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martedì 28 febbraio 2012

capitolo quattordici


Sempre per i pochi che non conoscessero l'autore, esso è ritratto in copertina all'arrivo in vetta dopo una lunga scarpinata in seggiovia tra abeti e larici, fu forse in quel momento che l'ispirazione lo colse 

QUATTORDICI

 Non c’è niente da fare, insiste con quella storia, ormai ho rinunciato a farlo ragionare. La cosa strana, l’ho detto anche a lui, è che non manca di acume intellettuale e di giudizio critico, quindi la sua follia è ancora più grave. Un po’ come il grande scienziato che però crede in Dio, ma come fa? Come può credere a qualcosa che non c’è, a un’entità soprannaturale che non lascia attorno a sé prove della sua esistenza, solo balle colossali, al massimo prove a contrariis, tipo il numero esorbitante di ingiustizie che rendono il pianeta una valle di lacrime e sangue? Se Dio esistesse dovrebbe prendere i violenti per il collo e gettarli nel Vesuvio oppure ancor meglio nel vulcano islandese Eyjafjöll che è attivo. Ma Dio non c’è. Dio non c’è, ma allora l’anima chi la fa? All’inizio qualcuno la deve aver fatta, poi è probabile che non se curi più e che l’anima viva di vita proprio passando da un involucro a un altro. Riflettere su queste cose più concrete mi rimette sempre a posto dopo le chiacchierate con Ciocci. Una cosa è il discorso logico basato sui fatti, un altro è la fantasia che galoppa senza meta nelle immense praterie del nonsenso. E devo dire che Ciocci non è il solo a vagare nell’irreale e nel fantastico, ci sono con lui migliaia di credenti di tutte le religioni del mondo, gente anche seria che però ha quel difetto di credere a cose che non stanno né in cielo né in terra, cose raccontate da imbroglioni vestiti di nero oppure nudi come gli sciamani australiani, comunque imbroglioni che lucrano sulle debolezze dell’uomo. I preti non lavorano, vivono sulle spalle dei credenti e siccome gli uomini a qualcosa devono pur credere i pretonzoli hanno sempre avuto un pasto caldo e un tetto gratis. Ma sono tutti, dico proprio tutti, degli imbroglioni. Loro stessi a Dio o alle altre divinità inventate dall’uomo non ci credono, e sono pure viziosi, bevono e fanno sesso sporco, vizioso, perverso, sono i peggiori peccatori della terra. E poi non si accontentano di nutrirsi, vogliono le ghiottonerie e prelibatezze più costose, i vini rari, i gamberoni, coi soldi dell’otto per mille da destinare ai poveri della terra. È tutto accertato, non invento nulla, basta leggere i giornali o andare in un qualsiasi ristorante di borgo Pio, c’è sempre qualche pretonzolo che si abboffa con le elemosine e l’otto per mille. Una volta ho visto un parroco che pagava il conto prendendo i soldi dalla cassetta delle elemosine che portava appresso come una borsetta. Lo giuro. Ma l’anima chi la fa? All’inizio chi la fa? Non sarà per caso Dio? Qualcuno la fa di sicuro, qualcuno decide pure di non farle tutte uguali perché sarebbe una noia mortale, immaginate un mondo fatto solo di uomini e animali miti e gentili, ci sarebbe da spaccarsi le palle, tutti a dire buongiorno caro, ti posso aiutare…eccetera, no, impossibile, per quello chi inventa le anime cerca di creare varietà, e forse proprio per questo è costretto a metterci anche qualche farabutto. Se è così, diciamolo una volta per tutte: ne fa troppi! Che ne faccia di meno! Ne sopprima qualcuno! Qui ormai ce n’è troppi, in Italia un numero esorbitante, a Roma si soffoca, tra Vaticano, Palazzo Chigi e Montecitorio ormai è un esercito di figli di puttana che andrebbero gettati nel vulcano islandese Eyjafjöll. Se Dio c’è ne getti subito un bel po’ nell’ Eyjafjöll, se non c’è facciamolo noi, basta fare una retata nei posti del potere testè citati e si va a colpo sicuro, al massimo si gettano per sbaglio un paio di onesti, non credo di più. Io farei dei voli da Fiumicino senza atterrare a Reykjavík, si aprono gli sportelli e si scaricano i farabutti nel vulcano, poi si torna a fare un altro carico. Poi ci vorrebbero nuove elezioni, ma il rischio è di creare un’altra classe politica di farabutti perché la democrazia funziona solo nei paesi civili, in quelli incivili il popolo vota gli imbecilli farabutti nei quali evidentemente si riconosce. Quindi sarebbe tutto inutile, dopo le elezioni bisognerebbe far tutto da