hanno rapito la Tina Koper quindi ooggi solo il capitolo
14.
Tra
lacrime e fuliggine non mi erano sfuggiti i profondi occhi neri né
lo sguardo intelligente, ma tutto il resto lo avevo sottovalutato. La
dottoressa Fresi era confezionata con capelli castani, abbastanza
chiari, lisci e spessi, non più raccolti a coda di cavallo e ancora
umidi di doccia recente; sotto le folte sopracciglia dal disegno a
falce, occhi talmente neri da non avere distinzione tra pupilla e
iride, con un taglio zingaresco che sembrava scalpellato sulla pelle
olivastra. Un sottile limite, nelle donne di questo tipo, separa la
bellezza assoluta da una sorta di pesante volgarità, spesso
accentuata dal trucco. La Fresi non correva questo pericolo. Aveva
spalle larghe su un corpo vigoroso, e una muscolatura molto sensuale;
il tutto ingentilito dal collo, lungo e sottile, solcato da una sola
ruga, continua e ben definita e da polsi affusolati che mi facevano
indovinare una logica corrispondenza con caviglie stupende. Le
mani erano quasi maschili, nodose e forti, l'epidermide abbronzata
ancora segnata dalle escoriazioni che si era procurata la notte
precedente. Si possono immaginare molte situazioni da condividere con
una donna del genere: un interrogatorio quasi ufficiale non è tra
queste.
-
Commissario, non mi riconosce? - mi venne incontro porgendomi la mano
e sorridendo. Balzai in piedi brancolando per sorreggere
contemporaneamente la sedia, che si ribaltava, la mano, che mi
porgeva, e me stesso, sempre bisognoso di un qualche sostegno.
- Le chiedo
scusa, ero soprappensiero e, in effetti, lei è quasi
irriconoscibile.
- Ammetto
che al nostro primo incontro nessuno dei due era al meglio della sua
forma. - Rise. - Posso sedermi o dobbiamo andare da qualche altra
parte? - Le feci cenno di accomodarsi e chiamai il cameriere: ordinò
un tramezzino e una limonata, spiegandomi che aveva ancora una gran
fame. Rideva facilmente, forse troppo: ero incerto se attribuire
questa novità al nervosismo represso o a qualche buon consiglio
legale, magari telefonico. Decisi di levarmi subito il dubbio.
- Ha poi
consultato il suo avvocato?
- Ma no,
commissario! Credo di doverle delle scuse per come mi sono comportata
ieri. Spero abbia capito il mio stato d'animo e la mia stanchezza.
Erano quasi ventiquattr'ore che non dormivo: ho poco tempo per le mie
ricerche, sono personali e non finanziate, dunque sto qui sulle
spese. Dopo una giornata sul terreno, spesso continuo a lavorare fino
a tarda notte, in camera mia. Anche l'altra sera ero in pensione, a
rivedere...
- Quale
pensione, scusi?
- Quella di
Costantina Lurai, la conosce? Si trova un po' fuori del paese: l'ho
scelta perché è vicina all’area che devo studiare, è pulita e
costa poco. Come le dicevo: ero in camera, quando, al piano di
sotto, è iniziata una certa agitazione. Porte che sbattevano, gente
che entrava e usciva. Non so, tutto in un silenzio strano, come se
non volessero farsi sentire. Sono andata a vedere cosa stava
succedendo e qualcuno mi ha detto che era scoppiato un incendio,
dalla parte di Cala Veronese. Così ho preso la macchina e sono corsa
via.
- Ma
perché?
- Ma perché
è la zona che sto studiando. - Alzò le spalle: - che stavo
studiando.
- Dove ha
lasciato la macchina?
- Piuttosto
lontano dal fuoco e sopravvento.
- È ancora
lì?
- No: sono
andata a riprenderla stamattina. Come crede che sarei arrivata fin
qui, altrimenti?
- Non ha
tutti i torti. - Sorrisi. - E ieri nessuno l'ha fermata? Che auto è?
- Una Panda
vecchio tipo, verde chiaro. Il miglior surrogato della jeep, se uno
non ha soldi.
- Da quanto
tempo si trovava sul posto, quando ci siamo incontrati?
Il suo
sguardo si approfondì, oppure si sciolse qualcosa nelle iridi,
mentre mi guardava. Mentre guardava me, voglio dire, non il
poliziotto. Almeno così mi era sembrato, e me ne preoccupai.
- La devo
ringraziare, sa. Di avermi portato via da quel posto. - Un lungo
silenzio, continuava a guardarmi. Non sapevo che fare. - Ero lì da
ore: - si riscosse - non facevo che ripetermi: tutto finito, tutto
bruciato... mi sembrava... come se fossi diventata matta.
