QUINDICI
Certo,
se si viene a sapere che è un film proiettato migliaia di volte e
non si può cambiare neanche una virgola c’è il rischio che la
gente si mette a letto e se ne strafotte della vita. Se tutto è già
deciso tanto vale grattarsi la panza, basta lotte sindacali, proteste
davanti ai ministeri, scioperi e manifestazioni. Ma tanti potrebbero
anche smettere di far la corte alle ragazze, tanto è già tutto
scritto, e le ragazze di farsi belle per far colpo, comincerebbero a
puzzare d’ascelle e di bocca, tanto non si può far nulla, ti
capita quello che ti capita e poi te lo tieni.
Se
la gente sapesse dell’apocatastasi si fermerebbe tutto, su questo
non c’è dubbio, l’apatia e l’indifferenza stoica che sembrano
propri del mondo vegetale e minerale diverrebbero comuni anche tra
gli uomini. Ho scritto sembrano perché non è così, le forme
del creato incapaci di muoversi come le piante e le rocce sono molto
più dinamiche degli uomini e degli animali, gli scienziati questo lo
sanno bene. Quando ero abete avevo la mia bella tranquillità
filosofica e tanto tempo da dedicare a me stesso ma dentro la
corteccia e nei rami si svolgeva una vita travolgente che al
confronto quella di un giovane rampante discotecaro di Milano 2
assomiglia al pomeriggio di un pensionato depresso.
Il
mondo va avanti perché l’uomo non è mai contento, vuole sempre di
più, infatti chi ha già tutto muore di noia. Il fatto di volere di
più spinge l’uomo all’azione, altrimenti si accontenterebbe di
quello che ha e andrebbe a fare due passi invece di pensare sempre al
lavoro. Ma vuole di più, così se ne sta in ufficio a fare gli
straordinari fino alle dieci di sera, poi torna a casa esausto, non
ha neanche più voglia di mangiare, maltratta la moglie, anzi la
ignora e va subito a letto. Il giorno dopo lo stesso, il sabato pure,
mentre la domenica è dedicata alle cose che non vorrebbe fare ma gli
tocca, le visite ai parenti, le uscite fuori porta, le passeggiate
con i mocciosi che si lamentano, babbo ho seteeeee, babbo la
pizzaaaa, babbo la pallaaaa… meglio l’ufficio, almeno c’è
sempre qualcuno con cui litigare.
Immaginiamo
l’uomo appena descritto che d’improvviso viene a sapere
dell’eterno ritorno, dell’apocatastasi, della deflagrazione che
fa ricominciare il film sempre da capo, identico. Come si
comporterebbe? Tornerebbe a combattere come ha sempre fatto?
Sacrificherebbe l’esistenza per avere di più? Si ammazzerebbe di
lavoro sperando di migliorare un giorno il proprio destino e
finalmente concedersi amanti giovani e pied-à-terre a Parigi
o Londra? Non credo. Si metterebbe il pigiama e una volta sotto le
coperte annuncierebbe al mondo che da quel comodo giaciglio intende
uscire solo per far pipì.
Però
se tutti si mettono a letto il mondo va a rotoli, duriamo pochi
giorni, i cittadini pochissimo, i campagnoli di più se hanno un orto
fatto prima di sapere dell’apocatastasi che non richiede ulteriori
sforzi tranne quello di cogliere una verza o un carciofo, ma già è
troppo per chi lo ha fatto tutta la vita e si accorge adesso
dell’inutilità dell’esistenza. Il primo pensiero che gli verrà
in mente sarà di maledire tutto, avranno una rabbia tremenda per il
tempo perso a riflettere se era meglio seminare quel giorno o
aspettare una settimana, se mettere le verze o i carciofi, se
aspettare la luna piena…quante decisioni inutili visto che era già
tutto deciso…ma chi l’aveva già deciso?
Si
torna sempre di nuovo a Lui, non c’è nulla da fare, alla fine la
domanda è sempre la stessa: chi ha deciso la sceneggiatura di questo
film del cacchio? Chi è il regista?
Non
so rispondere e comunque vorrei concludere il discorso di prima.
Immaginiamo il pescatore che viene a sapere dell’apocatastasi.
Credo che diverrebbe folle di rabbia, infilzerebbe la moglie con la
canna da traina, spaccherebbe la testa ai passanti col mulinello
Shimano, appenderebbe il cane a un rapala con terminale in
fluorocarbonio da 0,45 eccetera, perché tutti i pesci che credeva di
aver preso grazie alla propria abilità li aveva appesi all’amo
quel gran regista delle mie palle. Per non parlare dei giocatori di
scacchi o dei direttori d’orchestra. Ore di prove per far capire a
quel deficiente del controfagotto che il do è semiminima e non croma
e poi vieni a sapere che era tutto inutile, avrebbe suonato come era
stato deciso all’origine della vita e come accadeva da sempre in
ogni proiezione del Grande Ciclo, quindi poteva dirigere senza prove,
stare a casa a far sudoku davanti al caminetto solleticando le cosce
della moglie invece di perder tempo con gli orchestrali, tutta
gentaglia frustrata, solisti mancati.
