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sabato 9 giugno 2012

SU FOGU capitolo quarantotto e tutto a posto va



                                       SU FOGU  è tutta una questione di messa a foggu

48. Era come se lo vedessi per la prima volta: Salvatore Deidda aveva capelli castani lisci e folti, occhi azzurri e un naso piccolo e dritto che tagliava con decisione  il volto allungato; un fisico perfetto, spalle larghe e vita stretta, braccia muscolose e mani forti, molto virili. Quel che si dice un bell'uomo. Sciupato, decisamente, abbronzato come sempre, ma pallido e smagrito: l'effetto di una cattiva coscienza su un uomo probo? Casula, fino a quel momento, aveva mantenuto l'interrogatorio sul vago, ma sentivo che, com'è nel suo stile, stava per stringere il cappio.
- Lei conosceva i signori Rinaldi?
- Rinaldi... - pausa di riflessione, - Rinaldi l'ingegnere?
- Il proprietario della villa di Cala Veronese.
- Non proprio.
- Può spiegarsi meglio?
- So che abita lì.
- Ma quando gliel'ho chiesto, - intervenni - mi ha detto che i proprietari della villa erano forestieri, di Roma, di Milano, chissà. Mentre ora ricorda perfino il cognome.
- Non riesco a capire il motivo di queste domande: pensavo che vi servissero solo altre delucidazioni sull'incen­dio. Glielo ripeto, comunque, non è che proprio li cono­scessi. Sapevo che erano di fuori e, in un discorso meno vago, mi sarei ricordato anche il cognome, forse.
- Forse, - riprese Casula, - ma forse conosceva meglio la signora, Luisa Grisi Rinaldi?
- Non mi sembra. Perché?
- Se le dicessi che tra gli incartamenti del suo comando abbiamo trovato un rapporto dettagliato, a sua firma, su un intervento d'urgenza alla villa "La Rotonda" risalente al giugno dello scorso anno, l'aiuterebbe a ricordare?
- Ah, sì: ci avevano chiamato perché uno dei pini del giardino aveva un ramo spezzato che minacciava di precipi­tare sul tetto della rimessa. Per questo mi ricordavo il cognome.
- Quante volte si è recato alla villa?
- Una, forse due. Ma continuo a non capire.
- Con chi ha parlato? chi le ha spiegato il problema del pino?
- Non mi ricordo, la signora forse. Sì, la signora, insieme al giardiniere, quel vecchietto che il commissario...
- E non è più tornato?
- Le ho già detto che ci sono andato due volte: la prima a vedere e la seconda, con le scale, per l'intervento.
- Lei possiede una Range Rover beige?
- Sì.
- Targata Sassari B56881?
- Sì.
- A noi risulta che la sua auto è transitata molte volte, di giorno e di notte, lungo la strada che conduce a Cala Veronese. Sia la scorsa estate che questa. Ci è sembrato strano: quella strada non conduce in molti luoghi.
- Dottor Casula, avrebbe la bontà di spiegarmi cosa diavolo sta succedendo? ho l'impressione che questa non sia una chiacchierata sull'incendio, ma un interrogatorio. Volete accusarmi di qualcosa? connivenza con i piromani? oppure favoreggiamento? vi prego di essere chiari: in questo caso so che dovrei essere in qualche modo tutelato, potrei aver bisogno di un avvocato.
- Sarò franco, signor Deidda. Speravo veramente che lei ci aiutasse a svolgere un compito ingrato, che fosse meno reticente. Mi avrebbe aiutato molto in una spiacevole incom­benza, che consiste, in sintesi, nell'accusarla dell'incendio di Cala Veronese e dell'omicidio volontario della signora Rinaldi. Oltre che, conseguentemente, dell'omicidio preterintenzionale di un'altra persona, di tentato occultamento di cadavere, reticenza, omissione di atti di ufficio e intralcio alle indagini. Ci sono però ancora molti fatti da chiarire e, mi creda, spero che lei ci aiuti a dimostrare che quanto abbiamo raccolto contro di lei sia solo un castello di carte. Il commissario Fontana mi dice che lei è una persona onesta e un lavoratore irreprensibile e io mi fido del suo giudizio. Ora: vuole chiamare un avvocato?
Mentre Giuseppe parlava, lo stupore, sul viso di Deidda aveva lasciato il posto alla rabbia. Ma direi che la preoccupazione mancava.
- Ma voi siete completamente pazzi o andate cercando un capro espiatorio? Io non ci posso credere: anch'io stimo Fontana ma visto che è qui e che, evidentemente, si presta o è parte in causa di questa buffonata, devo ricredermi. Commissario, che storia è questa?