- Ma cosa
stava studiando, esattamente?
- Niente di
fondamentale per l'umanità. Ma per me sì: dovevo dimostrare una
teoria.
- Lei è
una giornalista? - le chiesi a bruciapelo.
- Che
strana domanda! No, sono una ricercatrice. Ma come le è venuta
questa buffa idea?
- È una
teoria di uno dei miei collaboratori. E anche del comandante dei
Vigili del fuoco.
- Quello
con gli occhi splendidi?
- Non
saprei, - risposi rapido, virile e soprattutto ingelosito - ed
aggiunsi: - qual è il nome scientifico del mirto?
Lei rise a
lungo. – Qual è la definizione esatta di “omicidio di primo
grado”, commissario? Comunque è myrtus
communis. Contento?
Risi a mia
volta, poi indicai con un cenno del capo il declivio coperto di
macchia, che si stendeva davanti ai nostri occhi, fuori della
vetrata. - Le piace qui?
- È molto
bello. La ringrazio per non avermi convocato in Questura.
- Non
intendevo questo, comunque prego. Volevo dire: non potrebbe studiare
questa zona, o un'altra ancora? Cosa c'era di tanto speciale in Cala
Veronese?
Tacque per
un istante, come chi si ingegna a fornire una risposta comprensibile
a un bambino. Infine un lampo ironico le attraversò il sorriso: - Se
lei dovesse cercare i responsabili di un incendio, infami
piromani assassini, perderebbe il suo tempo interrogando una povera
botanica?
Colpito. -
Vuole mangiare qualcosa, qui al ristorante, così non è più una
perdita di tempo ma un pranzo a spese di un povero poliziotto?
- Perché no! - rispose senza esitazioni. E sorrise.
E di nuovo il suo sguardo si conficcò nel mio.
Comincio anch'io con le paranoie di Ernico C.: Ma qualcuno lo legge il giallo? e' vero che non è che lo posso cambiare, dato che è scritto nel 1994 e quindi esiste (al contrario del romanzo di Enrico C che lo sccriveva ogni santo giorno), ma magari qualcosa si può aggiungere. Mi sento incompreso. Che sensazione incomprensibile (nel vero senso della parola)!
RispondiEliminaio lo leggo, se vuoi fammi domande
RispondiElimina(comunque so cosa provi, dicono che han da fare come se io e te ci grattassimo la panza, mentre in realtà oltre a fare la nostra professione ci facciamo in quattro per loro, per la loro cultura, altrimenti resterebbero ciucchi come l'amico di Pinocchio, ormai penso penso che ciucchi ci voglion restare: c'è una bella copertina delle mie pecore che li ritrae, mi pare la numero 11)
"penso penso" è un errore di sbaglio
RispondiEliminaanch'io lo leggo mi tocca
RispondiEliminaho anche cercato marta fresi che esiste pure
ma questo Enrico è quello vero?
Ma chi ti tocca?
RispondiEliminaEnrico C.
questo qua è falso, si riconosce dal contenuto e dalla firma, che infatti è inutile se c'è il logo in alto a sinistra, quello di prima infatti è vero, i veri sono solo quelli col logo rosso in alto a sinistra, santa genoveffa!
RispondiEliminaera una battuta, santa guendalina!!!
Eliminacomunque se questi scioperati smettono di leggere e commentare, io chiudo!
E io chi sono?
Eliminaecco mmi piacerebbe saperlo anch'io
Eliminaanche con un messaggio privato
giuro che non lo dico a quello vero
Enrico Caccavella
Eliminaio leggo tutto avidamente, così come mangio. Mi rompe un ballino Marta Fresi che è una mia vera collega superimpattata, studiosa di mirto e corbezzoli, bona e leggermente zoccola
RispondiEliminaComunque mi rassegno
Roscia
Leggermente zoccola ci sarà tua sorella!
RispondiEliminae forse pure tu anche se non ho capito chi tu sia
poichè non ho colleghe con i capelli rossi
Marta
Non puoi dare della zoccola alla sorella della mia amica Roscia!
EliminaSe vuoi prenditela con Tina Koper.
Leggo e continuerò a leggere e commentare, solo che ogni tanto mi prendo ferie per mangiare, lavorare, dormire ed altre amenità. E il commissario è ganzo, ma quello dagli occhi splendidi dove è finito?
RispondiEliminaSe domani piove tutta vita sul blog e sui filmati USA!
RispondiEliminaio ti leggo.
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