capo, voli in Islanda eccetera. L’unica soluzione che vedo è la dittatura illuminata, oppure esser invasi dall’Islanda o dalla Finlandia. Questo è un argomento che piace moltissimo ai miei amici di Ponte Sisto, non l’argomento Dio, loro a Dio ci credono anche se tirano certe bestemmie da far impallidire un calciatore, quello che gli piace è l’argomento politici corrotti figli di puttana. Appena uno di noi ne nomina uno subito gli altri cominciano a ragionare sui modi più crudeli per torturarlo. Il sindaco di Roma, per fare qualche esempio concreto, dovrebbe essere impalato sullo spillone della Piramide Cestia, il primo ministro finire in pasto ai leoni del bioparco (addestrati a mangiarselo poco per volta, oggi succhiano il metacarpo, domani le falangi eccetera, centillinando per bene si prolunga la sofferenza per mesi, addirittura anni), i presidenti di camera e senato picchiati da gladiatori di Pigneto e Centocelle al Colosseo, gli alti prelati gettati nudi nel Tevere e respinti dal popolo ogni volta che cercano di attaccarsi ai margini. Ci divertiamo così ma son solo parole innocenti che ci servono al buon umore, non siamo capaci di far male neanche a una mosca. Tornando all’anima, non nascondo un certo malumore nel dover constatare la mia incapacità di capire chi la fa. Il resto è tutto chiaro, ma chi la fa non è per nulla chiaro, e non si tratta di un dettaglio. Il resto è semplice osservazione del mondo reale, anche se l’oggetto di indagine sono solo io. Ma cerco comunque di attenermi ai principi fondamentali della ricerca scientifica, dunque imparzialità, coerenza, dimostrabilità, oggettività. L’oggetto è la mia anima, cioè una cosa concreta anche se non la posso vedere, quindi l’indagine può essere condotta come si fa con gli altri oggetti concreti, un pollo, un sasso, tutto. Come per qualsiasi ricerca scientifica si deve partire dalla schedatura e classificazione degli eventi osservati, e questo l’ho già fatto col mio catalogo degli involucri. Poi si deve capire il criterio di scelta che porta l’anima a scegliere un sasso piuttosto che un balenottero o il futuro portiere della Roma. Questo lo sto facendo ma non è facile, devo documentarmi con centinaia di testi scientifici, storici, filosofici, antropologici, basta solo pensare all’impresa dei Mille o al brodo primordiale. È difficile ma si può fare, ormai esistono migliaia di studi eccellenti su tutti gli argomenti decisivi della storia del nostro pianeta. Quello che non si può fare, che non riesco a fare, è sapere chi ha fatto l’anima. È stato Dio? E si badi, la domanda riguarda solo l’anima non il creato, perché quest’ultimo non l’ha fatto Dio, ormai non ci crede più nessuno, è stata una lunga evoluzione. Che poi il termine evoluzione è quanto di più errato si possa immaginare perche è accaduto esattamente il contrario, nel brodo c’era un po’ caldo e si rischiava continuamente la vita ma in fondo si stava bene, dopo invece c’è stato solo peggioramento, involuzione, e negli ultimi venti anni (1990-2010) la situazione è precipitata, tant’è che credo che da un momento all’altro vada tutto per aria e ricominciamo da capo. Infatti una cosa è certa, si ricomincia dal brodo primordiale e si rifà per l’ennesima volta tutto da capo. Questo ancora non l’avevo detto perché mi sembrava ovvio, adesso lo dico. La teoria dell’apocatastasi, ossia dell’eterno ritorno attraverso una potente conflagrazione, o ecpirosi, è esattamente quello che succede ogni tot migliaia di anni da quando è nato l’universo, ma la cosa più incredibile è che tutto si ripete al millimetro, non si può cambiare niente. La gente questo non lo sa, lo so solo io perché posso confrontare le stesse situazioni tra loro, essendo l’unico che può seguire l’intero percorso del ciclo dalle sue origini pirotecniche al deludente tramonto tecnologico. Non avete idea di quante volte ho provato a cambiare le cose, ad esempio con la mia Adelina, non sapete quante volte ho provato a convincerla a non andare a Canale Monterano, le dicevo che piove, c’è fango dappertutto, hanno aperto la stagione di caccia, è pieno di tori, ma non c’era nulla da fare, andavamo a Canale Monterano e lei cadeva nel dirupo. Adelina, dicevo io, non andare lì, può essere pericoloso. Lei rispondeva sempre così: è bellissimo, guarda ci sono pure le violette… e precipitava di sotto.

