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mercoledì 22 febbraio 2012

ADESSO ALTRE PECORE capitolo sei


una foto di quando l'editore era una verde collina


SEI

Con gli hotel per adesso va bene, arrivo tranquillamente alla fine del mese e ogni tanto posso concedermi anche il filetto. Adele mangia Eukanuba mica croccantini dozzinali. E una volta alla settimana viene Giovanna a dare una rassettata alla casa (le camice le stiro io). Preciso però che l’espressione arrivo tranquillamente alla fine del mese era solo un modo di dire, perché sono libero professionista, non vado a mensilità
Lavoro soprattutto con clienti americani, loro d’arte ne capiscono un’acca, basta un cestino di kiwi e sono contenti, poi siccome hanno alberghi giganteschi e faccio un buon prezzo, mi fanno ordinazioni industriali, tipo cento cestini di frutta mista, cento di frutta fresca e cento di frutta secca con datteri, io ci metto più o meno un anno tolte le feste e i giorni (tanti) che non mi va di dipingere, e ci vivo tre anni. Ci vivrei tre anni, perché non mi fermo mai, chi si ferma è perduto, quello che non spendo lo metto da parte, dopo dirò perché. Ne faccio dieci alla volta, prima preparo le tele, faccio dieci sfondi tutti uguali, mi conviene perché compro i colori all’ingrosso, il giorno dopo dipingo i cestini, dieci cestini, il giorno dopo le mele, e così via con pere, banane eccetera, si fa prima. Se vogliono frutta esotica il prezzo raddoppia, è molto più difficile, e poi a richiesta ci sono gli extra, una bottiglia di vino, un vaso di fiori, un clarinetto. Per gli extra nel mio sito c’è una tabella coi prezzi.
Alcuni hotel mi chiedono soggetti spaventosi, io li accontento senza fiatare ma non li firmo, rischierei la vita. Capita a tutti in albergo di vedere un quadro orrendo ed aver voglia di strozzare l’autore. Se uno dipinge migliaia di quadri prima o poi qualcuno lo strozza. Questi nemici dell’arte vogliono nature morte assortite, non solo cestini di frutta, anche oggetti della vita quotidiana, uno spazzolino da denti, un pacchetto di gomme, la denuncia dei redditi, il telecomando, come se volessero ricreare nelle stanze del loro hotel il calore disordinato dell’ambiente domestico. Oppure nature morte con crocifisso e bare in lontananza, nature morte erotiche coi frutti disposti nel modo che si può immaginare, o ancora nature morte del ventunesimo secolo, con ipod touch e telefonini. Mi è capitata anche una richiesta talmente oscena che l’ho dovuta rifiutare: un tizio di Cincinnati voleva dieci tele formato monitor con la home page del sito dell’hotel, ci doveva essere tutto, file, modifica, visualizza, preferiti eccetera. Gli ho scritto che non potevo perché si era ammalato il gatto. Coi matti bisogna sempre adeguarsi, si aspettano risposte come questa.
Mica trascorro la mia vita d’artista a dipingere pere e mele, fossi matto! Con pere e mele mi guadagno da vivere, poi per divertirmi faccio cose molto più belle. Un po’ come Simenon, scriveva gialli per campare e poi romanzi bellissimi, anche se sempre cupi. Le mie nature morte sono un buon prodotto come le indagini di Maigret, ma niente di più. Georges Simenon è stato uno dei più prolifici scrittori del ventesimo secolo, anche in questo ci somigliamo: lui ha pubblicato circa 450 romanzi, ne ha venduti 700 milioni di copie tradotti in 55 lingue, quindi una diffusione planetaria, io avrò dipinto circa 5000 nature morte, finite però quasi tutte negli Stati Uniti e nella provincia di Roma, dove è cominciata la mia carriera (Ceri, Castel di Guido, Maccarese, Torrimpietra, Ladispoli, insomma il litorale a nord della capitale). Riassumendo e per capirci meglio: Simenon scriveva Maigret con lo stesso spirito con cui io dipingo le nature morte, per poter fare cose più belle.
C’è però una differenza, lui queste cose belle le faceva tragiche perché era un uomo triste, quindi c’è sempre nebbia, freddo, umidità, stanchezza, malinconia nei suoi splendidi romanzi, io invece le cose belle le faccio gioiose, piene di colore, ridenti, sembrano feste di bambini con festoni e stelle filanti. Sono aggregati di colori felici, il giallo, l’azzurro, il rosso, l’arancione, uso molto il blu di Prussia con molto bianco, viene fuori il mare della Sardegna che per me è il sinonimo di gioia allo stato puro. Non uso mai il nero e il grigio (solo con punte di blu di Prussia), e mai i colori autunnali delle foglie secche. Il risultato quindi è per forza allegro. Questa è una differenza con Simenon, l’altra è che lui è famoso ed io no, io sono un perfetto sconosciuto e la ragione è semplice: non vendo i prodotti migliori della mia arte, me li tengo, vendo solo nature morte. Quindi al massimo sono famoso tra i gestori d’hotel americani e del Lazio tirrenico.
A proposito del Lazio tirrenico, qualche cenno sull’inizio della mia attività di pittore. Come accade spesso è stato un caso, io fino a trentanni non dipingevo. Un bel giorno capita che mia moglie ed io, mia moglie Adelina, quella finita nel dirupo, decidiamo di traslocare, di fuggire dalla città caotica e andare ad abitare al mare, precisamente a Marina di San Nicola, a trenta chilometri da Roma. Vendiamo la casa di Borgo Pio e col ricavato compriamo un villone a pochi metri dalla spiaggia. Che però dev’essere ristrutturato, quindi prendiamo in affitto una villetta modesta per seguire da vicino i lavori. Fatto sta che in questa villetta c’erano ovunque alle pareti quadri di una bruttezza mai vista prima, talmente brutti da uccidere all’istante una persona mediamente sensibile. Li abbiamo subito coperti con le pagine economiche del Corriere della sera, ma ci è bastato quel primo giorno d’affitto per gettarci in una depressione così acuta da costringerci per un paio di mesi a fare ogni giorno jogging per almeno tre ore, la fatica fisica infatti era l’unico modo per toglierci il magone e farci dormire la notte.
Quell’esperienza mi ha insegnato che la pittura può cambiarci la vita e che i quadri che appendiamo in casa possono orientare le nostre emozioni e i nostri pensieri. Ancora non immaginavo che sarei diventato pittore, avevo solo capito che l’arte può condizionare la nostra vita e che avrei dovuto fare qualcosa per migliorare l’ambiente in cui provvisoriamente avremmo abitato. Infatti, pur coperti dai giornali, quegli orrori continuavano a esercitare il loro potere malefico, bastava guardare i giornali per aver voglia di farla finita, di gettarsi nell’acqua gelida del mare o mangiare il minestrone della vicina, sicuramente letale a giudicare dall’odore.
Abbiamo comprato tele, colori a olio, pennelli e acqua ragia e ci siamo messi a dipingere. Adelina era brava, faceva paesaggi montani, dipingeva il suo Tirolo, con prati, mucche, ruscelli e monti innevati. La osservavo ammirato, sentivo cantare dentro di me gli jodler rassicuranti e sereni dei montanari sudtirolesi, i gorgheggi gioiosi, e mi venivano in mente i testi di quelle splendide canzoni: quando è sera ed il sole tramonta tra le vette del dolce Tirolo, penso a Innsbruck e alla bionda Hannelore…Io invece ero un disastro, all’inizio ero un disastro. Provavo a dipingere una barca e mi veniva un fagiano, e viceversa, non c’era modo che il pennello realizzasse quello che la mia testa gli diceva di fare, col risultato che mi toccava correggere quelle schifezze spremendoci sopra interi tubetti di colore. Venivano fuori quadri astratti, a volta neanche così brutti, anzi alcuni decisamente belli, li conservo ancora. E poi in quel modo ho fatto esperienza, sia a mischiare i colori utilizzando il bianco, fondamentale, che a variare la pressione del pennello. Insomma in poco più di un mese abbiamo raggiunto il nostro primo scopo, appendere alle pareti i nostri quadri, e nel mese seguente abbiamo raffinato le rispettive tecniche. Io sono passato rapidamente dal quadro astratto per necessità, quello che nasce figurativo e diventa astratto per correggere gli sbagli, alla pittura di orizzonti marini, prima semplici (mare e cielo), poi via via più complessi (mare increspato, cielo con nuvole), infine virtuosistici (mare in tempesta, nuvole cariche di pioggia, tramonto in lontananza). Le ore trascorse a dipingere le onde e le nuvole mi hanno fatto capire i segreti del mestiere e quando finalmente abbiamo traslocato disponevo ormai di una tecnica di tutto rispetto.
E poi ci avevamo preso gusto, avevamo addirittura deciso di farci costruire un atelier sul solarium in modo da avere uno spazio sempre attrezzato per la pittura, dove poter lasciare quadri e pennelli senza dover ogni volta mettere tutto a posto. Purtroppo quel sogno non si è realizzato perché Adelina è precipitata e adesso vive con me dentro un orologio a cucù.

