49. Nei giorni seguenti tentai di parlare di nuovo con Salvatore.
Volevo capire se, superato il momento dello scontro diretto, quando anch'io
avevo trasceso il livello minimo di
comprensione umana, sarebbe riuscito a spiegarmi, e forse a spiegarsi,
quello che era successo; con calma, serenamente, come in uno sfogo tra buoni
conoscenti, se non fra amici. Fu inutile: andai a trovarlo, ci stringemmo la
mano e restammo a guardarci per lunghi secondi. Quando iniziai a parlare, con
il tono pacato che uso sempre ma che in questo caso era anche studiato, lui
distolse lo sguardo e si mise a fissare il bordo del tavolo. Mi lasciò correre,
con le mie ipotesi - ulteriori ipotesi, più dettagliate e stringenti di quelle
esposte nello studio di Casula - non più sulle sue azioni, ma sui suoi
sentimenti, che in quel momento, nella veste del giudice autoproclamato, mi
sembravano altrettanto nitidi. Ma che, soprattutto, non mi riguardavano.
Fu proprio quanto, alla fine, mi fece notare Salvatore; senza livore,
anzi quasi con cortesia, come chi vuol fare rilevare al suo interlocutore una
piccola gaffe che imbarazza entrambi.
- Fontana, - mi disse, - lei ha avuto la cortesia di venire a trovarmi:
non sciupi tutto con queste miserie.
- Speravo che avesse voglia di confidarsi e così sono venuto come amico
e non come poliziotto. Proprio perché la stimo non riesco a spiegarmi come una
persona come lei...
- La sua è solo curiosità, Fontana, curiosità non morbosa, ma in questo
momento non c'è niente che mi irriti di più della curiosità. No, no, - con un
gesto stanco interruppe la mia protesta - lo so che il suo interessamento
è amichevole, che magari potrebbe anche avere
buone ripercussioni sulla mia sorte. Ma non voglio più parlare di tutto questo.
Ha letto i giornali?
- Sì, purtroppo. Sa, noi abbiamo fatto del nostro meglio, ma il Sindaco
ci teneva a prendere le distanze, a chiarire la posizione di "netta
condanna da parte delle autorità per un gesto inspiegabilmente efferato oltre
che nocivo per l'ordine pubblico". - Citai a braccio un brano saliente
dell'intervista pubblicata su un giornale locale. Salvatore accennò a un
sorriso.
- Come la peronospora.
- Come dice?
- "Nocivo". Nocivo come un parassita.
- Il nostro primo cittadino non brilla nella scelta degli aggettivi.
- Invece trovo calzante il paragone. Mi sento proprio nocivo. Nocivo e
minuscolo come un insetto molesto.
Parlammo del più e del meno, ancora per qualche minuto. Salvatore
chiese notizie dell'ingegnere e anche di Marta. Mi confidò di sentirsi
profondamente in colpa, nei loro riguardi. Gli spiegai che all'ingegnere
probabilmente non importava molto della sorte della moglie e che forse per lui
quella morte inaspettata rappresentava una liberazione, almeno stando a quanto
mi aveva detto. Se n'era andato, era partito per Milano, e aveva messo in
vendita la casa. Marta invece - era il mio turno di confidenze - ce l'aveva
soltanto con me, che l'avevo sospettata ingiustamente, malgrado fra di noi si
fosse instaurato un rapporto di amicizia. Salvatore scosse il capo e disse che
non sarebbe mai riuscito a capire le donne. Poi mi ringraziò della visita e ci
congedammo, amichevolmente.
50. Settembre. La sua luce tersa, di estate stanca ma di anno nuovo,
stava ponendo seri interrogativi sull'attendibilità delle previsioni
meteorologiche, che davano ancora per sicuri grande caldo e afa, su tutta la
Sardegna. La gente. Erano spariti tutti, tranne qualche tedesco povero, da
fuori stagione, che si godeva il paradiso terrestre per pochi marchi. Poi c'ero
io, ufficialmente e praticamente in vacanza. Guardavo un cielo color cobalto
attraverso i forellini del mio cappello di paglia; stavo steso sul dorso, nel
centro geometrico di un semicerchio deserto di corallo sminuzzato, rosa e
soffice, i piedi nel mare fresco, la schiena sulla sabbia calda. La paglietta
mi copriva la faccia, nascondendo al sole, settembrino ma ancora pericoloso, il
naso scottato e, al mondo, una vergognosa inerzia. La prua della mia barca,
ancorata a terra e ormai quasi in secca, amplificava il flebile suono di
risacca di onde impercettibili, tonfando e poi stronfiando sulla sabbia. Presi
una bottiglietta di Campari dalla borsa frigorifera e me la imposi sul naso
sofferente, procurandomi un ingannevole attimo di sollievo. Poi iniziai a bere,
poggiato sul gomito sinistro, assorto nella contemplazione del movimento
ritmico della cima dell'ancora che entrava e usciva dall'acqua, sempre nello
stesso punto, tesa dal movimento oscillatorio della barca.