Guardai Giuseppe, che mi fece cenno di procedere. - Salvatore, la prima persona a non credere alla sua colpevolezza sono proprio io. In linea teorica, però. I fatti vanno in tutt'altra direzione: per questo saremmo lieti che lei ci spiegasse alcuni particolari, in tutta sincerità. Vuole? o pre­ferisce consultarsi con un legale?
- Sentiamo.
- Lei era l'amante della signora Rinaldi?
- Ma quando mai! l'ho vista due volte, in tutto.
- E quella gite a Cala Veronese?
- Faccio sempre un giro di ispezione, prima di tornare a casa, specialmente d'estate.
- Sempre e solo a Cala Veronese. - Disse Casula.
- Ma no, un giro ampio, lungo la costa: a cosa mi serve il fuoristrada, scusi?
- Anche alle tre di notte?
- Ma chi ve le ha raccontate, queste balle?
- Ci sono dei testimoni oculari. E in paese circolano voci, sempre più insistenti, su una relazione extraconiugale della signora Rinaldi. Se il commissario Fontana avesse insi­stito, cosa che non ha fatto soltanto per salvaguardare il più a lungo possibile il suo buon nome, oggi saprebbe anche nome e cognome dell'amante. Cioè lei, non è vero?
- Voci, chiacchiere delle comari: sono queste le vostre prove? sa quante volte hanno detto che avevo un'altra donna, un'amante? cento, mille volte.
- Lei è un uomo piacente. Ma anche un marito poco fedele, almeno a quanto risulta dal casellario giudiziario: è vero che lei se n'è andato dal luogo del suo primo incarico a seguito di una lite, quasi finita a coltellate, originata da una questione di corna? e che poi è stato reintegrato nel suo grado solo per la sua capacità, che tutti le riconoscono?
- Ma ero un ragazzino!
- Parliamo di cose serie, Deidda: chi ha dato l'allarme la notte di Cala Veronese?
- C'è stato un messaggio, lanciato da un peschereccio. Lo sapete meglio di me.
- Il suo aiutante, Gavino Fadda, ha dichiarato di averla incontrata in prossimità della vostra caserma e che lei gli avrebbe riferito di aver sentito una persona che gridava "al fuoco", poco prima. Grido che, quella notte, fu udito anche dallo stesso Fadda e dal commissario Fontana. Lei conferma questa versione.
- Certo.
- E dove abita?
- Vicino alla caserma, davanti al Consorzio Agrario.
- Deve sapere che nessun altro, in quella zona, ha sen­tito il grido. - Giuseppe mentiva: avevamo solo la testimonianza di Pirro. - D'altronde il nostro urlatore avrebbe dovuto fare il giro del paese, per essere sentito in piazza e poi, o prima, alla periferia est. Fra l'altro sarebbe stato più semplice per lui, visto che si trovava davanti al Consorzio Agrario, arrivare fino alla caserma dei pompieri e dare l'allarme direttamente. Non trova?
- Ma perché? perché avrei dovuto raccontare balle a Gavino?
- Perché noi pensiamo che sia stato lei ad urlare "al fuoco".
- Ah, ecco: prima incendio la campagna e poi dò l'al­larme: un genio!
- Lei appicca il fuoco per distruggere la villa, - intervenni - il cadavere della signora e ogni altra prova. Poi si accorge che il vento si sta alzando un po' troppo, è preso da un rigurgito di etica professionale e decide che si può fare in tempo a limitare i danni. Sul momento, però, non sa come dare l'allarme senza attirare l'attenzione sui suoi movimenti notturni. Allora va a gridare proprio sotto casa di Fadda e siccome abitiamo vicini, la sento anch'io. Preso dalla foga del momento, si dimentica che siamo in Gallura e grida "al fuoco" nel suo dialetto. Tra parentesi: se avesse usato l'italiano, o il gallurese, forse oggi non si troverebbe qui. Poi corre a riprendere la macchina e si dirige verso la caserma, si ferma lungo la strada e, quando vede arrivare Fadda, fa finta di incontrarlo casualmente. Mi segue? sto dicendo bene?
- Allora il matto è lei, non il dottor Casula. Io ero a casa, ho sentito il grido e sono uscito di corsa.
- Non si dimentichi - interruppe Giuseppe - che subito dopo l'incendio la sua auto è stata vista percorrere la strada di Cala Veronese, a tutta velocità, diretta verso il paese. Quindi proprio a casa non era. Fontana le ha esposto un'ipotesi sui suoi movimenti di quella notte: vuole smentire tutto o ammette che c'è qualcosa di vero?
