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mercoledì 29 febbraio 2012

ADESSO ALTRE PECORE capitolo quindici


 QUINDICI

Certo, se si viene a sapere che è un film proiettato migliaia di volte e non si può cambiare neanche una virgola c’è il rischio che la gente si mette a letto e se ne strafotte della vita. Se tutto è già deciso tanto vale grattarsi la panza, basta lotte sindacali, proteste davanti ai ministeri, scioperi e manifestazioni. Ma tanti potrebbero anche smettere di far la corte alle ragazze, tanto è già tutto scritto, e le ragazze di farsi belle per far colpo, comincerebbero a puzzare d’ascelle e di bocca, tanto non si può far nulla, ti capita quello che ti capita e poi te lo tieni.
Se la gente sapesse dell’apocatastasi si fermerebbe tutto, su questo non c’è dubbio, l’apatia e l’indifferenza stoica che sembrano propri del mondo vegetale e minerale diverrebbero comuni anche tra gli uomini. Ho scritto sembrano perché non è così, le forme del creato incapaci di muoversi come le piante e le rocce sono molto più dinamiche degli uomini e degli animali, gli scienziati questo lo sanno bene. Quando ero abete avevo la mia bella tranquillità filosofica e tanto tempo da dedicare a me stesso ma dentro la corteccia e nei rami si svolgeva una vita travolgente che al confronto quella di un giovane rampante discotecaro di Milano 2 assomiglia al pomeriggio di un pensionato depresso.
Il mondo va avanti perché l’uomo non è mai contento, vuole sempre di più, infatti chi ha già tutto muore di noia. Il fatto di volere di più spinge l’uomo all’azione, altrimenti si accontenterebbe di quello che ha e andrebbe a fare due passi invece di pensare sempre al lavoro. Ma vuole di più, così se ne sta in ufficio a fare gli straordinari fino alle dieci di sera, poi torna a casa esausto, non ha neanche più voglia di mangiare, maltratta la moglie, anzi la ignora e va subito a letto. Il giorno dopo lo stesso, il sabato pure, mentre la domenica è dedicata alle cose che non vorrebbe fare ma gli tocca, le visite ai parenti, le uscite fuori porta, le passeggiate con i mocciosi che si lamentano, babbo ho seteeeee, babbo la pizzaaaa, babbo la pallaaaa… meglio l’ufficio, almeno c’è sempre qualcuno con cui litigare.
Immaginiamo l’uomo appena descritto che d’improvviso viene a sapere dell’eterno ritorno, dell’apocatastasi, della deflagrazione che fa ricominciare il film sempre da capo, identico. Come si comporterebbe? Tornerebbe a combattere come ha sempre fatto? Sacrificherebbe l’esistenza per avere di più? Si ammazzerebbe di lavoro sperando di migliorare un giorno il proprio destino e finalmente concedersi amanti giovani e pied-à-terre a Parigi o Londra? Non credo. Si metterebbe il pigiama e una volta sotto le coperte annuncierebbe al mondo che da quel comodo giaciglio intende uscire solo per far pipì.
Però se tutti si mettono a letto il mondo va a rotoli, duriamo pochi giorni, i cittadini pochissimo, i campagnoli di più se hanno un orto fatto prima di sapere dell’apocatastasi che non richiede ulteriori sforzi tranne quello di cogliere una verza o un carciofo, ma già è troppo per chi lo ha fatto tutta la vita e si accorge adesso dell’inutilità dell’esistenza. Il primo pensiero che gli verrà in mente sarà di maledire tutto, avranno una rabbia tremenda per il tempo perso a riflettere se era meglio seminare quel giorno o aspettare una settimana, se mettere le verze o i carciofi, se aspettare la luna piena…quante decisioni inutili visto che era già tutto deciso…ma chi l’aveva già deciso?
Si torna sempre di nuovo a Lui, non c’è nulla da fare, alla fine la domanda è sempre la stessa: chi ha deciso la sceneggiatura di questo film del cacchio? Chi è il regista?
Non so rispondere e comunque vorrei concludere il discorso di prima. Immaginiamo il pescatore che viene a sapere dell’apocatastasi. Credo che diverrebbe folle di rabbia, infilzerebbe la moglie con la canna da traina, spaccherebbe la testa ai passanti col mulinello Shimano, appenderebbe il cane a un rapala con terminale in fluorocarbonio da 0,45 eccetera, perché tutti i pesci che credeva di aver preso grazie alla propria abilità li aveva appesi all’amo quel gran regista delle mie palle. Per non parlare dei giocatori di scacchi o dei direttori d’orchestra. Ore di prove per far capire a quel deficiente del controfagotto che il do è semiminima e non croma e poi vieni a sapere che era tutto inutile, avrebbe suonato come era stato deciso all’origine della vita e come accadeva da sempre in ogni proiezione del Grande Ciclo, quindi poteva dirigere senza prove, stare a casa a far sudoku davanti al caminetto solleticando le cosce della moglie invece di perder tempo con gli orchestrali, tutta gentaglia frustrata, solisti mancati.