Quanto tempo era che me ne stavo cosi? Un'ora, due? Una settimana, un
mese? Il tempo dilatato dall'ozio mi aveva confuso le idee. Dopo l'ultimo
incontro con Salvatore non avevo fatto niente. Niente di niente. Una cena da
Casula, va bene, ma avevamo parlato d'altro, perché la storia di Cala Veronese
non piaceva a nessuno dei due. Poi ancora due giorni in ufficio, per sistemare
i particolari, chiedere le ferie, lasciare istruzioni a Pirro. Istruzioni
indiscutibili e immodificabili: non c'ero, ero fuori, lontano, irreperibile.
Per tutti. Tranne che per casi particolarmente urgenti, per mia madre, per
Giuseppe (che tanto sapeva dov'ero, cioè a casa la sera e in barca dalla
mattina al pomeriggio). E per Marta, che comunque non aveva chiamato. A dire
il vero non c'era stata nessuna chiamata, perché settembre è il mese dei
pensieri, non delle azioni, e la Polizia non serve.
Ma sarebbe ingiusto dire che non avevo fatto proprio niente: avevo
sbrogliato due lenze da traino, pulito la barca e la casa, preso un dentice
nano o forse sottosviluppato e un'ombrina da un chilo. Avevo cucinato uova al
bacon, patate fritte, spaghetti con le vongole, l'ombrina. E avevo rimesso in
libertà il dentice nano. Letto tre libri, iniziato un quarto e abbandonato il
quinto che mi annoiava. Dormito, pescato, fatto il bagno, veleggiato e pensato.
A Marta, essenzialmente, e al caso di Cala Veronese, negli intervalli. È una
strana sensazione sentirsi felici nel corpo e malinconici nello spirito, ma
settembre è un bel mese, anche per questo.
giusto una precisazione: i tedeschi non vanno in vacanza ad agosto come gli italiani, possono scegliere e settembre per loro l'Italia è meno congestionata e meno calda, quindi la frase "tranne qualche tedesco povero, da fuori stagione" andrebbe corretta.
RispondiEliminaun rompiballe
ma anche mio fratello che è notoriamente francese
RispondiEliminava a settembre in sardegna
enrico
Nella seconda ristampa lo correggo. Pilon
RispondiEliminaChe bella la libertà di espressione senza censura!
RispondiEliminaChe bella la libertà di poter scrivere quello che ci pare senza censura!
RispondiElimina... Mi sbagliavo, la censura viene ancora praticata, editore fascista...
RispondiEliminalettore anoniimo
RispondiEliminasappiamo chi sei
Non importa, voglio rimanere anonimo lo stesso!
RispondiEliminaIl giallo mi è piaciuto molto, ma non so se mi piacerebbe un happy ending o piuttosto un eroe romantico tipo Rick Blaine (Humphrey Bogart).
RispondiEliminaMa é stato tratto un film dal libro? Non sarebbe male, Brad Pitt potrebbe interpretare Deidda.
Io vorrei Angelina Jolie per Marta Fresi.
RispondiEliminaLo volevo dire io, ma ho lasciato l'onere della scelta ad un maschio ha ha ha ha
EliminaSo che la Universal Picture ha preso contatti con il nostro editore per la cessione dei diritti. A me va bene.
RispondiEliminaAncora una precisazione. Col termine comune di peronospora in agricoltura si indica genericamente una malattia delle piante causata da protisti appartenenti non solo al genere Peronospora, ma anche ad altri generi, sia della famiglia Peronosporacee che della famiglia Piziacee. La malattia rientra in generale nella categoria delle malattie trofiche in quanto causata da organismi parassiti che sottraggono risorse trofiche alla pianta ospite per mezzo di rapporti anatomici e fisiologici abbastanza stretti. L'eziologia si manifesta, in generale, con depigmentazioni a carico dei tessuti verdi, a cui seguono in genere necrosi più o meno estese. A carico dei frutti si instaurano processi degenerativi che si manifestano con necrosi o marciumi. L'esito degli attacchi di peronospora è spesso letale, soprattutto quando interessa le piante erbacee.
RispondiEliminaP. Binco