- Io non posso dire più niente: a questo punto voglio un avvocato, perché è chiaro che cercate di incastrarmi.
- Mi lasci finire, Salvatore, mi stia solo ad ascoltare, non le chiederò più niente così l'avvocato non serve. Quando siete arrivati in caserma sapevate che c'era un incendio ma non dove fosse. O meglio: lei lo sapeva, ma non poteva dirlo. Il messaggio del peschereccio, che arriva pochi minuti dopo, diventa provvidenziale: sempre secondo la versione di Fadda, lei si fa un appunto, sceglie con sicurezza una delle mappe in dotazione al vostro centro radio, prende le coordinate e, senza esitazione, ordina che sia mandato un elicottero a sorvolare Cala Veronese.
- Ho fatto il mio dovere. Punto.
- Il problema è un altro: lei ha fatto il suo dovere ma lo ha fatto male. I casi sono due: o non sa leggere una carta nautica o era in malafede. Ho controllato personalmente le coordinate fornite dal peschereccio che, con tutta evidenza, si trovava molto più ad est di Cala Veronese.
- Commissario, i casi sono due: o lei è completamente inesperto di incendi o è in malafede. Sa da quante miglia è visibile un incendio? di notte?
- Non le ho controllate solo sulla carta, ma anche in mare. Risultato: gli uomini del peschereccio non avrebbero potuto vedere Cala Veronese neppure con un telescopio astronomico, tanto erano fuori zona.
- Allora io ero d'accordo col peschereccio. Dovevano segnalare un incendio, che non vedevano, per farmi un piacere. E' così?
- Loro vedevano un fuoco, ma era un altro: si ricorda? quella notte ci furono due incendi, non uno solo. E quello di Cala Veronese l'ha visto solo lei.
- Sì, mi ricordo: questo è vero, ci sono stati due in­cendi. Be', non so: forse nella fretta ho sbagliato a leggere le coordinate.
- E, casualmente, ha spedito l'elicottero proprio verso Cala Veronese? - interloquì Casula.
- Gliel'ho detto che quella è una zona a rischio. Sarà stata l'intuizione del momento, non so, forse un caso. Non lo so.
- Tutta la Sardegna è una zona a rischio, signor Deidda. Ma stia a sentire il commissario, credo che non abbia ancora finito.
- Quasi finito. Dopo un po' di tempo ci siamo incontrati. Da questo momento è iniziato uno strano balletto: prima ha pasticciato nel riferirmi gli orari delle segnalazioni, rendendo il più possibile confuso il suo racconto. Poi, sentiti i miei dubbi sulle motivazioni dell'incendio e sulla strana po­sizione del cadavere, ha iniziato un'opera di convincimento, poco riuscita come vede, sulla casualità di questo tipo di disastri. Infine, la sua ostilità verso la dottoressa Fresi. Devo dire che non ho ancora capito se lei temesse che la Fresi fosse un pericoloso testimone oculare o se si preoccupasse che i nostri sospetti cadessero su di lei, unica persona presente sul luogo del disastro ma, come solo a sua conoscenza, del tutto innocente. Forse un giorno ce lo spiegherà.
- Ma, porca miseria, tutto questo perché? Il motivo di tutto questo piano, voglio almeno un motivo. Perché dovevo ammazzare la signora Rinaldi? - Salvatore era in piedi, i pugni poggiati sulla scrivania di Giuseppe con le nocche bianche per la pressione.
- Questo ce lo dovrà dire lei, Deidda. Noi pensiamo ad un litigio tra amanti, per gelosia o qualcosa del genere. Abbiamo indovinato?
- Siete due figli di puttana. Ecco, almeno avrete qualcosa di concreto per accusarmi: oltraggio a pubblico ufficiale. Meritato però. Arrivederci, tornerò con il mio avvo­cato.
- Porti anche sua moglie, signor Deidda: dobbiamo sentire anche lei. - Casula, del tutto involontariamente, pronunciò la parola magica: dopo due ore di interrogatorio serrato, rivolto ad una persona che sembrava forte e sicura, non ci saremmo mai aspettati la reazione che seguì. L'eco della frase di Giuseppe non si era ancora spenta che vedemmo Deidda impallidire, tornare sui  suoi passi e ricadere pesantemente sulla poltroncina.
- Mia moglie non c'è, - biascicò come in trance - lasciatela in pace. Non c'è. Lasciatela stare.
Mezz'ora più tardi aveva confessato tutto, l'omicidio, l'incendio e quant'altro gli era stato contestato a proposito del caso di Cala Veronese. 