E le partite tra Garri Kimovič Kasparov e Anatolij Evgen’evič Karpov? Tutto tempo sprecato, tanto il risultato era già scritto.
Il giorno in cui tutti sapranno dell’apocatastasi ci sarà un improvviso silenzio di profondo smarrimento della durata di circa dieci minuti, si fermerà tutto, proprio tutto, poi cominceranno i primi timidi rumori, le prime reazioni incredule, ma allora…fanculo l’avessi saputo prima…non ha senso porca pupazza…, infine la gente spaccherà tutto e chi non sarà ucciso si metterà subito a letto e non ne uscirà mai più. Prima però si accerterà che la porta sia ben chiusa perché ci sarà ancora molta gente che vuole sfogarsi, soprattutto scacchisti e direttori d’orchestra.
Di questa violenta reazione sono assolutamente certo perché l’uomo può rinunciare a tutto tranne che al libero arbitrio, è molto affezionato al concetto filosofico e teologico secondo cui ogni persona è libera di fare le proprie scelte e l’idea di essere solo un attore che recita la parte lo farebbe impazzire, anche perché non c’è un canovaccio da riempire o su cui improvvisare, c’è un copione al quale si deve esser fedeli, una partitura che ti impedisce financo i più lievi e impercettibili rubato.
Per fortuna queste cose le so solo io, altrimenti la pellicola rischia di rompersi. Non l’ho ancora detto, ma il pericolo è proprio quello. Se d’improvviso la gente si accorge che vive dentro un film c’è il rischio che la reazione incontrollata e simultanea di 6.894.522.000 persone (dicembre 2010) determini una ecpirosi anticipata, una potente conflagrazione che ci manda tutti a ramengo per le galassie. Ma le so solo io, le scrivo ma non le legge nessuno e se qualcuno le legge è difficile che ci creda, di solito sono l’unico che crede alle cose che dico. Solo Ciocci ci crede, ma con lui è diverso. E poi non ci crede neanche lui, le ascolta come se fosse una favola, di sicuro pensa che siano inventate dal nostro comune babbo, è matto.
Ciocci è matto, crede che viviamo nella fantasia di un tizio che di mattina gli frulla la fantasia creativa e scrive la nostra vita, ditemi se questa non è follia! Eppure, a ben vedere, non si sbaglia poi così tanto, perché siamo entrambi già impressi nella grande pellicola della vita. La sola differenza, che poi è la differenza tra una persona normale (che sarei io) e un matto (Ciocci), è che io credo d’esser parte di un grande disegno universale pennellato da Dio (ma su questo devo ancora riflettere) e lui invece si crede figlio di uno scribacchino qualunque che lo muove come un pupo siciliano.
Ma almeno ascolta. Gli altri sbevazzano guardando il Tevere, recitano la formazione della Roma, comprese le riserve, Jiulio Baptista, Matteo Brighi, Daniele De Rossi, Stefano Okaka Chuka, Mirko Vucinic, il grande Totti, di Totti recitano anche la data di nascita, 27 settembre 1976. Camilla ogni tanto ascolta, ma è come se sapesse già tutto, mi guarda con un sorriso quasi beffardo per comunicare il suo scetticismo, come a voler dire Ciocci si beve tutto, anche le tue balle, io bevo solo Tavernello. Nello, Terzi, Bob e Manfredi non ascoltano mai, all’inizio quando li ho conosciuti ascoltavano, poi si son stufati, vogliono solo la storia dell’abete che diventa maestro di sci, gli piace molto la scena del gatto delle nevi.
Quindi non mi crede nessuno, è bene che apra gli occhi una volta per tutte. Le sole persone al mondo che hanno la fortuna di avere accanto l’unico esemplare di uomo che conosce il mistero delle anime non lo prendono sul serio, si allontanano, ridacchiano. Ciocci non si allontana né ridacchia, ma mi ascolta come se leggessi un romanzo, quindi un’opera di fantasia, mentre io racconto la verità. Ieri gli ho detto che so tutto del passato, ma dimentico il futuro.

