente che potesse
farle pensare ad un incendio doloso, malgrado fosse convinta anche lei che
proprio di questo si trattasse. Avevo cercato di rendere l'interrogatorio meno
pressante, introducendo nel discorso il racconto della “vittoria di Pirro” e
delle altre gesta del pompiere-Troll. Pareva essermene grata, perché abbandonò
quell'atteggiamento di finta tranquillità e si rilassò davvero. Ma io no.
Saranno secoli che non mi innamoro, non ricordo più i sintomi: ma
quell’irrefrenabile desiderio di sfiorarla, non so, o prenderle la mano,
toccarle i capelli… solo attrazione sessuale, impulsi animali, mi suggerivo,
pulsioni indecenti, nonché scomode perché dovevo anche tenere in pugno i due
piani che avevo involontariamente imposto alla conversazione. Volevo sapere
tutto di lei (maritata? fidanzata? quanti uomini l’avevano toccata, quando il
primo bacio e dove e chi era stato il maledetto porco ecc.) ma questo non
sembrava avere troppa attinenza con l'indagine in corso. Vero! avrei dovuto
sondare meglio i punti ancora oscuri del suo racconto, ma temevo di riuscirle
sgradito come persona - e anche qui si profilava un conflitto di interessi. Mi
sbloccai tardi, o presto, quando portarono la frutta e, all'improvviso, come
sempre succede quando si deve dire qualcosa di imbarazzante cui si pensa da
ore, le parole mi uscirono troppo rapide e dense.
-
Lei sa perché la sto interrogando? - e mi sarei tagliato la lingua. Sembrava
stupita. Forse delusa.
-
Non credevo che mi stesse ancora interrogando. Mi sono sbagliata?
-
No, no, mi scusi, il mio modo di dire era infelice. Vorrei sapere se conosce il
motivo per cui è stata, diciamo, convocata.
-
Immagino perché mi avete trovata "sul luogo del delitto". Sono anche
una sospettata?
-
Vede: io non credo che lei sia responsabile di ciò che è accaduto. Però
potrebbe esserlo. Il mio dovere è solo accertare questo. Mi dica e, la prego,
sia sincera: aveva un qualsiasi interesse a che quella zona fosse distrutta?
-
Ma se fino ad ora non ho fatto che ripeterle che con Cala Veronese sono andate
distrutte tutte le mie ricerche!
-
Però non mi ha detto di che ricerche si tratta: a quanto ne so io, una ricerca
potrebbe anche comportare una sperimentazione pratica, magari sugli effetti del
fuoco su un certo tipo di pianta. - Si era irrigidita di nuovo, ma dovevo aver
detto qualcosa di molto ingenuo, perché, malgrado tutto, sorrise ancora.
-
Io ho un problema, commissario. Queste ricerche, come le ho detto, sono mie,
esclusivamente mie. Non è un segreto di Stato, le assicuro, ma è comunque un
segreto, e non mi piace sbandierarlo ai quattro venti. Se ne parlo con lei, o
con chiunque altro...
-
Non è esattamente così: il nostro è un colloquio quasi ufficiale. Potrebbe
diventarlo ancora di più, a mia discrezione.
-
A maggior ragione: domani potrei ritrovare la mia storia su tutti i giornali.
Mi capisce?
-
Credo di capirla, ma ci sono delle esigenze… dei doveri d'ufficio, che non
saprei come eludere.
-
Mi sembra evidente. Però potremmo metterla in questo modo: le chiedo, come
favore personale, di credermi sulla parola, per il momento almeno. Non ho
appiccato io il fuoco e la mia ricerca non ha risvolti distruttivi. Ecco qua!
mi sembra accettabile, come dichiarazione ufficiale. E allora, non potrebbe
tenermi fuori da tutta questa storia, almeno con i giornali? - E mi prese la
mano! Non la levare, non la levare: ancora un istante, ti prego, ancora un
istante. Un istante di troppo, quell’istante di troppo!
-
Posso provarci. Però non si dimentichi che anch'io ho una ricerca da portare a
termine. - Tolsi io, eroicamente, la mano da sotto la sua e le rifilai due
colpetti paterni con la punta delle dita: un gentiluomo, per di più
incorruttibile. - Cercherò, ovviamente, di non favorire né danneggiare nessuno.
Per il momento posso assicurarle che la stampa sarà informata solo dei fatti
principali e, per quanto ne so io, lei al momento è solo una comparsa.
