Visualizzazioni totali

giovedì 23 febbraio 2012

ADESSO ALTRE PECORE capitolo nove


In copertina l'autore e l'editore si sono riconciliati.



NOVE

Le anime miti e generose sono attratte dai miei quadri, ci traslocano e poi trasmettono benessere a chi le osserva. Se questo è vero, allora si pongono molte questioni delicate che sarà bene cercare di capire. Innanzitutto i criteri generali che determinano gli spostamenti delle anime da un involucro ormai inutilizzabile ad uno nuovo. Immaginiamo che l’anima vada in giro a cercare l’involucro più adatto per lei, ossia che abbia il potere di decidere. Ciò significherebbe che una volta generata (per adesso lasciamo da parte il problema ancor più difficile della genesi) vivrebbe di vita propria spostandosi in base ai propri desideri e bisogni. Quindi se è un’anima nobile non avrà nessuna voglia di finire dentro un bebè che a giudicare dai genitori diverrà un malfattore ignorante e manesco, preferirà un oggetto, addirittura uno stuzzicadenti.
Immagino la scena col Responsabile Smistamento dell’Ufficio Traslochi che offre alle anime in fila le diverse opportunità disponibili.
“Carattere prego?”
“Mite”
“Al momento di umani abbiamo solo un futuro poco di buono, ma può provare a Villa Pamphili, sono appena nati trenta avannotti di buona famiglia ed è stato inaugurato un nuovo spazio per i bambini con tanti giochi ancora liberi…vuole essere uno scivolo?”
“Piuttosto che un furfante mi va bene anche uno stuzzicadenti”
Ma non c’è un ufficio, stavo fantasticando, le anime lasciano la vecchia abitazione e vagano alla ricerca della nuova dimora. Alcune preferiscono un essere umano, altre un pino silvestre, dipende da tante cose. La conditio sine qua non è la compatibilità caratteriale, altrimenti vien fuori un essere o un oggetto dissociato, problematico, pericoloso per sé e per gli altri. Quindi se l’anima è mite cercherà un involucro tendenzialmente adatto ad accoglierla (come si riesca a capire sarà oggetto di riflessioni successive), ma la scelta dipende da cosa è stata fino ad allora, se intende esserlo ancora o preferisce un po’ di pausa. Ad esempio un’anima ha albergato dentro un comico di successo col fuoco nel culo, si è divertita ma adesso vuole riposare, così decide di trascorrere un po’ di tempo dentro un cacciavite nuovo di zecca. Oppure l’anima di un sequoia secolare che si è ammalato ed è stato abbattuto per farne comodini che decide un involucro meno immobile visto che è stata ferma per trecento anni. O l’anima dello stesso sequoia che era talmente affezionata al suo involucro che decide di entrare in uno dei comodini.
Se l’anima si sbaglia sono guai, l’involucro presenta subito dei disturbi psicologici molto gravi che non di rado lo conducono in una casa di cura. Che ci fa infatti un’anima mite in un corpo manesco pronto a fare a botte per un nonnulla? Lo so, qualcuno potrebbe dire che è impossibile, se l’anima è mite il corpo non può essere manesco, e invece non è così, c’è una componente caratteriale che si eredita tutt’altro che trascurabile che in questi casi sfortunati entra in corto circuito con l’anima. E allora si assiste (questa poi è esperienza di tutti) ad una crisi violenta con calci e pugni e subito dopo al pentimento disperato e alle scuse. Il soggetto è combattuto, si sente abitato da diavoli e angeli, picchia e chiede scusa, un disastro.
Se l’anima delicata e sensibile entra nel corpo di un placido bebè che da grande acquista i caratteri somatici del peggiore dei maschi pelosi attaccabrighe può anche succedere che essa, l’anima, prevalga sul DNA generando situazioni davvero comiche che tutti conosciamo: l’omone peloso con la faccia cafona da antico romano (o moderno, è uguale) si comporterà da gentleman cedendo la sedia ai vecchietti in autobus o aiutandoli sulle strisce, da sganasciarsi.
E viceversa, l’uomo sbarbato e ben curato, dai tratti fini e aristocratici, che poi prende a calci le vecchiette e spara bestemmie irripetibili.