12 commenti:

  1. Bibliografia per il capitolo 15

    De Lillo Luigi, La canzone, elemento di storia, «Piedigrotta O.N.D.», XIII, 1935, pp. 53*5.
    De Luca Flaviano, Napoli, le vie del canto, Airplane, Ozzano dell’Emilia, 2006.
    De Martino Pier Paolo, Cuozzo Mariadelaide, In punta di penna e di matita: critica e iconografia della canzone napoletana nella *cultura delle riviste*, in Studi sulla canzone napoletana classica, pp. 5*77.
    De Mura Ettore, Enciclopedia della canzone napoletana, 3 voll., Il torchio, Napoli, 1968.
    De Mura Ettore, Poeti napoletani dal Seicento ad oggi, Marotta, Napoli, 1966.
    De Simone Roberto, Appunti per una disordinata storia della canzone napoletana, «Culture Musicali», II/3, 1983, pp. 3*40.
    De Simone Roberto, Canti e tradizioni popolari in Campania, Lato Side, Roma, 1979.
    De Simone Roberto, Disordinata storia della canzone napoletana, Valentino, Ischia, 1994.
    De Simone Roberto, Il Segno di Virgilio, Puteoli, Pozzuoli, 1982.
    De Simone Roberto, La tarantella napoletana nelle due anime del Guarracino, Gabriele e Mariateresa Benincasa Edizioni, Roma, 1992.
    De Simone Roberto, Prefazione a Raffaele Viviani, I capolavori, a cura di A. Lezza, Guida, Napoli, 1992, pp. 5*13.
    De Simone Roberto, Rossi Annabella, Carnevale si chiamava Vincenzo. Rituali di Carnevale in Campania, De Luca Editore, Roma, 1977.
    Di Benedetto Renato, La canzone napoletana nel Novecento, «Horizonte. Italianistische Zeitschrift für Kulturwissenschaft und Gegenwartslitteratur», V, 2000, pp. 223*30.
    Di Benedetto Renato, Salvatore Di Giacomo e la musica, in Salvatore Di Giacomo settant’anni dopo, Atti del Convegno di studi, 8*11 novembre 2005, a cura di E. Candela e A. R. Pupino, Liguori, Napoli, 2007, pp. 187*202.
    Di Filippo Giacomo, L’arte di Libero Bovio, Amoroso, Napoli, 1932.
    Di Giacomo Salvatore, Celebrità Napoletane, Vecchi, Napoli, 1896.
    Di Giacomo Salvatore, Il teatro e le cronache, a cura di F. Flora e M. Vinciguerra, Mondadori, Milano, 1964.
    Di Giacomo Salvatore, La canzone napoletana, «Vita nostra», I/5, 1930, pp. 9*16.
    Di Giacomo Salvatore, Luci ed ombre napoletane, Perrella, Napoli, 1914.
    Di Giacomo Salvatore, Napoli. Figure e paesi, Perrella, Napoli, 1909.
    Di Giacomo Salvatore, Piedigrotta For Ever, Sandron, Napoli, 1901.
    Di Massa Sebastiano, Il café-chantant e la canzone a Napoli, Fausto Fiorentino Editore, Napoli, 1969.
    Di Massa Sebastiano, La canzone napoletana e i suoi rapporti col canto popolare, Rispoli anonima, Napoli, 1939.
    Di Massa Sebastiano, Storia della canzone napoletana dal ‘400 al ‘900, Fausto Fiorentino Editrice, Napoli, 1961.

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  2. Bibliografia (continua)

    Di Mauro Raffaele, Il caso Fenesta che lucive: enigma *quasi* risolto, in Studi sulla canzone napoletana classica, pp. 195*240.
    Di Peso Franco, Poeti popolari di Napoli, Arti grafiche Minerva, Napoli, 1980.
    Dizionario degli editori musicali italiani 1750*1930, a cura di B. M. Antolini, Ets, Pisa, 2000.
    Doria Gino, La canzone del Guarracino, A. Guida, Napoli, 1933.
    E. A. Mario. Diario inedito, a cura di A. Siena Chianese, A. Gallina, Napoli, 1999.
    Elia Piero, La canzone napolitana, Superstampa, Roma, 1952.
    Elia Piero, Piedigrotta. La sagra della canzone napolitana, Romana graf., Roma, 1960.
    Fierro Aurelio, Storia della canzone napoletana dalle origini al ’900, Luca Torre, Napoli, 1992.
    Francesco Florimo e l’Ottocento musicale. Atti del convegno, Morcone 19-21 aprile 1990, a cura di R.Cafiero e M. Marino, 2 voll., Jason, Reggio Calabria, 1999.
    Franco Mario, Il cinema che canta. Il teatro e la canzone nel cinema napoletano dalle origini alla seconda guerra mondiale, in Studi sulla canzone napoletana classica, pp. 79*105.
    Franzese Umberto, La radio a Napoli dalle origini alle emittenti libere, L’abaco, Napoli, 1984.
    Frasca Simona, Birds of passage: i musicisti napoletani a New York (1895-1940), Lim, Lucca, 2010.
    Frasca Simona, I’ m’arricordo ‘e Napule di Enrico Caruso: per una genesi della popular music, in Studi sulla canzone napoletana classica, pp. 241*255.
    Frasca Simona, La canzone emigrata. Prestiti musicali tra Napoli e il resto del mondo, «Konsequenz», V/1, 1998, pp. 35*47.
    Frasca Simona, La canzone napoletana in esilio. Alla ricerca degli artisti napoletani emigrati in America all’inizio del XX secolo, «Napoli Nobilissima», III/1*2 (quinta serie), 2002, pp. 45*56.
    Frasca Simona, L’esperienza extramoenia all’Archivio Sonoro della Canzone Napoletana, in Napoli musicalissima, pp. 343*59.

