51. Quelle giornate passate sotto il sole mi stremavano: andavo a letto
alle nove, massimo le dieci e mi svegliavo all'alba, pronto per tornare a
pescare. Marta aveva telefonato, finalmente, ma solo per comunicarmi la sua
partenza. Non aveva voluto che la accompagnassi fino al traghetto e nemmeno che
la andassi a salutare. Però parlammo a lungo (anche se odio parlare a lungo per
telefono) e ci lasciammo, come si dice, da amici: nessun rancore, e la vita
continua. E con una specie di promessa. Alla fine della telefonata mi ero steso
sul letto, convinto che l'agitazione mi avrebbe tenuto sveglio. Invece ero
caduto in un torpore instabile, che presto si era trasformato in sonno
profondo. Stavo sognando di battere un polpo sul bordo della barca quando mi
resi conto che i colpi erano reali e provenivano dal portone: qualcuno che mi
svegliava nel cuore della notte, probabilmente un caso urgente. Guardai
l'orologio e scoprii che erano solo le dieci e dieci. Guardai me stesso e mi
accorsi di essere ancora completamente vestito. Riguadagnai la realtà e mi
precipitai ad aprire. Era Fadda, il pompiere, con un sorriso timido disperso
tra le guance irsute.
- Buonasera Gavino, cosa succede?
- Niente di grave, commissario, non si preoccupi. Ero venuto per dirle
una parola.
- Cosa fa lì sulla porta? entri che le offro un bicchiere di vino, una
birra, un caffè. - Mentre varcava la soglia cercai di domare i miei capelli, o
quel che ne resta e che la salsedine rende comunque indomabile. Entrò
guardandosi intorno con curiosità rispettosa e mi seguì nello studio, cioè
nella stanza dove trovano posto un tavolo su cavalletti, due poltrone da
terrazzo e tutti i miei libri.
- Allora?
- Allora. Allora non è facile. So che avete arrestato Salvatore.
- Sarebbe difficile non saperlo: ne hanno parlato tutti i giornali.
Però, mi creda, mi è dispiaciuto davvero molto. Non ci avrei mai creduto, una
persona come lui...
- Ma ha confessato.
- Certo, ha confessato.
- È questo il punto.
- Allora?
- Lei conosce la moglie? Chiara Deidda?
- No.
- È venuta da me, ieri sera, e mi ha raccontato una strana storia. Su
quella notte e sull'incendio.
- Ma non era al suo paese? Salvatore ci ha detto che...
- Aspetti, commissario, mi lasci finire. Il giorno dopo l'incendio,
Salvatore ha spedito moglie e figli a Villasor, al paese, appunto.
- È vero, mi ricordo: me lo disse Pirro, perché avevano organizzato una
cena da scapoli.
- Sì, c'ero anch'io. E la moglie è sempre rimasta lì, per tutto questo
tempo. Poi, il giorno dopo l'arresto, è ricomparsa, senza i due figli, è andata
a casa e si è chiusa dentro. Esce soltanto per andare a trovare Salvatore. Ma
ieri sera si è presentata a casa mia, scura in volto e molto emozionata, si
vedeva che aveva pianto. E mi ha raccontato questa storia.
- E in cosa consiste, questa storia?
- È per questo che sono qui. Le ho detto che io non me ne intendevo di
cose legali, ma che conoscevo qualcuno che, forse, poteva aiutarla o almeno
darle ascolto. Lei non vorrebbe fare questo?
- Ascoltare la storia di Chiara Deidda? certamente, non vedo perché no.
Ma quello che non capisco è questa aria di mistero, le visite notturne, le sue
esitazioni.
- È che Salvatore non sa nulla di quello che sta facendo sua moglie.
- Ah! - rimasi in silenzio per qualche istante. - Va bene: possiamo
vederci domani mattina, alle nove, in Questura?
- Direi di no. È sempre perché Chiara non vuole che si sappia che ha
parlato con lei. Che Salvatore sappia. E
dice che è urgente.
- Allora dobbiamo andare da lei, subito?
- Per la verità, no: è qui fuori che aspetta.
Mi sentii
stupido, imbarazzato e anche insensibile: non avevo capito che, a pochi metri
dal mio portone, si stava consumando una piccola tragedia. Corsi fuori; sul
lato opposto della piazza intravidi nella penombra una figura femminile, che
guardava nella mia direzione; le feci un gesto di saluto che trasformai in un
invito ad avvicinarsi. Lei si voltò verso la strada principale, poi scrutò la
vetrina illuminata del bar d'angolo e infine s'incamminò cautamente in
direzione del mio portone. Nel farlo si coprì il capo con uno scialle,
aggiungendo a tutta la scena, già di per sé inutilmente teatrale, un tocco
arcaico. Deleddiano, direi, se non fo
Il testo è troncato...
RispondiEliminaeditore puoi intervenire?
. Deleddiano, direi, se non fosse banale!
RispondiEliminadeleddiano, direi, se non fottesse a nessuno.
RispondiEliminaPilon
deleddiamo, direi, se non fornicasse tutto il tempo.
RispondiElimina