10 commenti:

  1. credo sia ormai evidente - dalla deposizione dell'autore, dalle testimonianze dei commentatori e in particolare dell'editore, dalle prove fotografiche ordinate in copertine - che ci troviamo di fronte al tentativo di una confessione spontanea, per quanto mascherata da opera d'ingegno letterario ovvero scientifico, artificio cui ricorre l'autore-reo confesso, vinto dal bisogno di liberarsi di un senso di colpa sempre piu' insopportabile.
    il feroce e misterioso delitto di canale monterano, episodio di crudelta' inaudita che, al pari del delitto dell'olgiata, tanto sconvolse i lettori dell'inserto cronaca di roma ostia e litorale del messaggero depositato fino alle ore 9.30 sul frigo dei gelati del bar della stazione ferroviaria roma s. pietro, dopodiche' passa regolare come un trenitalia si scusa per il disagio la donna delle pulizie che, sfiorati i cessi, riforniti avaramente i portasapone difettosi e trascurati gli ancora sani, se lo porta in sala d'aspetto, trae beneficio dall'attenta lettura dei necrologi e dell'oroscopo, e lo lascia alle ore 10.00 su una sedia metallica, sempre la stessa, della sala d'aspetto, a beneficio forse involontario, forse no, di una barbona anglofona, puntuale e precisa come i barboni anglosassoni, quella che gira incappucciata anche a ferragosto con un borsone pieno di giornali vecchi che non riesce mai a finire di leggere, e pero' stranamente non puzza, e dunque ci si puo' anche parlare mantenendo un apprezzabile coefficiente di sintassi e di logica, nonche' di buona educazione, se non di acume, e' finalmente risolto.
    nessuno potra' restituire adelina alle sue violette (con sollievo di queste), ma un mostro si sta restituendo alla giustizia.
    gli resta solo di riempire i tre punti di sospensione dell'ultima riga del 14. capitolo, con una completa confessione.

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  2. Bibliografia per il cap. 14:

    Acampora Angelo, D’Angelo Giuseppe, Luigi Denza. Il genio di Funiculì Funiculà, Longobardi, Castellammare di Stabia, 2001.
    Acquaviva Giovanni, Mario Costa fra Taranto e Napoli, Scorpione, Taranto, 1996.
    Alliegro Enzo Vinicio, L’arpa perduta. Dinamiche dell’identità e dell’appartenenza in una tradizione di musicanti girovaghi, Argo, Lecce, 2007.
    Amalfi Gaetano, La canzone napoletana, G. M. Priore, Napoli, 1909.
    Amedeo Giovanni, Canzoni e popolo a Napoli, Grimaldi & C. Editori, Napoli, 2005.
    Argenzio Annamaria, Napoli com’era…, Alinea Editrice, Firenze, 2006.
    Artieri Giovanni, Funiculì Funiculà, Longanesi, Milano, 1959.
    Artieri Giovanni, I posteggiatori, Longanesi, Milano, 1961.
    Artieri Giovanni, Napoli punto e basta?, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1980.
    Artieri Giovanni, Penultima Napoli, Longanesi, Milano, 1963.
    Aymone Carmine, Je sto ccà… James Senese, Guida, Napoli, 2005.
    Aymone Carmine, Sound ‘e Napoli, Guida, Napoli, 2008.
    Ballanti Maria, La canzone napoletana, Tipografia Melfi & Jole, Napoli, 1907.
    Becker Maurizio, La canzone napoletana, Octavo, Firenze, 1999.
    Behan Tom, Putting spanners in the works: the politics of the 99 Posse, «Popular Music», XXVI/3, 2007, pp. 497*504.
    Bellet Gastone, Arte e affari: epicedio di una canzone?, Intercontinentalia, Napoli, 1968.
    Bennato Eugenio, A Sud di Mozart, Tullio Pironti, Napoli, 1987.
    Bollani Stefano, L’America di Renato Carosone, Elleu Multimedia, Roma, 2004.
    Bonagura Stefano, Pino Daniele, Lato Side, Roma, 1982.
    Bruni Sergio, Napoli. La sua canzone, con testi di Roberto De Simone, Roma, 1990.
    Bruni Sergio, Scontri e incontri, Tommaso Marotta, Napoli, 1987.
    Burney Charles, Viaggio musicale in Italia 1770, Sandron, Palermo, 1921.