Una volta anch’io ho sbagliato, io che sono un tipo tranquillo, pacato, riflessivo sono finito dentro un tizio che dal babbo aveva ereditato l’incapacità di stare seduto un momento, un fuoco perenne nel culo. È stato uno strazio, tutto quello che facevo non mi soddisfaceva, se prevaleva la mia anima mite e mi mettevo in poltrona a leggere poesie sentivo dentro la smania di uscire a fare jogging e non riuscivo a concentrarmi sui versi, se invece andavo fuori a correre mi venivano i pensieri che stavo perdendo tempo, che avrei dovuto legger versi. Tutto sempre così, nessuna via di mezzo. Si chiama dissociazione, perdita del senso di coerenza e coesione personale, e può avere conseguenze molto gravi. Io per fortuna sono morto giovane, leggevo Rimbaud facendo una nera in montagna e sono finito su un abete, che tra l’altro, davvero molto gentile, mi ha subito accolto dentro di sé.
Da abete osservavo quei matti sulla pista di sci, salivano, scendevano, cadevano, si affannavano, si congelavano, gli scappava, gli prudeva la calzamaglia, e non stavano fermi neanche in seggiovia, chi a telefonare, chi a mettersi il burro di cacao, chi a togliersi i guanti per soffiarsi il naso, chi a rimetterseli, un lavorio continuo, disordinato, frenetico. Guardarli dalla mia posizione privilegiata, ben saldo sulle radici, senza problemi di caldo o freddo, di cibo, senza le seccature che affliggono l’essere umano tipo pagare le multe alla posta o trovare parcheggio, mi faceva riflettere sul senso della vita umana e vegetale. Gli uomini sono incapaci di star tranquilli, di star seduti in poltrona a guardare il fuoco nel camino o scrivere un endecasillabo, ce ne sarà uno su mille che si sveglia al mattino e decide di non fare assolutamente nulla, come se l’inazione, che è la cosa più bella e filosofica che esiste, fosse una brutta malattia, invece Oblomov aveva capito tutto. Da abete li guardavo questi sciatori e non riuscivo a reprimere un senso di incolmabile superiorità, io stavo lì, fermo, a svolgere quel minimo di funzioni automatiche che mi tengono in vita, succhiare nutrimento da mamma terra, e loro dopo tutte quelle cunette dovevano andare in albergo, poggiare gli sci, togliersi gli scarponi, farsi la doccia, vestirsi, fare quattro chiacchiere, mangiare, digerire e magari andare pure in discoteca o far sesso, da uscir pazzi.
Anche perché tutte quelle azioni richiedono uno sforzo anche intellettuale che distoglie la mente dalla riflessione pura, filosofica, astratta, che è il fine ultimo dell’essere vivente (umano, animale, vegetale, ma anche minerale eccetera) sebbene molti la credono lo strumento attraverso cui comprenderlo. Infatti per fare quelle azioni bisogna decidere di farle, decidere di mettersi la calzamaglia, i calzerotti, i calzoni da sci eccetera, decidere di comprare lo skypass, decidere se è il caso di fare il giornaliero o bastano dieci salite, decidere se andare con Nando che scia bene e si possono fare tutte le piste o con Francesca che è una schiappa ma è bona, un sacco di decisioni che fanno venire il mal di testa e distraggono dai pensieri alti.
L’abete invece medita quanto vuole, quindi sempre, perché il nutrimento non richiede particolare sforzo fisico o intellettuale. Certo ci sono alcune scelte che devono esser fatte, a seconda delle condizioni di salute del tronco, della chioma, della corteccia, delle foglie, dei fiori e degli strobili (cioè le pigne) è necessario attivare un sistema nutrizionale mirato a selezionare alcuni alimenti piuttosto che altri, ma non ci si pensa ogni giorno, solo ogni tanto, poi va tutto in automatico, un lusso che animali e umani si sognano. L’uomo prima di mangiarsi un pollo arrosto deve fare una quantità spaventosa di azioni, un po’ meno se lo compra già cotto in rosticceria, per non parlare del gatto se vuol mangiare un pettirosso, attese infinite, agguati andati a vuoto, altre delusioni, poi tutte quelle penne schifose da sputare… mentre l’abete si beve il nettare squisito che gli regala madre terra senza alcuno sforzo, e vi posso assicurare che è celestiale, molto meglio del miglior Brunello di Montalcino.
La noia? Non sa proprio cosa sia, non la conosce. Dovete immaginarvi l’abete rosso di montagna, o peccio, come una specie di Leopardi che seduto davanti a una siepe osserva interminati spazi in bilico tra la perdita di sé stesso (così tra questa immensità s’annega il pensier mio) e il piacere che ne deriva (e il naufragar m’è dolce in questo mare). Però c’ero dentro io, un’anima leopardiana felice di osservare l’infinito dal Monte Tabor, gli altri abeti non so, può darsi che qualcuno si rompa a star fermo tutto il giorno senza neanche potersi grattare la corteccia. Poi ci sono gli inconvenienti, tipo le incisioni di iniziali e le pisciatine, ma son poca cosa, il fastidio di un momento.