E le
partite tra Garri Kimovič Kasparov e Anatolij Evgen’evič Karpov?
Tutto tempo sprecato, tanto il risultato era già scritto.
Il
giorno in cui tutti sapranno dell’apocatastasi ci sarà un
improvviso silenzio di profondo smarrimento della durata di circa
dieci minuti, si fermerà tutto, proprio tutto, poi cominceranno i
primi timidi rumori, le prime reazioni incredule, ma
allora…fanculo l’avessi saputo prima…non ha senso porca
pupazza…, infine la gente spaccherà tutto e chi non sarà
ucciso si metterà subito a letto e non ne uscirà mai più. Prima
però si accerterà che la porta sia ben chiusa perché ci sarà
ancora molta gente che vuole sfogarsi, soprattutto scacchisti e
direttori d’orchestra.
Di
questa violenta reazione sono assolutamente certo perché l’uomo
può rinunciare a tutto tranne che al libero arbitrio, è molto
affezionato al concetto filosofico
e teologico
secondo cui ogni persona è libera di fare le proprie scelte e l’idea
di essere solo un attore che recita la parte lo farebbe impazzire,
anche perché non c’è un canovaccio da riempire o su cui
improvvisare, c’è un copione al quale si deve esser fedeli, una
partitura che ti impedisce financo i più lievi e impercettibili
rubato.
Per
fortuna queste cose le so solo io, altrimenti la pellicola rischia di
rompersi. Non l’ho ancora detto, ma il pericolo è proprio quello.
Se d’improvviso la gente si accorge che vive dentro un film c’è
il rischio che la reazione incontrollata e simultanea di
6.894.522.000 persone (dicembre 2010) determini una ecpirosi
anticipata, una potente conflagrazione che ci manda tutti a ramengo
per le galassie. Ma le so solo io, le scrivo ma non le legge nessuno
e se qualcuno le legge è difficile che ci creda, di solito sono
l’unico che crede alle cose che dico. Solo Ciocci ci crede, ma con
lui è diverso. E poi non ci crede neanche lui, le ascolta come se
fosse una favola, di sicuro pensa che siano inventate dal nostro
comune babbo, è matto.
Ciocci
è matto, crede che viviamo nella fantasia di un tizio che di mattina
gli frulla la fantasia creativa e scrive la nostra vita, ditemi se
questa non è follia! Eppure, a ben vedere, non si sbaglia poi così
tanto, perché siamo entrambi già impressi nella grande
pellicola della vita. La sola differenza, che poi è la differenza
tra una persona normale (che sarei io) e un matto (Ciocci), è che io
credo d’esser parte di un grande disegno universale pennellato da
Dio (ma su questo devo ancora riflettere) e lui invece si crede
figlio di uno scribacchino qualunque che lo muove come un pupo
siciliano.
Ma
almeno ascolta. Gli altri sbevazzano guardando il Tevere, recitano la
formazione della Roma, comprese le riserve, Jiulio Baptista, Matteo
Brighi, Daniele De Rossi, Stefano Okaka Chuka, Mirko Vucinic, il
grande Totti, di Totti recitano anche la data di nascita, 27
settembre 1976. Camilla ogni tanto ascolta, ma è come se sapesse già
tutto, mi guarda con un sorriso quasi beffardo per comunicare il suo
scetticismo, come a voler dire Ciocci si beve tutto, anche le tue
balle, io bevo solo Tavernello. Nello, Terzi, Bob e Manfredi non
ascoltano mai, all’inizio quando li ho conosciuti ascoltavano, poi
si son stufati, vogliono solo la storia dell’abete che diventa
maestro di sci, gli piace molto la scena del gatto delle nevi.
Quindi
non mi crede nessuno, è bene che apra gli occhi una volta per tutte.
Le sole persone al mondo che hanno la fortuna di avere accanto
l’unico esemplare di uomo che conosce il mistero delle anime non lo
prendono sul serio, si allontanano, ridacchiano. Ciocci non si
allontana né ridacchia, ma mi ascolta come se leggessi un romanzo,
quindi un’opera di fantasia, mentre io racconto la verità. Ieri
gli ho detto che so tutto del passato, ma dimentico il futuro.
Bibliografia per il capitolo 15
RispondiEliminaDe Lillo Luigi, La canzone, elemento di storia, «Piedigrotta O.N.D.», XIII, 1935, pp. 53*5.
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Bibliografia (continua)
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Bibliografia (continua)
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oggi nessun commento, per forza son tutti in galera
RispondiEliminasecondo me si sono stufati e poi quell'animale spellato in copertina non aiuta
RispondiEliminahva en vakker cover, men hvem er dine grafikk
RispondiEliminahelen
non si son stufati, son tutti in biblioteca a leggere i libri consigliati
RispondiEliminaE.
(Helen, puoi tradurre?)
giusto: vakker, fankul mukker.
RispondiEliminacerte hoc ipsum sint in senatu reorum
RispondiEliminaLo credo che non sto tutto il giorno a postare commenti, non credo mica all'apocatastasi.
RispondiEliminaeri in biblioteca?
RispondiEliminaintendevo dire la biblioteca del carcere
RispondiElimina