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  3. Bibliografia (continua)

    Frasca Simona, The American Big Invasion: i Ritmi Americani a Napoli (1900*1935), «Musica/Realtà», XXVII/80 2006, pp. 21*41.
    Fruci Lorenza, Mala femmena. La canzone di Totò, Donzelli, Roma, 2009.
    Fugazzotto Giuliana, Sta terra nun fa pi mia, Nota Geos, Udine, 2010.
    Gaeta Catalano Bruna, E. A. Mario leggenda e storia, Liguori, Napoli, 1989.
    Galanti Bianca Maria, Le villanelle alla napoletana, Olschki, Firenze, 1954.
    Gara Eugenio, Caruso, Storia di emigrante, Rizzoli, Milano, 1993.
    Gargano Pietro, Le canzoni di Piedigrotta, A. Guida, Napoli, 1996.
    Gargano Pietro, Nuova enciclopedia illustrata della canzone napoletana, 2 voll., Magmata, Napoli, 2006*7.
    Gargano Pietro, Cesarini Gianni, Caruso. Vita e arte di un grande cantante, Longanesi & C., Milano, 1990.
    Gargano Pietro, Cesarini Gianni, La canzone napoletana, Rizzoli, Milano, 1984.
    Gargano Pietro, Marinelli Gioconda, Mario Lanza. La leggenda, Magmata, Napoli, 2005.
    Gargano Pietro, Marinelli Gioconda, Mirna Doris. Regina e Reginella, A. Gallina, Napoli, 2002.
    Geraci Mauro, Le ragioni dei cantastorie. Poesia e realtà nella cultura popolare del sud, Il Trovatore, Roma, 1996.
    Giordano Carmine, Canzone napoletana, dove vai?, in Girotondo di canzoni napoletane, Arti Grafiche Pinto, Napoli, 1964.
    Giordano Oreste, Ferdinando Russo, Eugenio De Simone Editore, Napoli, 1927.
    Giuriati Giovanni, La musica tradizionale della Campania e la canzone napoletana, in Storia e civiltà della Campania. Il Novecento, a cura di G. Pugliese Carratelli, Electa, Napoli, 1996, pp. 281*99.
    Grano Antonio, Malafemmena!. Donne perfide nella canzone classica napoletana, Intra Moenia, Napoli, 2008.
    Grano Antonio, Partono ‘e bastimente. L'emigrazione nella canzone classica napoletana, Antonio Grano, Napoli, 2008.
    Grano Antonio, Trattato di sociologia della canzone classica napoletana, Palladino, Campobasso, 2004.
    Grano Enzo, La canzone napoletana. Storia di un popolo, Bellini, Napoli, 1992.
    Grano Enzo, La sceneggiata, Attività Bibliografica Editoriale, Napoli, 1976.
    Greco Maria Teresa, I vagabondi, il gergo, i posteggiatori. Dizionario napoletano della parlèsia, Esi, Napoli, 1997.

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  4. oggi nessun commento, per forza son tutti in galera

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  5. secondo me si sono stufati e poi quell'animale spellato in copertina non aiuta

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  6. hva en vakker cover, men hvem er dine grafikk

    helen

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  7. non si son stufati, son tutti in biblioteca a leggere i libri consigliati
    E.
    (Helen, puoi tradurre?)

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  8. giusto: vakker, fankul mukker.

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  9. certe hoc ipsum sint in senatu reorum

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  10. Lo credo che non sto tutto il giorno a postare commenti, non credo mica all'apocatastasi.

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  11. eri in biblioteca?

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  12. intendevo dire la biblioteca del carcere

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