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  3. Bibliografia (continua)

    Cangiullo Francesco, Addio mia bella Napoli, Vallecchi, Firenze, 1955.
    Cangiullo Francesco, Piedigrotta. Parole in libertà, Edizioni futuriste di poesia, Milano, 1916.
    Canta Napoli. Dizionario enciclopedico, a cura di P. Prato, Bramante, Milano, 1995.
    Canti di scena. Raffaele Viviani, a cura di P. Scialò, Simeoli-Guida, Napoli, 2006.
    Canzoni classiche napoletane da Jesce sole a Carmela e una bibliografia ragionata completa, a cura di L. Torre, Luca Torre, Napoli, 1993.
    Caravaglios Cesare, Il contenuto poetico e il contenuto musicale dei gridi dei venditori ambulanti napoletani, «Rivista Musicale Italiana», XL, 1936, pp. 417*31; XLIII, 1938, pp. 149*61.
    Caravaglios Cesare, Il folklore musicale in Italia, Rispoli, Napoli, 1936.
    Caravaglios Cesare, Voci e gridi dei venditori in Napoli (1931), Istituto Grafico Editoriale Italiano, Napoli, 2004.
    Cardamone Donna, Erotic jest and gesture in roman anthologies of neapolitan dialect songs, «Music & Letters», LXXXVI/3, 2005, pp. 357*79.
    Cardamone Donna, Forme musicali e metriche della canzone villanesca e della villanella napoletana, «Rivista italiana di musicologia», XII/1, 1977, pp. 25*71.
    Cardamone Donna, The canzone villanesca alla napolitana and related forms, 1537-1570, UMI Research press, Ann Arbor, 1981.
    Cardamone Donna, The canzone villanesca alla napolitana: social, cultural and historical contexts, Ashgate, Aldershot, 2008.
    Carosone Renato, Vacalebre Federico, Un americano a Napoli, Sperling & Kupfer, Milano, 2000.
    Carro Enzo, L’eredita di Partenope. Il cammino del canto napoletano dagli antichi rapsodi ai moderni neomelodici, Simeoli, Napoli, 2001.
    Caruso Enrico jr., Caruso, mio padre, Tolmino, Napoli, 2000.
    Caserta Renato, Canzoni e risse. Così finì il festival di Napoli, ABA Edizioni, Napoli, 1998.
    Caserta Renato, Le voci liriche cantano Napoli, ABA Edizioni, Napoli, 2002.
    Cerino Salvatore, Napoli eterna musa. Mostra della canzone napoletana del 1937, Guida, Napoli, 1994.
    Cesarini Gianni, Roberto Murolo, Flavio Pagano Editore, Napoli, 1990.
    Chemi Tatiana, Mario Costa tarantino napoletano. Contributo alla storia della canzone napoletana, Bellini, Napoli, 1996.
    Chiantera Vito, La canzone di Napoli e il festival, Stabilimento tipografico G. Genovese, Napoli, 1969.
    Chiara Biagio, Salvatore Gambardella, Bideri, Napoli, 1914.
    Cigliano Antonio, Enrico Caruso. Una memoria negata, De Gregorio, Napoli, 2000.
    Cocchiara Giuseppe, Origine e vicende d’una canzone popolare, «Nuove Effemeridi», III/11, 1990, pp. 191*4.