11 commenti:

  1. Hallooo, die Umschlaege sind einsame S P I T Z E! Du solltest das hauptberuflich machen. Hast grosses Talent!
    Hannah

    RispondiElimina
  2. There is only one word to say: Marvellous!
    Mike

    RispondiElimina
  3. maravilloso, estupendo, preclaro!
    Miguel

    RispondiElimina
  4. ho spostato il dentista, i bambini li prendo io, ma ricorda a Fabiana di passare dal lavasecco

    RispondiElimina
  5. Proposta a tutti i lettori.
    Per dimostrare che il romanzo non è già bello che scritto e non ci stanno spillando i nostri soldi, mettendo le mani nelle nostre tasche, una certa parola scelta dai noi lettori dovrà comparire nel capitolo del giorno appresso. Naturalmente la parola dovrà essere armonicamente inserita nel contesto. Per esempio, se la parola in questione è "decrescita" sarà considerata prova evidente della truffa una frase tipo: "Adelina mi sussurrava dolci parole, come amore, mio bel pittore, mia dolce decrescita". Ma anche "l'aeroplano già cominciava la sua decrescita verso Parigi".
    La parola per il capitolo di domani è: "panforte".

    RispondiElimina
  6. Enrico, questo lavoretto del panforte lo faccio io o lo fai tu?

    RispondiElimina
  7. Sto lavorando, benedettiddio, non mi distraete in continuazione con le vostre meschinerie! In questo momento preciso sono al secondo paragrafo del capitolo dieci, il protagonista entra in un negozio a comprare panforte
    (ieri il mio legale, avv. N. Apostolico ha identificato la persona fisica che si nasconde vigliaccamente sotto lo pseudonimo di Pilon, un noto archeologo di Marina di Sorso, e lo ha denunciato per diffamazione per le parole infamanti rivolte al mio operato di scrittore, oggi dovremo aggiungere anche questo Ged per l'oscena proposta di aggiungere panforte al decimo capitolo... chi altro, lettori, vuole passare un guaio con la giustizia? e chi va a prendere i bambini a scuola? io devo andar dall'avvocato)
    E.

    RispondiElimina
  8. il mio legale mi informa adesso che detto Pilon non è un archeologo ma il discusso gestore dello stabilimento "Spicci bellobè" di Platamona, recentemente teatro di scandali, truffe ed abusi nei quali sembra anche coinvolto il cugino Ged.
    E.

    RispondiElimina
  9. Con riferimento alle minacce rivolte dall'autore a coloro che intendessero seguire le orme di Pilon e Ged ("chi altro, lettori, vuole passare un guaio con la giustizia?") mi preme ricordare che tutte le volte che in passato ha fatto ricorso alla magistratura per risolvere questioni neanche poi così gravi, ha sempre ottenuto ciò che voleva, e che l'editore non è da meno. Molti sono caduti in disgrazia per banali denunce per diffamazione o calunnia e non si contano i casi di coloro che son dovuti fuggire all'estero per evitare condanne di detenzione fino a 15 anni, come sono i casi di R.C. e A.N. in Olanda, L.F. in Germania e perfino del suo stesso fratello costretto all'esilio in Francia da oltre trent'anni.

    RispondiElimina
  10. A seguito delle diffusione di infamanti e infondate notizie diffuse su questo sito sul fatto che dietro l'identità del membro Ged si celi tal Gavino Porcu gestore dello stabilimento "Spicci bellobè", informo tutti i soggetti che frequentano il sito stesso di aver dato mandato al mio rappresentante legale di intraprendere qualsivoglia opportuna azione legale nei confronti dell'autore e dell'editore a difesa del mio buon nome, della mia onorabilità e della mia reputazione

    cav. gavino Porcu
    gestore di stabilimenti balneari

    P.S. Nelle more di tali procedure mi riservo di agire in modo diretto su suddetti autore ed editore e, ove fosse necessario, anche sul membro Ged.

    P.P.S. comunque la nuova parola è "calzamaglia"

    RispondiElimina
  11. calzamaglia sia, ma solo se almeno tre membri fissi approvano

    il legale dell'autore
    Avv. N. Apostolico

    RispondiElimina