5 commenti:

  1. Ehi, non abbandonate il blog! Su Fogu non è finito: mancano ancora i capitoli 49, 50, 51, 52, 53 e 54. In sei capitoli sai quanta bella robina ci può stare. Pilon

    P.S.: chissà se Ruby e Nenè sono buoni in umido?

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  2. ci ho azzeccato, lo sapevo, l'ho scritto ieri che oggi avremmo saputo il nome dell'assassino, e così è stato, perché sono un genio dell'intreccio, con le storie complicate ci so fare, penso tutto con largo anticipo, come uno scacchista, e poi anticipo i libri degli altri, per forza, adesso siccome Pilon ha fatto quella brutta battuta su Nenè e Rubi in umido mi vendicherò e l'editore approverà: visto che l'assassino ha confessato vogliamo mica sorbirci capitoli e capitoli di pallosa morale che non si deve uccidere eccetera eccetera, non sarà meglio finirla qui e pubblicare le avventure di Rubi e Nenè?

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  3. si in effetti succede che marta te la da di nuovo, roscia torna con ged, ed enrico c. si rivela ad enrico che scopre che è sua mooglie in persona a fargli questo scherzetto

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  4. ho due ricette buonissime ma pesanti, poi bisogna stare fermi immobili sul divano per almeno tre ore facendo ruttini e spetazzamenti, allora la prima è il sugo alla genovese che si fa a Napoli (a Genova no): cuocere per due ore in un po' d'olio (poco) un chilo di cipolle insieme a due pezzetti di carne o a un resto di prosciutto, poi condirci i maccheroni, bonissimi ma da star male a meno che uno poi non si ubriaca col centerbe. L'altra ricetta è un tritato di cipolla con vino bianco e curry su cui adagiare i gamberoni, squisiti ma poi tutta la casa puzza di quello, e vengono molti rigurgiti amarognoli. Tutto qui.

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  5. i gamberoni al curry l'ho cucinati venerdì sera, il sugo alla genovese ieri a pranzo e stamattina mi sento ancora costipato. Cos ti pare?
    (oggi faccio roladen, involtini con cipolla e mostarda da accompagnare coi crauti)

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