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  4. Bibliografia (continua)

    Concerto Napoletano, la canzone napoletana dagli anni Settanta a oggi, a cura di P. Aiello, Argo, Lecce, 1997.
    Concorso nazionale della Canzone napoletana: 1956, a cura dell'Ufficio Stampa dell'Enal, Tipografia D'Agostino, Napoli, 1956.
    Consiglio Alberto, Introduzione a Li canti antiche de lo popolo napoletano, Canesi, Roma, 1961.
    Conti Carla, Amphion Thebas, Cantus Neapolim, in Studi sulla canzone napoletana classica, pp. 313*78.
    Contini Maria Teresa, Paganini Paolo A., Vannucci Marcello, Café-chantant, Bonechi, Firenze, 1977.
    Costa Armida, Costa Barbara, La Tarantella, Newton Compton, Roma, 1999.
    Costagliola Aniello, Dalla canzone di Masaniello a quella di Garibaldi, «Scintilla», V/220, 1910, pp. 5*6.
    Costagliola Aniello, Napoli che se ne va, G. Giannini, Napoli, 1918.
    Costagliola Aniello, Napoli e la sua canzone, dalla «Nuova Antologia» del 1*16 settembre 1909, Nuova Antologia, Roma, 1909.
    Cottrau Jules, Lettres d’un mélomane pour servir de document à l’histoire musicale de Naples de 1829 à 1847, Morano, Napoli, 1885.
    Cuomo Antonino, Torna a Surriento. Cento anni d’amore, Longobardi, Castellammare di Stabia, 2002.
    Cuozzo Mariadelaide, Illustrazione e grafica nella stampa periodica napoletana, Electa, Napoli, 2005.
    Curzio Antonio, Il suonatore di pianino, Rogiosi, Napoli, 2006.
    D’Agostino Gianluca, Saggio di bibliografia tematica sul Novecento musicale a Napoli, in Napoli musicalissima, pp. 361*89.
    D’Agostino Venanzio, Su “Napoli fonografica”, «Konsequenz», IV/gennaio-giugno, 1997, pp. 95*99.
    D’Ambra Lucio, La canzone di Napoli. I suoi poeti e i suoi musicisti, «La Lettura», IX/10, 1909, pp. 861*4.
    Daniele Ciro, Vincenzo Russo. Poeta del popolo, Magmata, Napoli, 2002.
    Daniele Pino, Liguoro Mimmo, Storie e poesie di un mascalzone latino, Pironti, Napoli, 1994.
    De Angelis Rodolfo, Café-chantant: personaggi e interpreti, Usher, Firenze, 1984.
    De Angelis Rodolfo, Caffé concerto. Memorie di un canzonettista, Edizioni S.A.C.S.E., Milano, 1940.
    De Angelis Rodolfo, Storia del Café-Chantant, Il Balcone, Milano, 1946.
    De Blasi Nicola, Note sulla lingua e sulla letteratura di Salvatore Di Giacomo, «Italica», LXXVI/4, 1999, pp. 480*96.
    Del Bosco Paquito, ‘O sole mio. La storia della canzone più famosa del mondo, Donzelli, Roma, 2006.

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  5. guaglio', vabbuo' tutt'e ccose, tutto, ma non paquito!

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  6. Il Centro Bibliografico "Spicci" di Marina di Sorso segnala questo volume:

    Enteroger Mina, La profilassi del dismicrobismo intestinale e conseguenti disvitaminosi endogene, ms 432, Biblioteca Comunale di Ladispoli Ovest.

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  7. aut ma perchè non lo denunci, visto che sai anche dove sta di casa?

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  8. Carissimo Aut,
    domenica prossima mi piacerebbe fare una passeggiata con te a Canale Monterano, potremmo cogliere violette, ci vieni? Ci vediamo alle Due Casette alle dieci
    E.

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  9. l'anima di adelina non migro' subito in quell'orologio a cucu'. prima si fece una vacanza in un microbo del mio intestino, e mi ha raccontato tutto. per questo mi spiace ma non ci vedremo a due casette, ne' a canale monterano, bensi' in tribunale, dove sono stato convocato come persona informata dei fatti. in galeraaaa....

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  10. adesso siete in tre, Ged, Pilon e Aut, c'è qualcun altro che li vuole seguire in carcere?
    E.

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