Mi
alzai, facendole capire che dovevamo andar via. Sembrava talmente sollevata
dall'ultima parte del nostro colloquio che non potei fare a meno di domandarmi
se ci fosse davvero qualcosa di strano nelle sue ricerche. Non sapevo come fare
a dirle che sarebbe stato meglio che non partisse, restando "a
disposizione" ancora per qualche giorno. Provai allora ad allungare il
brodo, e la pregai di accompagnarmi in macchina fino al paese. Solo
sull'ultima curva della statale, pochi metri prima del bivio che si dirama
verso la Questura, riuscii finalmente a chiederle se le era possibile rinviare
di qualche giorno la sua partenza. Accettò di buon grado, come se ci avesse già
pensato: aveva ancora molti giorni di vacanza, mi disse, e ora poteva goderseli
in quanto tali. Forse ispirato dalla parola "vacanza", in uno stato
di galleggiamento cerebrale come quando ti colpisce un attacco di pressione
bassa, le parlai della mia barca e della possibilità di prestargliela,
se sapeva cavarsela in mare. L'avrei portata io stesso, aggiunsi sempre più staccato da me stesso, ma l'incendio mi lasciava poco tempo a disposizione. Non saprei ricordare quale procedimento mentale mi avesse trascinato verso quella proposta. In sé, non aveva nulla di indecente, ma suonava proprio inadatta in un rapporto poliziotto-testimone.
se sapeva cavarsela in mare. L'avrei portata io stesso, aggiunsi sempre più staccato da me stesso, ma l'incendio mi lasciava poco tempo a disposizione. Non saprei ricordare quale procedimento mentale mi avesse trascinato verso quella proposta. In sé, non aveva nulla di indecente, ma suonava proprio inadatta in un rapporto poliziotto-testimone.
-
Non sono mai salita su una barca, se si prescinde dai traghetti
Civitavecchia-Olbia. Mi dispiace, mi dovrò accontentare della spiaggia. Grazie,
in ogni caso: lei è davvero molto gentile.
-
Ma no, mi fa piacere. Facciamo così: se trovo un momento le faccio fare almeno
una veleggiata. D'accordo?
- Vuole tenermi sott'occhio, commissario? Vuole
evitare che fugga verso il "Continente", come dite voi. - Lo pensava
veramente o sentiva, a pelle, che ciò che volevo controllare così dappresso
era, in realtà, soltanto il suo profumo?
Ha ha ha il Terzo Spostato
RispondiEliminaMi ricorda Lorenzo Snow
EliminaMa questo è moolto romantico, o Fontana è un po' fesso?
RispondiEliminaFontana è fesso. Ma vedrete...
RispondiEliminaSe qualcuno potesse rispondere alle domande su di lei. Grazie. Perché se lui non si ricorda i sintomi, lei forse non li sa proprio.
RispondiEliminaColor che pensano
RispondiEliminaalla mutanda
in realtà pensano
a ciò che c'è sotto.
Checchè ne dicano
nei lor poemi
checché ne cantino
nei lor proemi.
Alla mutanda
pensano in pochi
intesa come capo d'abbigliamento
e basta.
Enrico C.
Ma no, basta, vi supplico anonimi farabutti, abbiate il coraggio di firmare la vostra robaccia col vostro nome oppure mettete nomi a caso, chessò Ezio, Battistina, Gaetano, perché proprio il mio? che vi ho fatto? Oppure sciogliete il cognome in Enrico Calamandrei o Enrico Chessa, ecco Chessa va bene, che ne dite?
RispondiEliminaIl testo originale del 1994 recita così:
RispondiEliminaSaranno secoli che non mi innamoro, non ricordo più i sintomi: ma quell’irrefrenabile desiderio di sfiorarla, non so, o prenderle la mano, toccarle i capezzoli… solo attrazione sessuale, impulsi animali, mi suggerivo, pulsioni indecenti, nonché scomode perché dovevo anche tenere in pugno i due piani. [...] Tolsi eroicamente la mano da sotto il culo e le rifilai due colpetti paterni sulle zizze.
Pilon
Certo che di tempo ne è passato!
RispondiEliminaMeno male che hai apportato delle modifiche...
RispondiEliminaquella barca non è di Fontana
RispondiEliminaEnrico C.
Ma che schifezze dite! Il testo originale del 1994 recitava così: "Saranno secoli che non mi innamoro, non ricordo più i sintomi: ma quell’irrefrenabile desiderio di sfiorarla, non so, o prenderle la mano, toccarle i convolvoli… solo attrazione sessuale, impulsi animali, mi suggeriva Pirro da sotto il tavolo, pulsioni indecenti, nonché scomode perché dovevo anche tenere in pugno i due piani: io sopra e Pirro sotto il tavolo. [...] Tolsi impperiosamente la mano di Pirro da sotto il culo della Fresi e gli rifilai un calcio tra le palle.
RispondiEliminaConfermo: quella non è la mia barca. La mia è un gozzo gallurese giallo e marrone che si chiama Lu stazzu III. Grazie. Giacomo Fontana.
RispondiEliminaLa poesia sobre la mutanda tiene una carica sentimental (y erotica) muy forte. Bravo a Enrico C.
RispondiEliminaEnrico C. es l'ombre lo mas querido de la gallura
RispondiEliminaPilar