8 commenti:

  1. Commento: questo è un capitolo molto romantico e spiega bene come si dipingono le nature morte, dunque unisce l'utile al dilettevole. Questo è quello che penso di questo capitolo. Pilon (Firmato Membro)

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  2. e poi sei così sicuro che acca non si scriva con l"H" davanti

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  3. La copertina è splendida, ormai il penoso capitolo del mostro è acqua passata. Trovo molto bello anche il commento di Pilon: è vero, un romanzo deve essere anche utile, via via che scorrono le righe si devono imparare un sacco di cose che aiutino il lettore nel faticoso cammino della vita. Cose pratiche però, tipo cambiare una lampadina o cucinare polenta e anatra muta. Così almeno non è tempo perso.
    (mi dispiace, Mauro me lo son dimenticato, e anche Fabiana)
    E.

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  4. Ged, ricordati di comprare le cipolle, al resto ci pensa Checco. Io porto i carciofi. Gianni ha preso tre in matematica.

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  5. Ma qualcuno è andato a prendere Ramona all'asilo?

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  6. non doveva andarci Nunzio?

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  7. Certo, Nunzio Apostolico, ma stamattina non gli partiva l'autovettura.

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  8. Mariuccia ha perduto lo spillo alle mutande
    non sapeva come fare
    per tenerle su
    per tenerle su

    Joyce

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